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Il Giornale Rassegna Stampa
01.11.2005 Il colloquio tra Gianfranco Fini e Abu Mazen
che denuncia l'attacco alla pace da parte dell'Iran

Testata: Il Giornale
Data: 01 novembre 2005
Pagina: 5
Autore: Gianni Pennacchi
Titolo: ««L’Iran sta ostacolando il processo di pace»»
Riportiamo dal GIORNALE di martedì 1 novembre 2005 un articolo di Gianni Pennacchi.

Ecco il testo:

Il presidente palestinese
Abu Mazen si è rivelato«unleader
molto coraggioso», unendo
la sua voce a quella «di tutta la
comunità internazionale» nel
condannare «le irresponsabili
e pericolosissime dichiarazioni
del presidente iraniano» MahmoudAhmadinejad.
Gianfranco
Fini fa questo riconoscimento
con soddisfazione, e aggiungecheipalestinesisono
«preoccupati
» per i proclami iraniani
contro l’esistenza e il riconoscimento
di Israele, perché potrebberoriaccenderel’estremismopalestinesee
«interrompere
una tregua che è estremamente
fragile»; i dirigenti dell’Autorità
nazionale palestinese,
afferma il titolare della Farnesina,
condannano le minacce
di Teheran, le riconoscono
senza alcuna ambiguità come
«unostacolomoltogravealprocesso
di pace».
Come primo risultato di questa
due giorni in Terra Santa,
puòdirsisoddisfacenteperilgovernoitalianocheèritenutotra
i«miglioriamici»tantodaipalestinesi
quanto dagli israeliani.
Ieri il nostro vicepremier ha incontrato
il suo omologo Nabil
Shaath e appunto il presidente
AbuMazen, che è stato invitato
in Italia e verrà in visita il 2 dicembre.
Oggi Fini incontra a
Gerusalemme il premier Ariel
Sharoneil ministro degli Esteri
Silvan Shalom. Obiettivo di ieri
e di oggi, rimettere in moto la
Road map, pur se «il momento
è delicato» e tra le due parti
«c’è reciproca diffidenza»: le
elezioni palestinesi del 25 gennaioelasituazionepoliticaisraeliana
«non giocano a favore
delle ripresa del dialogo», ma
compito dell’Italia e dell’Ue è
quello di convincere tanto Mazen
quanto Sharon «che non
c’è altra strada se nonquella di
proseguire il processo di pace».
E qui a Ramallah, nella
Muqatarestauratadaognitraccia
di guerra e mentre le reclutevengonoaddestrateallamarcia
davanti al mausoleo provvisorio
di Arafat, Fini non ha incontrato
grandi resistenze nella
sua opera di convincimento.
Agli altri problemi siè aggiunto
quello delle minacce iraniane,
per il quale il ministro degli
Esteri ribadisce la linea già affermataapropositodelnucleare:
«La linea della fermezza è
l’unica possibile, l’Iran non deve
avere la benché minima impressione
di divisioni tra i Paesi
occidentali, dunque la trojka e
gli Usa devono muoversi in costante
collaborazione». Ancor
più sulle minacce antiisraelianediAhmadinejad,
essendoinvece
«moltopositivocheil frontemoderatoiranianoabbiafatto
sentire la sua voce, dicendo
che le dichiarazioni del presidente
sono pericolose anche
per gli interessi iraniani».
Nella conferenza stampa finale
con Shaath, ieri sera Fini
ha ricordato che «negli ultimi
dieci anni l’Italia si è impegnata
a fondo» per sostenere le legittime
aspirazioni del popolo
palestinese,eilnostrononèstato
«soltantounappoggioaparole
ma anche concreto»: per
l’esattezza«220milioni di euro
in dieci anni».Un«investimento
per la pace», se anche Shaathattendefiduciosoil25gennaio
e proclama: «Occorre che le
urne, e non il fucile, siano la soluzione del problema palestinese
». Fini non ha dubbi, la svolta
sta in Abu Mazen «leader coraggioso
che deve proseguire nellasuaazionedi riformaedisarmare
le milizie più estremiste
». Coraggio dimostrato nel
condannare le «deliranti» dichiarazioni
iraniane unendo la
suavoceaquella«di tuttalacomunità
internazionale», e nel
definire«importante»la risoluzioneOnucheponelaSiria
«davanti
alle proprie responsabilità
» nei fatti libanesi.
Non si tratta di dichiarazioni
per accattivarsi gli aiuti occidentali,
Fini racconta che tanto Abu Mazen quanto Shaat gli
hannospiegatobenelaloropreoccupazione
per i discorsi di
Teheran.Temonoche possano
«esercitareun’influenzapesantementenegativa
», potrebbero
«alimentarelaspiralediviolenza
e riaccendere comportamenti
terroristici di frange armate
». I palestinesi «dicono
che nella striscia di Gaza non
sonooperativecelluleterroristichecompostedanonpalestinesi
», non ci sarebbero dunque
pasdaran o terroristi di paesi
«fratelli», però«è evidenteuna
forteinfluenzadall’estero;le dichiarazioni
del presidente iraniano
sono un ostacolo molto
gravealprocessodipace, epossono
interrompere una tregua
che è estremamente fragile. È
infattichiarocheifinanziamenti
di altri Paesi vanno a gruppi
che non vogliono la pace». Che
fare? «Occorre che la comunità
internazionale si imponga,
comeè stato fatto per la Siria».
Il 2 dicembre dunque, Abu
Mazen sarà a Roma. E Fini annuncia
che sarà l’occasione
«per la prima riunione della
Commissione ministeriale mista
» che s’è deciso di costituire
ieri, formata dai titolari italiani
e palestinesi di Economia,Istruzione,
Salute e Comunicazione,
«iquattrosettoriovesipossono
realizare concrete iniziative di
intervento».
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