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La Repubblica Rassegna Stampa
18.10.2005 Manuale del perfetto idiota latino-mediorientale
si conclude il reportage di Mario Vargas Llosa: un'enciclopedia del pregiudizio ideologico antiisraeliano che non necessitava certo di un viaggio per essere compilata

Testata: La Repubblica
Data: 18 ottobre 2005
Pagina: 24
Autore: Mario Varags Llosa
Titolo: «Gli ultimi "giusti" di Israele, eroi solitari in lotta per la pace»
LA REPUBBLICA di martedì 18 ottobre 2005 pubblica a pagina 25 la settima e fortunatamente ultima parte del reportage di Mario Vargas Llosa da Israele e Anp, intitolata "Gli ultimi "giusti" di Israele, eroi solitari in lotta per la pace".
Tra questa ristretta minoranza di israeliani che, restando "di sinistra", avrebbero salvato la loro moralità, a differenza di tutti gli altri, Vargas Llosa sceglie di presentarci il professor Ilan Pappe, accademico comunista dell'Università di Haifa, noto per aver avvallato falsi dimostrati come la tesi di Teddy Katz sul "massacro" di Tantura.
Tesi che Vargas Llosa cita nel suo articolo omettendo però la circostanza che l'autore della tesi "messo alle strette da una querela per diffamazione intentata dai combattenti chiamati in causa, aveva ammesso d’aver inventato alcuni fatti cruciali riportati nella tesi" e, successivamente, di aver ricevuto 10000 dollari dall'Olp per quella "ricerca" (vedi "Un organismo di ricercatori universitari che vota senza nemmeno accertare i fatti", su israele.net, 26-04-05).
Pappe è anche noto per aver sostenuto all'estero il boicottaggio delle Università israeliane, un'iniziativa che ha provocato un controappello cui ha aderito anche l'accademico palestinese Sari Nusseibeh, che si è pronunciato contro la discriminazione e a favore della cooperazione accademica.

Di seguito riportiamo l'articolo, cui facciamo seguire una riflessione sull'intero reportage di Vargas Losa .

