Censurato uno storico marxista per parole sgradite sul sionismo e Israele
Testata: Il Manifesto Data: 24 ottobre 2005 Pagina: 13 Autore: Maria Teresa Carbone Titolo: «Hobsbawm e i «benefici» della diaspora»
Eric Hobsbawn ha pubblicato un saggio sull'ultimo numero della London Review of Books.
http://www.lrb.co.uk/v27/n20/hobs01_.html
Sembra altamente discutibile l'ipotesi di fondo, secondo cui gli ebrei si sarebbero "modernizzati" solo assimilandosi alla società non ebraica e cioé, in ultima analisi, rinunciando all'Ebraismo, che l'Autore pare considerare solo un insieme di proibizioni, non si capisce bene se frutto della cultura ebraica o della legislazione discriminatoria. Ma senza entrare in una discussione su questo punto vediamo come l'articolo viene recepito in Italia. Così traduce Il manifesto del 22 ottobre (articolo di M.T. Carbone p. 13)
«Il paradosso dell'era dopo il 1945 è che la più grande tragedia della storia ebraica ha avuto due effetti fra loro diversissimi. Da un lato, ha concentrato una corposa minoranza dell'intera popolazione ebraica mondiale in un solo stato-nazione, Israele... D'altro canto, nella maggior parte delle aree del mondo, il 1945 è stato seguito da un'epoca di quasi illimitata accettazione pubblica degli ebrei, dalla virtuale scomparsa dell'antisemitismo e della discriminazione che avevano segnato la mia giovinezza, e da affermazioni ebraiche mai viste prima nei campi della cultura, della scienza e degli affari pubblici. Non ci sono precedenti storici per il trionfo della Aufklärung nella diaspora del dopo-Olocausto. Eppure, ci sono quelli che vorrebbero staccarsene per rientrare nella vecchia segregazione di una ultraortodossia religiosa o nella nuova segregazione di una comunità-stato etnico-genetica. Se dovessero riuscire in questo obiettivo, penso che gli effetti non sarebbero positivi né per gli ebrei né per il mondo».
Questo invece è il testo originale in inglese (IN STAMPATELLO le parti non tradotte) The paradox of the era since 1945 is that the greatest tragedy in Jewish history has had two utterly different consequences. On the one hand, it has concentrated a substantial minority of the global Jewish population in one nation-state: Israel, WHICH WAS ITSELF ONCE UPON A TIME A PRODUCT OF JEWISH EMANCIPATION AND OF THE PASSION TO ENTER THE SAME WORLD AS THE REST OF HUMANITY. IT HAS SHRUNK THE DIASPORA, DRAMATICALLY SO IN THE ISLAMIC REGIONS. (1) On the other hand, in most parts of the world it has been followed by an era of almost unlimited public acceptance of Jews, by the virtual disappearance of the anti-semitism and discrimination of my youth, and by unparalleled and unprecedented Jewish achievement in the fields of culture, intellect and public affairs. There is no historic precedent for the triumph of the Aufklärung in the post-Holocaust diaspora. Nevertheless, there are those who wish to withdraw from it into the old segregation of religious ultra-Orthodoxy and the new segregation of a separate ethnic-genetic state-community. If they were to succeed I do not think it will be good either for the Jews or for the world (1) proviamo a tradurre: Israele, è stato un frutto dell'emancipazione ebraica e del desiderio degli ebrei di entrare nel mondo moderno, alla pari del resto dell'umanità. Ha ridotto numericamente la Diaspora, particolarmente nel mondo islamico. Curioso, nevvero ? La traduttrice de Il manifesto evita il riferimento alle comunità ebraiche nordafricane decimate, e casualmente salta il punto in cui Hobsbawn sottolinea il ruolo di Israele nell'emancipazione degli ebrei. Chissà perché nemmeno dice che per Hobsbwan il sionismo è "deeply penetrated by Marxist thinking". Che si sia deciso che i lettori del quotidiano comunista debbono ignorare questo giudizio di Hobsbawm?
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