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Avvenire - Il Sole 24 Ore - Il Manifesto Rassegna Stampa
28.10.2005 Come non capire la minaccia iraniana
confronto tra tre quotidiani

Testata:Avvenire - Il Sole 24 Ore - Il Manifesto
Autore: Luigi Geninazzi - Alberto Negri - S.D.Q.
Titolo: «Alla testa dell'Iran capetto delirante - Buccia di banana diplomatica - Via l'Iran dalle Nazioni Unite»
"Alla testa dell'Iran capetto delirante". E' il titolo dell'editoriale di Luigi Geninazzi pubblicato in prima pagina da AVVENIRE di venerdì 28 ottobre 2005.
Un "capetto delirante" ci permettiamo di far notare che aspira a dotarsi di armi nucleari, in modo da cercare di trasformare i suoi deliri in realtà.


Secondo Geninazzi l'espulsione dell'Iran dall'Onu, richiesta da Israele , accrescerebbe il "ruolo pericolosamente antagonista del regime di Teheran".
E' invece evidente che sarebbe una rispsota fiacca, un enenssimo appeasement a rafforzare la determinazione del regime a sfidare l'Occidente e proseguire le sue campagne antiisraeliane.

Ecco il testo dell'articolo:

Non è una novità. Sulle carte geografiche che troneggiano nelle sedi dei movimenti islamici radicali, come Hamas, Jihad ed Hezbollah, lo Stato ebraico non esiste. E gli striscioni con la scritta «Cancelliamo Israele dalla mappa del mondo» compaiono costantemente nelle manifestazioni di regime che si tengono a Teheran. Una posizione ribadita due giorni fa dal leader iraniano Ahmadinejad. E qui sta la novità: nessun capo di Stato aveva mai incitato pubblicamente all'eliminazione dell'«entità sionista» dalla faccia della terra. Suscitando, com'era prevedibile, la reazione sdegnata non solo d'Israele ma di tutta la comunità internazionale che ha visto l'Europa, l'America e perfino la Russia, tradizionale alleata dell'Iran, unite nella ferma condanna di Ahmadinejad. Nel bel mezzo di una difficile trattativa con Francia, Germania e Gran Bretagna che a nome della Ue stanno cercando di fermare la corsa al nucleare di Teheran, ecco che il presidente iraniano sfodera un linguaggio da pasdaran, facendo propri i toni aggressivi della Guardia della Rivoluzione in cui ha militato per molti anni.
Difficile pensare che si sia lasciato prendere la mano, sull'onda dell'entusiasmo di migliaia di giovani con la testa fasciata di verde e di versetti coranici che hanno gridato «Morte all'America e ad Israele». È lui che usa la folla, non il contrario. E le parole più illuminanti di Ahmadinejad non sono quelle che hanno fatto il giro del mondo («Israele dev'essere cancellato dalla carta geografica») ma la frasetta introduttiva: «Come ci ha insegnato l'iman Khomeini...». È questa la chiave di lettura per capire il bellicoso proclama del leader ultra-conservatore iraniano. Non è un salto all'indietro. Per l'ex pasdaran che ha trionfato nelle elezioni presidenziali dello scorso giugno il mondo è cominciato con la rivoluzione khomeinista del 1979. E la lotta contro Israele non è motivata semplicemente dall'occupazione dei Territori palestinesi ma fa parte di una «guerra del destino» tra l'islam e l'Occidente giudaico-cristiano. Archiviata l'era riformista di Khatami, oggi in Iran non c'è più spazio per quel dialogo fra civiltà portato avanti, sia pur timidamente, dal predecessore di Ahmadinejad che ai funerali di Giovanni Paolo II non disdegnò di comparire a fianco del «nemico», il presidente israeliano Katsav. Per l'attuale leader iraniano «la nascita d'Israele è stata una mossa studiata a tavolino dagli oppressori del mondo islamico». E la lotta contro il sionismo acquista il suo vero significato all'interno della contrapposizione con l'Occidente e con tutti gli Stati arabi moderati.
Con questo ritorno alle origini dell'islam radicale Teheran vuole riprendere decisamente la guida del fronte anti-occidentale. Con l'Iraq senza più Saddam e con gravi problemi di coesione interna, e la Siria in grosse difficoltà per il suo coinvolgimento nell'uccisione del primo ministro libanese Hariri, l'Iran si ritiene l'unico Paese in grado di tener testa ad Israele. Ed alza il tiro, liquidando come «un trucco inaccettabile» il ritiro da Gaza e minacciando i Paesi arabi moderati di «bruciare nelle fiamme accese dalla rabbia della grande nazione islamica».
Il premier israeliano Sharon ha chiesto che l'Iran venga espulso dalle Nazioni Unite. Una simile misura però non farebbe altro che rafforzare il ruolo pericolosamente antagonista del regime di Teheran. L'Occidente deve tener alta la guardia, ma senza cedere alle provocazioni.
Alberto Negri firma sul SOLE 24 ORE un'analisi significativamente intitolata "Buccia di banana diplomatica". non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire, così che Negri può dubitare che ahmadinejad voglia relamente fare ciò che chiaramante dichiara di voler fare.

Nemmeno la concidenza tra retorica genocida, progetti nucleari, virulento antisemitismo e sostegno al terrorismo delle stragi antiisraeliane servono a scompaginare il quadro di un ottimismo ad oltranza.
Rafsanjani, ci assicura Negri, con il suo "pragmatismo" è ora ridivenuto il vero uomo forte del regime, pur avendo perso le lezioni, perché Khamenei gli ha affadidato una sorta di supervisione sul governo di Ahmadinejad.