Israele è l´unico paese al mondo in cui io mi senta tuttora di sinistra. Più che mai in questo viaggio (sono ormai al quinto, dopo il primo nel 1974 o 1975). Anche se qui ciò che merita il nome di sinistra si è ormai ridotto alla sua minima espressione: poche centinaia di "giusti", nel senso attribuito a questa parola da Albert Camus. Un pugno di donne e uomini di straordinaria integrità e coraggio, che conducono una battaglia politica, intellettuale, culturale e giornalistica quasi donchisciottesca. Soprattutto dopo il 2000, quando il grosso della società israeliana – in seguito al fallimento di Camp David, all´inizio della seconda Intifada e alla proliferazione degli attentati terroristici contro la popolazione civile - si è incancrenita in un conservatorismo nazionalista, sciovinista e xenofobo, con una forte impronta religiosa. Per dare un´idea dell´irrigidimento a destra basterà dire che alle prossime elezioni, ad affrontarsi saranno due "divi" della politica: Ariel Sharon e Benjamin Netanyahu. Quest´ultimo, da posizioni demagogiche e ultranazionaliste, accusa il rivale di essersi consegnato al nemico; mentre Sharon si presenta come un centrista moderato. Ha ragione Amos Oz: in Israele, il surrealismo non è un genere letterario: è il modo di essere della politica.
I giusti non la pensano tutti allo stesso modo. Le differenze sono grandi. Tutti però praticano, secondo l´espressione di Weber, la politica della convinzione prima ancora che della responsabilità; e concordano nel criticare duramente lo Stato e il governo israeliano, denunciando gli abusi e i crimini commessi contro i palestinesi, e difendendo la pace. Una pace che a loro giudizio sarà possibile solo se Israele rinuncerà all´occupazione coloniale della West Bank, e riconoscerà il diritto dei palestinesi a un proprio Stato indipendente, con capitale Gerusalemme, nell´ambito di un accordo di sovranità condivisa della città.
Ma l´impegno più tenace dei giusti è forse il tentativo di aprire gli occhi ai propri connazionali. In un sistema sempre più portato – un po´ come la minoranza bianca nel Sudafrica dell´apartheid – a chiudere gli occhi davanti a situazioni come quelle di Gaza e della West Bank, o ai comportamenti dei militari e del governo, essi si sono assunti il ruolo di guastafeste, per turbare la tranquillità e la buona coscienza della maggioranza conformista…
Sionisti e antisionisti, laici e religiosi, giornalisti e professionisti, si muovono generalmente ai margini dei partiti, da indipendenti, o da piccole fondazioni o ong. L´unica ricompensa ai loro sforzi è la soddisfazione morale di essere coerenti con le proprie idee, la coscienza d´aver compiuto il proprio dovere. Quelli che ho conosciuto sono esempi lampanti della tempra di cui sono dotati gli esponenti della sinistra israeliana. Non dimenticherò mai Amira Hass, la giornalista israeliana che da anni vive tra i palestinesi di Gaza e di Ramallah «per sapere cosa significa vivere sotto un´occupazione coloniale». I suoi articoli, come quelli del suo collega Gideon Levy su Haaretz, dicono ciò che più nessuno osa dire e che l´opinione pubblica non vuole sapere. Così come non dimenticherò l´ex soldato Yehuda Shaul e i suoi giovani collaboratori, che esortano i compagni d´armi a «rompere il silenzio e a confessare gli orrori commessi inevitabilmente da un esercito d´occupazione». O Meir Margalit e i suoi amici, che con fatica e ostinazione ricostruiscono più volte, contro ogni speranza, le case dei palestinesi che i carri armati tornano a demolire.
L´elenco sarebbe lungo e incompleto. Vorrei concentrarmi qui sulla figura dello storico Ilan Pappe, forse il più anticonformista degli israeliani, che conduce una battaglia radicale contro l´establishment politico e accademico di Israele. Nato a Haifa nel 1954, figlio di ebrei tedeschi, ha studiato storia all´Università ebraica di Gerusalemme e quindi a Oxford, dove si è laureato con una tesi sulla guerra del 1948, quando Israele ottenne l´indipendenza. Su questo tema ha pubblicato vari studi, sostenendo, contrariamente alla versione canonica del sionismo, che quella guerra fu un´autentica operazione di pulizia etnica, con l´espulsione della stragrande maggioranza della popolazione palestinese dai villaggi distrutti, per guadagnare territori allo Stato d´Israele. In base a quelle ricerche, Ilan Pappe è giunto alla convinzione, duramente osteggiata nel suo Paese, che Israele debba ammettere la responsabilità di quella spoliazione, riconoscendo il "diritto al ritorno" dei profughi palestinesi come presupposto alla pace.
Docente di storia mediorientale all´università di Haifa, è stato di recente protagonista di uno scandalo per aver aderito al boicottaggio del mondo accademico britannico contro le università di Haifa e di Bar-Ilan, a causa delle vessazioni e discriminazioni dei due atenei ai danni di Teddy Katz, autore di una tesi sul massacro nel 1948 degli abitanti di Tantura (ndr. un villaggio palestinese vicino Haifa). Tanto è bastato ad alimentare forti pressioni in Israele per l´espulsione dello stesso Pappe dall´università. Ma a Pappe è giunto il sostegno degli ambienti accademici europei e statunitensi, dove il suo prestigio ha basi solide (a chi desideri conoscere il suo rigore intellettuale raccomando il suo libro A History of Modern Palestine. One Land, Two Peoples, Cambridge University Press, 2004).
Mi figuravo un personaggio tutto passione e tensione. Al contrario, Ilan Pappe è un uomo gioviale, pieno di vitalità e di senso dell´umorismo. Mi ha fatto conoscere la parte araba di Haifa, o quel che ne rimane: i luoghi ove sorgevano i villaggi cancellati e, al centro della città, le case espropriate a suo tempo da Ben Gurion agli arabi più benestanti, oggi in esilio. Ilan Pappe e i suoi collaboratori le hanno fotografate per tentare di identificare i proprietari o i loro eredi, e ricostruire una società e un´epoca che la storia ufficiale vuole annullare.
Ilan Pappe ama la sua città e la conosce casa per casa. Ma la sua voce si incrina quando ricorda che nel 1948, nel giro di pochi giorni, 75 mila arabi ne vennero espulsi. Solo a tavola, in un ristorante del quartiere, lo storico si decide a parlare della politica attuale. È convinto che il ritiro da Gaza non avrà grande rilevanza, anche perché quei 21 insediamenti israeliani sono poca cosa rispetto alle centinaia di colonie della Cisgiordania, che Sharon non intende evacuare. Ma non vi sarà soluzione del conflitto finché Israele non riconoscerà il diritto della Palestina alla sovranità e al ritorno dei profughi. La sua critica al sionismo è frontale: un Paese che pratica l´esclusivismo religioso ed etnico non può essere veramente democratico. Ilan Pappe è uno dei più eloquenti sostenitori di uno Stato unico e binazionale, nel quale ebrei e arabi siano cittadini con pari diritti e doveri.
Ilan Pappe abita a una ventina di minuti da Haifa, in un sobborgo inerpicato sul colle: si vede un immenso cielo stellato, in questa notte tiepida e chiara che più mediterranea non si può. Ha due figli piccoli e una moglie incantevole. La conversazione mi ha profondamente commosso. È stata una delle mie ultime interviste in Israele, dopo due settimane demenziali, durante le quali ho dovuto lottare contro le impressioni tremende che mi suscita la situazione di questo paese. Un paese che è cresciuto, si è arricchito, è diventato potente. Tanto potente - e qui sarei lieto di sbagliarmi - da poter andare avanti così per molti anni senza avvertire l´urgenza di risolvere il problema palestinese. Una cosa è certa: per quanto dolorosi e terribili possano essere gli attentati terroristici per le vittime e le loro famiglie, sono soltanto piccoli graffi sulla pelle di quell´elefante che è oggi Israele: episodi che non incidono sulla sua esistenza, sul suo elevato livello di vita, e purtroppo neppure sulla sua coscienza. Ma c´è di peggio: in un certo senso, e a differenza dei palestinesi - per i quali il conflitto è questione di sopravvivenza, di vita o di morte – gli israeliani lo vivono ormai come una realtà marginale, una routine nella quale il loro potente esercito si allena, si aggiorna e si rafforza.
Nonostante tutto, il mio pessimismo mi sembra meno giustificato dopo l´incontro con Ilan e la moglie. Entrambi sono certi che presto o tardi il vento cambierà. La loro convinzione è così limpida da contagiarmi. Le ingiustizie storiche finiscono sempre per essere riconosciute, e con la condanna universale verrà anche la dovuta riparazione. Quale prova migliore della storia stessa del popolo ebraico? Gli atroci massacri, i ghetti, le persecuzioni secolari sono forse riusciti a sterminarlo? La verità si imporrà anche in questo caso.
In Israele esistono ancora uomini come Ilan Pappe. Aiutano a sperare che dopo Gaza le cose possano andare per il meglio. Ma se questo avverrà, sarà il frutto del lavoro di quelle eroiche formiche che sono i giusti di Israele.

