Un linguaggio che minimizza, occulta, distorce utilizzato nelle cronache della strage di Hadera e dei proclami genocidi del presidente iraniano
Testata: La Repubblica Data: 27 ottobre 2005 Pagina: 1 Autore: Alberto Stabile - Fabio Scuto - Vanna Vannuccini Titolo: «Israele, tornano i kamikaze: strage al mercato 5 morti - L'ultima minaccia di Hamas "Rapiremo i civili israeliani" - Cancellare Israele dalle mappe" show ultrà del presidente iranianoa»
In prima pagina, SU LA REPUBBLICA del 27 ottobre 2005, l'informazione sulla strage di Hadera e sui proclami genocidi del presidente iraniano Ahmadinejad è affidata a un titolo che sembra pensato più per occultare che per raccontare gli eventi: "Israele, tornano i kamikaze". Strano modo di adre la notizia di una strage (effettuata da terroristi suicidi, non da "kamikaze", dato che questi ultimi colpivano solo obiettivi militari) Ancora più strano il sottotitolo "L'Iran: bisognerebbe cancellare lo stato di Sharon" . Lo "stato di Sharon"? Si tratta di Israele, per chi non lo avesse capito. Forse, però, persino Ahmadinejad, quando propogna la cancellazione dalla faccia della terra dell'"entità sionista" per REPUBBLICA non fa altro che formulare "legittime critiche al governo di Sharon" e chi volesse tacciarlo di essere antiisraeliano, o addirittura di antisemitismo, compirebbe un'indebita confusione. Basta che lo si scriva a chiare lettere, in modo che ci si possa regolare anche negli altri casi nei quali questa argomentazione viene proposta...
A pagina 13 la strategia della disinformazione attraverso un uso scorretto del linguaggio continua "Israele, tornano i kamikaze: strage al mercato 5 morti" è il titolo della cronaca di Alberto Stabile. Nel testo, la tesi della Jihad islamica circa la natura di "ritorsione" dell'attentato per l'uccisione di un suo leader non viene contestata in alcun modo. Anche se sarebbe molto facile farlo: la Jihad ha continuato a compiere attentati suicidi in Israele dopo la proclamazione della "tregua" e anche quello di Hadera doveva, secondo i servizi di sicurezza israeliani, essere stato preparato da molto tempo.
Ecco il testo: alberto stabile gerusalemme - Il terrorismo ritorna in Israele. Ancora una volta per mano della Jihad islamica che ha inteso vendicare la morte di un suo dirigente, il comandante dell´ala militare dell´organizzazione in Cisgiordania, Luay Saadi, ucciso domenica scorsa dall´esercito israeliano, mandando un attentatore suicida a farsi saltare in mezzo alla gente che affollava il mercato di Hadera, piccolo centro una quarantina di chilometri a nord di Tel Aviv. Una strage: cinque morti oltre al kamikaze - Hassan Abu Zeid, 21 anni, uscito da un mese da un carcere israeliano - e decine di feriti, alcuni molto gravi. Non è la prima volta che il terrorismo palestinese colpisce Hadera. Con o senza muro di separazione la cittadina israeliana, distante solo poche decine di chilometri dalla linea verde, si ritrova nel mirino almeno dal 1994, quando Hamas, partendo proprio da Hadera, scatenò la prima ondata di attentati suicidi contro Israele. Stavolta è la Jihad ad uccidere con un attacco terroristico che riporta indietro di anni la scena del conflitto, chiudendo quei pochi spiragli di negoziato aperti dopo il ritiro israeliano da Gaza. Il kamikaze non aveva bisogno di ricorrere a travestimenti. Hadera, crocevia tra la Galilea, la Cisgiordania e l´area metropolitana di Tel Aviv convive da sempre con la popolazione araba. E poi, lì, davanti al banco di pane e crocchette di farina di ceci, sulle soglie del mercatino all´aperto, tutti gli avventori sembrano disarmati. Invece, racconta un testimone, «è stato come una guerra». Il boato, le fiamme, il sangue, i feriti e il silenzio impotente di chi cerca aiuto. Poi le sirene, i soccorsi, la polizia che cerca di allontanare i passanti perché si temono altre bombe. L´autostrada chiusa per dare la caccia