Si apre il processo a Saddam Hussein senza ripetere gli errori di quello a Milosevic
Testata: Il Foglio Data: 19 ottobre 2005 Pagina: 1 Autore: un giornalista Titolo: «C'è un giudice a Baghdad»
IL FOGLIO di mercoledì 19 ottobre 2005 pubblica in prima pagina l'articolo "C'è un giudice a Baghdad", sul processo a Saddam Hussein apertosi in Iraq.
Ecco il testo: Baghdad. Nel salone circolare di un suo ex palazzo da nille e una notte, nel cuore di Baghdad, inizia oggi il processo a Saddam Hussein. L’ultimo presidente a finire dietro le sbarre per rispondere delle colpe del suo regime è stato Slobodan Milosevic, che a fronte dei crimini contro l’umanità del rais iracheno sembra quasi un dilettante. I magistrati iracheni che giudicheranno Saddam sono stati ben attenti a non compiere gli stessi errori del Tribunale internazionale sui massacri nell’ex Jugoslavia, che da Slobo, talvolta, si è fatto prendere in giro. Il primo capo d’accusa riguarda un crimine relativamente minore, rispetto ai massacri dei curdi con le armi chimiche o alla brutale repressione della rivolta sciita del 1991, nel sud dell’Iraq, ma le prove sembra siano schiaccianti. Nel luglio del 1982 il rais ordinò il massacro di 148 civili nel villaggio di Dujail, 60 chilometri a nord di Baghdad. Assieme a Saddam dovranno comparire in aula sette gerarchi coinvolti nel massacro, fra i quali il fratellastro del rais, Barzan al Tikriti, già capo dell’intelligence militare, e l’ex vice presidente, Taha Yassin Ramadan. Il dittatore deve rispondere di una dozzina di capi d’accusa, dall’invasione del Kuwait ai curdi gasati nel nord del paese. Reati gravissimi che contemplano il genocidio, ma il processo li affronterà uno per volta. Il collegio difensivo è guidato da Khalil Duleimi, un principe del foro iracheno che vive ad Amman. L’avvocato ha già fatto sapere che a nome di Saddam non riconoscerà l’autorità della corte, dato che il rais si crede ancora il presidente legittimo dell’Iraq. Inoltre chiederà subito un rinvio considerando troppo pochi i 45 giorni, previsti dalla legge irachena, per studiare le 800 pagine del primo capo d’accusa. L’obiettivo, secondo fonti della difesa, sarebbe far spostare il processo in campo neutro, come la Svezia, dove Saddam punterebbe segretamente ad una sorta di esilio.
Il sogno segreto dell’esilio svedese Secondo Ruth Wedgwood, esperta di diritto internazionale e consulente del Dipartimento della Difesa americana sul caso Saddam, il tribunale speciale iracheno ha colto gli errori del processo a Milosevic per evitare di ripeterli. Innanzi tutto il tribunale dell’ex Jugoslavia ha permesso a Slobo di difendersi da solo permettendo all’imputato non solo di mettere in scacco politico i giudici, ma pure di fare la figura dell’eroe di fronte ai nostalgici del suo regime. A Saddam non sarà permesso e per lui parleranno gli avvocati. Tantomeno potrà controinterrogare i testimoni, come ha fatto con maestria Milosevic. Inoltre è importante per gli iracheni vedere l’ex dittatore giudicato da un tribunale nazionale e non da giudici stranieri, come nel caso di Slobo, che nell’immaginario popolare sono diventati subito parte di un fantomatico complotto internazionale contro il popolo serbo. Oggi la prima udienza, come probabilmente il resto del processo, sarà trasmesso in tv – in differita di qualche ora e sotto la sorveglianza dei giudici – affinché in tutto il paese ci si renda conto che per Saddam è veramente finita. Anche il problema di provare la responsabilità di comando, arduo nel caso Milosevic, è stato semplificato. Saddam non dava ordini scritti, ma faceva capire che bisognava eliminare chi gli dava fastidio. "Si può ritenere una persona colpevole se ha dato un ordine criminale o se ha fallito nell’evitare la sua esecuzione. E’ la negligenza nell’onere di controllo. Applicando quella teoria, contro Saddam non ci sarà bisogno di molte prove cartacee" ha spiegato la Wedgwood. Infine il tribunale speciale iracheno punta ad un processo celere, che oggi sarà quasi sicuramente rinviato a dicembre per concedere tempo alla difesa. Le lungaggini del dibattimento con Milosevic hanno aiutato a far dimenticare i crimini compiuti nell’ex Jugoslavia. Per questo motivo il primo capo d’accusa per il rais è minore, ma dotato di prove robuste. Lo stesso Saddam avrebbe ammesso qualcosa grazie al portentoso ego presidenziale che ancora possiede. Se fosse accertata la sua responsabilità Saddam rischia la pena di morte per i "soli" 148 morti di Dujail. In questo caso, secondo la legge irachena, non si procederebbe con gli altri capi d’accusa, più gravi, delle grandi stragi di curdi e sciiti. Una bella differenza con Milosevic, che rischia al massimo l’ergastolo in una comoda prigione di un paese europeo e sogna di continuare il dibattimento fino al termine ultimo del 2010, quando il tribunale internazionale decadrà. Non è detto, però, che Saddam finisca impiccato. L’Unione europea ha già riservatamente messo le mani avanti con i suoi ambasciatori a Baghdad, ma lo stesso capo dello Stato, il curdo Jalal Talabani, a cui spetta l’eventuale commutazione della pena, ha un piano diverso. In cambio della vita di Saddam, che passerebbe il resto dei suoi giorni dietro le sbarre, i suoi accoliti, alleati ai terroristi di al Zarqawi, dovrebbero gettare le armi. Se saranno ancora interessati alla sua sorte. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.