copyright El Pais - la Repubblica (traduzione di Elisabetta Horvat)
Come lui stesso scrive, Vargas LLosa si sente "di sinistra" soltanto in Israele.
La nozione di "sinistra" ha in un questo contesto un significato affatto peculiare: esclude senz'altro i laburisti israeliani, che siedono al governo con Sharon, e, plausibilmente, una volta scelto come esempio dei residui "giusti di Israele" un fanatico estremista come Pappe, la cui ricetta per la "pace" in Medio Oriente è la scomparsa di Israele come Stato degli ebrei, chiunque veda nel sionismo qualcosa di diverso da un progetto razzista di "pulizia etnica".
In ogni caso, tale "sinistra", ha molte affinità con quella in cui Vargas Llosa ha militato in gioventù, prima di distaccarsene divenendo un liberale: la sinistra sudamericana, afflita dai suoi miti collettivisti e guerriglieri, dal suo antiamericanismo assoluto, dal suo servilismo verso dittatori efferati come Fidel Castro.
A questa sinistra tre saggisti liberali, Alvaro Vargas Llosa, Plinio Apuleio Mendoza e Carlos Alberto Montaner, dedicarono anni fa un intelligente libro, "Manuale del perfetto idiota latinoamericano", edito in Italia da Bietti, che ne demoliva pregiudizi, leggende e paralogismi.
Uno degli autori, Alvaro, è il figlio del nostro Mario, il quale all'epoca scrisse anche un'introduzione del volume, intitolata "L'idiota di fine millennio".
Ecco, a noi sembra che, persa l'ironia e la distanza critica, Vargas Llosa abbia compilato, con il suo reportage, un vero e proprio "Manuale del perfetto idiota latino-mediorientale", uno sciocchezzaio enciclopedico sul conflitto mediorientale (che per altro non avrebbe nemmeno richiesto la fatica di un viaggio: bastava star seduti nel proprio studio a mettere in bella forma i propri pregiudizi).

Proviamo di seguito a darne un'incompleta sintesi, tentando al contempo di compiere, altrettanto sinteticamente, un' operazione di demistificazione simile a quella del Manuale :

1)"L'origine del conflitto mediorientale", dice l'idiota, "risiede negli insediamenti israeliani nei territori palestinesi e nell'occupazione israeliana"

L'idiota ignora deliberatamente il fatto che il conflitto arabo israeliano, al pari del terrorismo palestinese, è iniziato molto prima dell'"occupazione" e degli attuali insediamenti ebraici in Cisgiordania e Gaza. Parimenti, ignora il fatto che la prima ondata di terrorismo suicida seguì immediatamente gli accordi di Oslo e aveva dunque l'evidente obiettivo di far fallire ogni prospettiva di pace, non di porre fine all'"occupazione" o di cacciare gli insediamenti.