a una macchina bianca con due persone. L´allarme che scatta in tutto il Paese. Il ritorno a una realtà che si pensava sepolta. La rivendicazione conferma che le minacce lanciate sul cadavere di Saadi non erano parole al vento: «E´ una risposta preliminare, la vendetta sarà più dura». La violazione della tregua è palese, ma la Jihad la spiega accusando gli israeliani di averla violata per primi. E´ una logica distruttiva che non porta a niente. O meglio, porta alla totale delegittimazione del presidente dell´Autorità palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen). Il quale, proprio ieri mattina, mentre da Gaza, le Brigate Al Aqsa sparavano missili Kassam contro il territorio israeliano, attaccava i gruppi intransigenti: «Hamas e Jihad non hanno il diritto di violare unilateralmente la tregua». E ancora: «Nessuno ha il diritto di rispondere qui la là individualmente». Perché le conseguenze, intendeva, ricadono poi su tutto il popolo palestinese. Ma il fatto è che agli occhi di Hamas, della Jihad e di alcune formazioni che si ritrovano sotto l´ombrello delle Brigate Al Aqsa, braccio armato di al Fatah, Mahmud Abbas non rappresenta nessuno. Il sacro fuoco della vendetta finirà col bruciare anche l´impegno del presidente egiziano Hosni Mubarak che ieri ha strappato al ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz l´accordo per l´apertura del posto di frontiera di Rafah, tra l´Egitto e la Striscia di Gaza: i cittadini di Gaza potranno entrare ed uscire attraverso un passaggio che sarà gestito da egiziani e palestinesi, con la supervisione di un paese terzo, forse una rappresentanza europea, e senza che gli Israeliani possano interferire. Era una delle condizioni poste dall´Autorità palestinese per evitare che Gaza, dopo il ritiro israeliano, si trasformasse in una grande prigione per quasi un milione e mezzo di palestinesi. La storia insegna però che da queste parti gli accordi non sono mai per sempre. A pagina 13 Fabio Scuto intervista il leader di Hamas Mahmaud Zahar. L'intera intervista è acritica, Scuto appare neutrale (come minimo) non solo tra Israele e Hamas, ma apersino tra Anp e Hamas. Arriva a chiedere a Zahar di "fornire 4 motivi perché un disoccupato di Gaza deve votare per voi alle elezioni parlamentari di gennaio …. ", come se il suo interlocutore fosse il leader di un normale partito politico e non di una sanguinaria organizzazione terroristica.
Ecco l'articolo, "L'ultima minaccia di Hamas "Rapiremo i civili israeliani" ": «Siamo un popolo sotto occupazione, la resistenza palestinese non sta attaccando, si sta difendendo dalle uccisioni e dalle aggressioni israeliane» Non vuol dire niente di più Mahmoud Zahar, leader di Hamas, la più forte organizzazione islamica palestinese che minaccia la leadership di al Fatah a Gaza e in Cisgiordania, sull´attentato di ieri a Hadera. «Dipende sempre dal comportamento degli israeliani, sono gli unici a decidere se la situazione sarà di calma o di escalation». Zahar in un´intervista pubblicata ieri da Haaretz, uno dei più diffusi quotidiani israeliani, ha lanciato un´altra terribile minaccia: il rapimento di civili israeliani da scambiare con i prigionieri palestinesi, come è avvenuto lo scorso mese con Sasson Nuriel. Un rapimento finito in maniera drammatica con l´uccisione dell´ostaggio israeliano. Sceicco Zahar per Hamas è finita la stagione dei kamikaze ed è cominciata quella dei rapimenti? «Rapire quell´uomo è stata una decisione presa da un comandante sul campo in Cisgiordania. Noi a Gaza non ne sapevamo nulla e forse non avremmo approvato quell´azione, ma all´interno di Hamas ha ricevuto molto appoggio. L´ho detto e lo ripeto: se Israele non comincerà a rilasciare i 9.000 palestinesi in carcere, i rapimenti degli israeliani aumenteranno». Ma ogni vostro attacco genera una rappresaglia militare degli israeliani. Non si uscirà mai da "questo circolo di