IL MANIFESTO pubblica a pagina 9 un articolo di S.D.Q. intitoalto "Via l'Iran dalle Nazioni Unite".
Secondo il fantasioso S.D.Q. Golda Meir avrebbe definito i palestinesi "scarafaggi da sterminare", senza che il mondo si indignasse come ha fatto con Ahmadineajad.
Inoltre, argomenta S.D.Q, "E' singolare che la richiesta di cacciare Teheran dal Palazzo di vetro venga proprio da uno stato -Israele- che, numeri alla mano, è il più grande violatore delle risoluzioni della stessa Onu".

Sarà un caso se l'Assemblea genreale dell'Onu, dove il voto di regimi come quello iraniano conta quanto quello delle democrazie, ha dedicato tante energie a condannare Israele ignorando i crimini efferati delle dittature che la circondano?

Ecco il testo dell'articolo:

Furenti reazioni in Occidente per le dichiarazioni del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che in una conferenza a Teheran dedicata a «un mondo senza il sionismo» ha auspicato che lo stato di Israele sia «spazzato via dalla carta geografica». Pronunciate davanti a 3000 studenti dell'università di Tehran, le truculente parole del leader iraniano, eletto all'inizio dell'anno e noto per le sue posizioni oltranziste, hanno suscitato l'entusiasmo dell'uditorio e l' indignazione delle capitali del mondo occidentale: da Washington a Londra, da Roma a Parigi, da Madrid a Bruxelles, da Bonn all'Aja.

Ahmadinejad ha lanciato il suo anatema sulla base del ragionamento che la fondazione dello stato di Israele è stata «una mossa da parte del mondo oppressore contro il mondo islamico» e, rifacendosi alle parole dell'imam Khomeiny, ha concluso che «come ha detto l'imam, Israele deve essere spazzato via dalla carta geografica».

Il governo israeliano, dal premier Sharon al vicepremier laburista Peres al ministro degli esteri Shalom, ha immediatamente reagito alla provocazione iraniana per dire in sostanza due cose: che le parole di Ahmadinejad confermano che l'Iran vuole sviluppare il suo programma nucleare non a scopi pacifici, come garantisce, ma per dotarsi di un armamento atomico e che l'Iran deve essere espulso delle Nazioni unite.

«Un paese che fa appello alla distruzione di un altro popolo non può essere membro dell'Onu», ha detto Sharon (per la verità giocando sul termine «popolo», dal momento che Ahmaninejad ha parlato di stato e non di popolo). L'Iran prepara la bomba atomica per distruggere Israele, ha incalzato Shalom, e Sharon ha rincarato sostenendo che se Tehran riuscisse a dotarsi di armi nucleari la minaccia non sarebbe solo per Israele (che ha un arsenale nucleare formidabile e del tutto fuori controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica) ma «per il Medio Oriente e l'Europa». Ancor più apocalittico il commento del vecchio leader laburista Shimon Peres (che del programma nucleare israeliano, a suo tempo «clandestino» anche se tutti lo sapevano, è considerato il padre): le parole di Ahmadinejad non sono solo un insulto alla carta dell'Onu ma anche «l'equivalente a un crimine contro l'umanità».

Le dichiarazioni del presidente iranianosono in tutta evidenza inacettabili perché i problemi tremendi del Medio Oriente e il conflitto fra l'Islam e l'Occidente non può essere risolto ormai «spazzando via» nessuno stato e nessun popolo. Come erano inaccettabili le parole della premier laburista israeliana Golda Meir che in una famosa dichiarazione disse che i palestinesi erano «degli scarafaggi» (e come tutti gli scarafaggi dovevano essere schiacciati), anche se allora non risulta che ci fossero delle reazioni altrettanti indignate dal mondo esterno.

In realtà per quanto inaccettabili le parole di Ahmadinejad non costituiscono nulla di nuovo rispetto alle posizioni dell'Iran contro gli Stati uniti e Israele. A parte Khomeiny, nel 2001 lo stesso Rafsanjiani, che è stato il candidato sconfitto dal falco Ahmadinejad nel ballottaggio presidenziale e il favorito dell'Occidente per le sue posizioni più «moderate» e «pragmatiche», aveva lanciato un appello perché «un paese musulmano annientasse Israele con un attacco nucleare».

Le proteste contro le parole del presidente iraniano sono generalizzate e in tutte le capitali europee gli ambasciatori di Tehran sono stati convocati per vedersi consegnare delle note di biasimo. I 25 dell'Unione europea, riuniti a in Inghilterra da Tony Blair, hanno emesso una nota congiunta di protesta in cui si esprime «nei termini più forti»: «Appelli per la violenza e per la distruzione di qualsiasi stato sono manifestamente in contraddizione con qualsiasi pretesa di essere un membro maturo e responsabile della comunità internazionale».

L'italiano Fini è «sconvolto e indignato».

Molto critica anche la Russia, che insieme alla Cina si sta opponendo al forcing degli Usa e della triade europea per portare il dossier nucleare Iran al Consiglio di sicurezza (con relative sanzioni): «Quelli che insistono a portare il dossier nucleare iraniano al Consiglio di sicurezza hanno ricevuto un argomento in più a loro favore», ha commentato il ministro degli esteri russo Lavrov.

E' da immaginare che le inaccettabili parole di Ahmadinejad servano da ottimi pretesti sia per fare un affondo sul capitolo nucleare sia per montare una campagna per l'isolamento internazionale dell'Iran se non proprio la sua espulsione dall'Onu. E' singolare che la richiesta di cacciare Teheran dal Palazzo di vetro venga proprio da uno stato -Israele- che, numeri alla mano, è il più grande violatore delle risoluzioni della stessa Onu.
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