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La Stampa Rassegna Stampa
21.10.2005 A proposito di "muri"
ora l'Egitto costruisce il suo a Sharm el Sheik

Testata: La Stampa
Data: 21 ottobre 2005
Pagina: 10
Autore: Ibrahim Refat
Titolo: «Sharm, un muro contro le autobombe»
La barriera difensiva di Israele, si sa, suscita la riprovazione di molti governi e di molte opinioni pubbliche nel mondo.
Tuttavia, quando la minaccia terroristica si fa più pressante ( anche per motivi meno forti, come il contenimento dell'immigrazione) può capiate che venga imitata.
Ora, ad esempio, l'Egitto costruisce il suo "muro" per proteggere Sharm el Sheik.

Di seguito, da LA STAMPA di venerdì 21 ottobre 2005, l'articolo di Ibrahim Refat.

Ecco il testo:

Anche l’Egitto avrà il suo muro di separazione. Sorgerà nel Sinai attorno alla località balneare di Sharm el-Sheikh. Venti chilometri di cemento armato alto due metri che chiuderà in una morsa la città. Per accedervi ci saranno soltanto due ingressi uno a sud per chi viene dal Cairo, l’altro a nord per chi viene da Taba e Santa Catherina.
A giudicare dal primo tratto, attualmente in costruzione, questa opera non sarà così imponente quanto il muro eretto dal premier israeliano Ariel Sharon lungo i 300 chilometri di «linea verde» in Cisgiordania. In compenso sarà munito di telecamere, torri con guardie armate e pattugliato notte e giorno da ronde della polizia. Insomma, quanto basta per evitare il ripetersi di attentati terroristici (come quelli del luglio scorso) in questa zona turistica che attira ogni anno milioni di visitatori.
Ma l’idea di vivere in un ghetto non è piaciuta agli abitanti di Sharm el-Sheikh e tanto meno ai beduini residenti nei pochi agglomerati nel deserto vicino. Sembra che il muro di separazione e «antipatriottico», come lo ha battezzato il quotidiano indipendente egiziano «al-Masri al-Youm» sia proprio destinato a beduini, gli autoctoni della penisola del Sinai. Si vuole impedire a loro l’accesso alla città respingendo gli indesiderati. Come se non bastassero gli attuali quattro posti di controllo fissi, sorvegliati dalla polizia, ai quattro ingressi della città e quelli mobili lungo le strade interne a cominciare dalla Peace Road, il viale della pace.
Il partito dell’opposizione liberal-nazionalista «al-Wafd» è stato il primo a condurre una campagna contro il muro di separazione a Sharm el-Sheikh definendolo il «muro della vergogna» e spiegando che si tratta di una azione illegale e anti-costituzionale. Ma l’inossidabile governatore Mustafa Afifi (è al suo posto da 18 anni da quando fu nominato) ha spiegato al quotidiano «al-Wafd» che questa opera monumentale avrà diversi benefici. Il primo, quello di evitare l’attraversamento delle strade da parte dei dromedari, causa di incidenti stradali nel Sinai (ma non cosi frequenti a Sharm). Il secondo, è quella di impedire il contrabbando di droga e di esseri umani da e verso la località balneare attraverso i sentieri impervi nel deserto conosciuti soltanto ai beduini.
Quanto costerà all’erario? A causa del black out informativo le voci sono discordanti: venti milioni di pound (3 milioni di euro) oppure 20 milioni di dollari (otto milioni di euro). Ma il generale Afifi assicura che tutti i costi li incolleranno i grandi investitori che operano nella città.
«Questo muro non si ha da fare. Perché è un affronto agli abitanti del Sinai considerati persone poco affidabili, anzi dei traditori. Sappiamo poi che i maltrattamenti subiti dai beduini dopo l’attentato di Taba, un anno fa, furono all’origine della vendetta che innescò poi l’attentato di Sharm el-Sheikh. La soluzione è quella riconoscere i diritti degli abitanti autoctoni del Sinai e risolverli», scrive il giornalista Majdi Mehana di «al-Masri al-Youm».
Molti infatti dicono che il muro di Sharm el-Sheikh non impedirà le azioni illegali né tanto meno gli attentati. Per l’ex generale di polizia, Mustafa al-Kasheg «è sintomo della incapacità delle forze di sicurezza di controllare la città». E lo psicologo Said Nufal mette in guardia dal fatto che l’attrito fra i beduini e lo Stato è destinato ad aumentare anziché diminuire.
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