sangue" ... «Questa è la sola tattica che ha dato prova di efficacia nell´obbligare il nemico israeliano a ritirarsi, come dimostra quello che è accaduto a Gaza dopo quasi quarant´anni di occupazione». La tregua che avete accettato fino alla fine dell´anno è definitivamente saltata? «Per noi di Hamas resta valida fino alla fine dell´anno, poi vedremo. Ma non credo che con le uccisioni, le continue aggressioni contro di noi sarà rinnovata». Ma questo si scontra con la linea negoziale e moderata del presidente Abu Mazen ... «L´Anp continua a credere nei fili di fumo. Nei tredici anni di negoziati da Oslo a oggi cosa abbiamo ottenuto? Guardi alla recente visita, così carica di attese, di Abu Mazen alla Casa Bianca. Quali impegni ha ottenuto da Bush? Promesse, ancora promesse». Lei finge un "fair play" quando parla di Abu Mazen e dell´Anp ma lo scorso mese a Gaza fra i suoi uomini e la polizia palestinese c´è stata una battaglia durata tre giorni: dieci morti e cinquanta feriti. Un confronto militare, il primo così sanguinoso, che non può non gettare oscure ombre sul futuro nella Striscia. «E´ stato uno scontro occasionale che Hamas non ha cercato. La polizia palestinese ha cercato di arrestare in modo provocatorio e senza motivo, proprio per scatenare una reazione, Mohammed Rantisi (il figlio del leader di Hamas ucciso dagli israeliani nel maggio del 2004, ndr). Gli uomini della polizia palestinese spadroneggiano e piegano la legge ai loro interessi. Hamas non sta abusando della sua forza militare, sono gli ufficiali dell´Anp che usano il loro potere per ricattare la gente. Hanno provato il confronto militare e hanno capito che contro di noi non possono farcela. Nessun militante di Hamas si farà arrestare da un poliziotto dell´Anp». Cos´è, i militanti di Hamas sono "al di sopra della legge"? «La gente di Hamas sa rispettare la legge, sono quelli dell´Anp e di Fatah a sentirsi al di sopra della legge. Ogni giorno commettono un crimine o un abuso, ma perché non sono di Hamas nessuno li accusa di niente, voi europei non ve ne curate perché non vi fa comodo, perché sostenete l´Anp. Il degrado della sicurezza e la corruzione dilagante sono sotto gli occhi di tutti». Con queste premesse lei si sente già la vittoria in tasca alle prossime elezioni parlamentari di gennaio? «Aspettiamo e vediamo, siamo convinti di ottenere un buon risultato». Ci dica 4 motivi perché un disoccupato di Gaza deve votare per voi alle elezioni parlamentari di gennaio …. «Perché mentre la disoccupazione dilaga, i salari dell´Autorità nazionale palestinese sono stati aumentati di 1600 shekel (370 dollari, ndr) e intanto lui non ha uno shekel per sfamare i suoi. Perché vede che tutti quelli di Fatah e dell´Anp hanno un lavoro, stipendi buoni per loro, per le loro mogli, per i figli e anche per i parenti, e lui sa che non avrà mai nessuno di questi lavori. Perché ministri e i dirigenti dell´Anp sono diventati in modo molto rapido sfacciatamente ricchi. Perché la gente di Gaza sa a chi deve davvero la liberazione della Striscia». Infine, l'articolo di Vanna Vannucini dedicato all'appello genocida di Ahmadinejad. La minimizzazione inizia fin dal titolo "Cancellare Israele dalle mappe" show ultrà del presidente iraniano" . "Show" ? Quello di Ahmadinejad è stato un proclama politico, un incitamento al terrorismo e all'aggressività militare, non certo un'innocua messinscena. L'occhiello, "Ahmadinejad rilancia il linguaggio "duro" dei pasdaran. Gerusalemme: "Via l'Iran dall'Onu" presenta fedelmente la chiave intepretativa della Vannuccini. I proclami del presidente iraniano sarebbero l'espressione di un "linguaggio", non di una politica criminale. Nello stesso tempo, la Vannuccini vede nei proclami del pasdaran ahmadinejad una novità: "nessun presidente iraniano" scrive "aveva finora perorato pubblicamente la distruzione di Israele, come ha fatto ieri Mahmud Ahmadinejad".