2) Ciò comunque non è rilevante per l'idiota, dato che secondo lui il terrorismo suicida non è "una questione di sopravvivenza, di vita o di morte per gli israeliani" (sic!), è un pretesto per la destra, alimenta la paranoia di un popolo moralmente degradato e non può scalfre "la sua esistenza, il suo elevato stile di vita, e purtroppo neppure la sua coscienza" (sic!)

L'unica, infinitesimale, parte di ragione dell'idiota consiste qui nel fatto che Israele è riuscita efettivamente a contenere il terrorismo suicida, con mezzi, dal "muro dell'apartheid" alle esecuzioni mirate, che l'idiota aborre e condanna.
Per il resto, dobbiamo riconoscere che "l'idiota ha ragioni che la ragione non comprende" e che è ben difficile replicare qualcosa a chi osa affermare che, mentre il terrorismo li faceva a pezzi, gli israeliani tutto sommato se la spassavano e, cosa più grave, nemmeno interrogavano la propria coscienza sulle proprie "responsabilità".

3) Benché le colonie siano il centro del conflitto mediorentale, per l'idiota il disimpegno da Gaza non cambia nulla. Nel caso di Gaza, infatti, il vero problema sono il controlo dei confini e le colonie... della Cigiordania

L'idiota dispone di una logica straordinariamente elastica e se qualcuno gli facesse notare che, intanto, i palestienesi potrebbero concentrasi sulla costruzione di uno Stato e sulla lotta al terrorismo, in modo da dare a Israele le garanzie di sicurezza necessarie a un accordo definitivo, avrebbe già pronta la risposta (che è poi il titolo di un capitolo del "Manuale" originario), ovvero:

4) "Siamo poveri, è colpa loro", vale a dire:"i palestinesi non possono costruire uno Stato perché sono troppo poveri, per colpa degli israeliani"

L'idiota ignora deliberatamente gli enormi finanziamenti concessi all'Anp, il modo in cui sono stati dirottati per incrementare il terrorismo e la corruzione. L'assenza totale di legge, di diritti di proprietà garantiti nei territori amministrati dall'Anp, l'esorbitante numero di monopoli, l'anarchia armata. Ignora in sostanza tutte le cause interne del mancato sviluppo palestinese, secondo lo schema classico della rimozione ideologica terzomondista.

5)L'idiota scrive che gli "storici israeliani" hanno "dimostrato" che nel 1948 i palestinesi subirono una pulizia etnica.

L'idiota ignora l'intero dibattito israeliano sulla questione, assimila posizioni differenti (Benny Morris non ha mai scritto di una "una pulizia etnica" pianificata, Pappe sì, ma per lui i due hanno "dimostrato" la stessa cosa) e trascura persino l'esistenza dei critici dei revisionisti (per esempio Ephraim Karsh, Anita Shapira e Aharon Megued, che su Ha'aretz Magazine nel 1994 ha paragonato i revisionisti ai negazionisti ). Più in generale il suo "metodo" consiste nel scegliere le posizioni più estremiste della sinistra israeliana, identificarle tout court con il pacifismo e la difesa dei diritti umani in Israele e considerare tutti coloro che non condividono tali posizioni alla stregua di bruti razzisti e violenti del tutto incapaci di argomenatre le loro ragioni, ai quali dunque non occorre affatto dare la parola, fosse pure in poche righe di un articolo che ne conta migliaia.

Si potrebbe continuare questo esame, ma ci fermiamo qui, per mancanza di spazio e di tempo.
Ci viene naturale tuttavia, porci ancora una domanda.
Perché Vargas Llosa, che in tutte le altre parti del mondo ha superato l'infantilismo ideologico dell'"idiota", in Israele se ne riappropria con un brivido di piacere e di compiacimento?
Forse perché, in questo caso, le passioni e i pregiudizi in gioco hanno radici ben più profonde di quelle della sua giovanile adesione alla sinistra "guerrigliera" sudamericana?
Forse perché, in Israele, ci sono di mezzo gli ebrei?

(per le critiche agli altri articoli del reportage vedi su Informazione Corretta:"Per Vargas Llosa Gaza è ancora "occupata", 2005-10-17, "Gli improponibili parallelismi di Vargas Llosa, i sarcasmi intolleranti di Stabile",2005-10-10, "Le "domande" di Vargas Llosa sono solo risposte dettate dal pregiudizio", 2005-10-03 "Vargas Llosa non capisce il terrorismo suicida" 2005-10-04 e "Ora Vargas Llosa se la prende con la barriera difensiva" 2005-10-05 e "Le verità precostituite di Vargas Llosa",2005-10-07 )

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