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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Stampa Rassegna Stampa
17.10.2005 In Iraq e nel Medio Oriente il cambiamento è iniziato
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 17 ottobre 2005
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La lezione dell'Iraq»
LA STAMPA di lunedì 17 ottobre 2005 pubblica in prima pagina l'articolo di Fiamma Nirenstein "La lezione dell'Iraq", che riportiamo:
FORSE questo momento di rinnovato eroismo del popolo iracheno e di vigilia del processo ai crimini di Saddam Hussein, che verranno esposti senza veli al mondo nei prossimi giorni, è l'ultimo valido per la coscienza europea per abbandonare ogni reticenza. Forse è giunto il momento, per l'Europa, di porgere semplicemente una mano solidale alla lotta per la democrazia nel mondo islamico e di abbandonare tutti i «se» e i «ma» che rischiano di renderci nemici a noi stessi e moralmente inconsistenti di fronte alla storia: una enorme battaglia simile a quella che sollevò ondate destinate a sconvolgere tutti i continenti ebbe luogo in Europa nel secolo scorso, una guerra di valori con intensi dolori del parto.
Lo stesso sta accadendo ora in Medio Oriente, e alla fine molto probabilmente gli stessi valori che hanno vinto da noi vinceranno nel mondo musulmano.
Due giorni or sono, fra sofferenze e difficoltà, il processo di democratizzazione mediorientale ha fatto un altro passo avanti con il voto per la Costituzione in Iraq. Non sappiamo ancora se essa sia passata e se quindi può cominciare la preparazione del voto di dicembre e della formazione di un governo legale e stabile, con la relativa possibilità per gli alleati di uscire finalmente dall'area. Sappiamo però che il numero delle persone che, a costo del rischio per la vita, sono andate alle urne è superiore di un milione e 200 mila a quello di chi ha votato l'anno scorso per stabilire il primo governo democratico dopo Saddam, e che arriva al 64 per cento.

Sappiamo che il giorno che avrebbe potuto essere uno dei più sanguinosi degli ultimi mesi si è rivelato meno terribile del previsto. Sappiamo, infine - e questo è un risultato di prima grandezza - che i sunniti, dopo una infinita catena di «no», hanno negoziato la disponibilità al voto.
E, anche hanno scelto il «no», la rivoluzione è enorme: i sunniti hanno guardato agli sciiti e ai curdi da secoli come a componenti dell'Islam escluse da un vero rapporto col Corano e quindi inferiori, destinate al dominio e anche alla schiavitù. Questo cerca di fare il residuo terrorista della dominazione di Saddam in combutta con altre forze. Venire a più miti consigli, persino dire «no» o adottare un punto di vista opportunista, e quindi politico, per non essere tagliato fuori, è una forma di accettazione inusitata dei rapporti di forza con quella che è dopo tutto la maggioranza.
Il terrorismo in Iraq seguiterà per un bel pezzo, da ovunque venga, così come quello degli Hezbollah, o delle Brigate di Al Aqsa (hanno duramente colpito ieri), come quello di Al Qaeda. Ma le seimila parole che al Zarqawi ha inviato a Zawahiri segnalano la paura di perdere l'Iraq. Hamas è in crisi. La politica siriana in stato terminale. L’Afghanistan sta per stabilire rapporti diplomatici con Israele. Seguitano a cadere le cortine di ferro, il processo è aperto. E’ patetico dubitarne.
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