Occorre ricordare che Ahmadinejad ha citato, nel suo discorso Khomeini, che dell'Iran non era il presidente (carica "repubblicana") ma la Guida suprema (carica "islamica"). Ceh l'attuale guida suprema, Khamenei, ha parimenti invocato la distruzione di Israele. Che l'ex presidente "pragmatico" Rafsanjani ha quanto meno discusso la realizzabilità "tecnica" del progetto di distruzione di Israele (sostenendo la "razionalità" e la "convenienza" di una guerra nucleare nella quale muoiano 6 milioni di israelaini e 15 milioni di musulmani", che l'ex presidente "riformista" Kathami ha quanto meno sostenuto l'assoluta illegittimità di Israele.
Il regime iraniano non fa "show" e non organizza messe inscena. Semplicemente si mostra apertamente per quello che è. Proclama oggi al mondo i suoi disegni criminali. Qualcuno si prenderà il disturbo di ascoltarlo?
Ecco il testo: Gli striscioni con scritta quella frase «cancellare Israele dalla mappa del mondo» sono sempre comparsi nelle riunioni dei pasdaran, le Guardie Rivoluzionarie; e da quando alle elezioni presidenziali di giugno i pasdaran, con un vero e proprio "golpe freddo", hanno stabilito la loro supremazia su tutti i centri di potere eletti, quella frase compare regolarmente nelle parate militari, tanto che gli addetti militari Ue hanno deciso di abbandonare per protesta qualsiasi cerimonia in cui compaia una simile scritta (è successo il mese scorso). Ma nessun presidente iraniano aveva finora perorato pubblicamente la distruzione di Israele, come ha fatto ieri Mahmud Ahmadinejad. «Non c´è dubbio. La nuova ondata (di attacchi) in Palestina radierà questo stigma dal mondo islamico», ha detto. E ha citato Khomeini: «Come ha detto l´Imam, l´entità sionista deve essere cancellata dalla mappa del mondo». Né il presidente Khatami, che per otto anni aveva cercato di convincere i falchi che la sopravvivenza della Repubblica islamica dipendeva dalla sua capacità di riformarsi e di aprirsi al mondo, né il suo predecessore Rafsanjani, che nel giugno scorso si era candidato alla presidenza contro Ahmadinejad «per salvare l´Iran dall´estremismo», avevano mai pronunciato simili parole. Ma la politica di aiuto ai gruppi armati palestinesi non è mai venuta meno in Iran, anche se Teheran sostiene che si tratta solo di assistenza umanitaria e politica, e non militare. Ahmadinejad ha pronunciato la sua invettiva durante un convegno, dal titolo «Un mondo senza sionismo», con cui ogni anno Teheran celebra la sua solidarietà con i palestinesi (le celebrazioni culminano nel «Giorno di Quds» il 4 dicembre). Il presidente ha avuto parole di fuoco anche nei confronti dei paesi arabi che sono pronti a trattare con Israele. «Qualunque paese arabo osasse riconoscere il regime sionista brucerà nelle fiamme della rabbia della nazione islamica», ha detto, mentre i tremila ultraconservatori partecipanti alla conferenza scandivano le consuete litanie di morte contro Israele e l´America. Allarmate e immediate le reazioni di tutto il mondo. La Francia ha convocato l´ambasciatore iraniano per chiedere spiegazioni, la Casa Bianca ha detto di sentirsi confermata «nelle preoccupazioni che nutre nei confronti del programma nucleare iraniano» e Israele ha chiesto l´espulsione dell´Iran dalle Nazioni Unite ricordando che «gli estremisti fanno sempre seguire i fatti alle parole». Ahmadinejad è un khomeinista duro e puro che crede che la rivoluzione islamica possa sopravvivere solo come è nata, cioè come scontro con l´Occidente. Ma anche a Teheran non saranno pochi a preoccuparsi delle sue parole. Forse perfino lo stesso leader Khamenei, che di recente ha aumentato non a caso i poteri del moderato Rafsanjani. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.