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La Stampa Rassegna Stampa
16.10.2005 Siria: Assad sotto pressione
l'analisi di Maurizio Molinari da New York

Testata: La Stampa
Data: 16 ottobre 2005
Pagina: 9
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Washington studia piani militari contro Damasco»
La Siria quasi alla resa dei conti. La determinazione dell'Amministrazione Bush dà buoni frutti. Ad Assad resta poco tempo per decidere. Continuare ad appoggiare il terrorismo o cambiare rotta. Il tempo che gli rimane è poco.
Ecco l'analisi di Maurizio Molinari sulla STAMPA di oggi 15-10-2005:

Scontri a fuoco lungo la frontiera fra Iraq e Siria, sconfinamenti, qualche morto e forse anche un piano per condurre sistematici raid fino alla periferia di Damasco. La tensione fra truppe americane e siriane è arrivata a livello di guardia ed a svelarlo sono state fonti militari Usa spiegando al «New York Times» che oramai le schermarglie sono divenute quasi quotidiane. All’origine della crisi c’è l’ospitalità che la Siria di Bashar Assad garantisce ad ex gerarchi del regime di Saddam Hussein così come a gruppi di jihadisti arabi che poi penetrano in Iraq per arruolarsi con il locale leader di Al Qaeda Abu Musab al-Zarqawi. Negli ultimi tre mesi in più occasioni le truppe Usa hanno condotto raid contro località irachene a ridosso della frontiera, usate dalla guerriglia per far passare armi e rifornimenti. La conseguenza sono stati combattimenti che «occasionalmente o intenzionalmente» - come scrive il «New York Times» citando fonti militari - hanno sconfinato in Siria.
L’episodio più cruento ha visto protagonisti i corpi speciali dei Rangers che sono entrati a diretto contatto con unità siriane, causando «diverse perdite» al nemico. Ufficialmente nè Washington nè Damasco confermano lo scontro a fuoco ma proprio questo episodio avrebbe portato il Pentagono ad affidarsi alla Delta Force per compiere infiltrazioni oltre frontiera tese a colpire i jihadisti prima ancora che varchino il confine iracheno.
Il 1 ottobre è stato il presidente americano, George W. Bush, a riunire alla Casa Bianca i propri consiglieri per la sicurezza per discutere il caso siriano. Sebbene una decisione formale non sia stata adottata, il fatto stesso che siano state discusse opzioni militari lascia intendere che Washington oramai considera la Siria come un teatro della campagna militare irachena. Saranno le prossime settimane a dire se Bush renderà formale l’ordine alle truppe speciali di operare in Siria, ma per il «New York Times» quanto sta avvenendo ricorda da vicino ciò che avvenne nell’ultima fase della guerra di Indocina, quando la Cambogia venne invasa nel tentativo di bloccare i rifornimenti per i vietcong nel Vietnam del Sud.
L’amministrazione respinge con i suoi portavoce ogni paragone fra la Siria ed il precedente della Cambogia, ma non nega la volontà di mettere sotto pressione Damasco, considerata «non in sintonia con i cambiamenti in atto nella regione del Medio Oriente», secondo la formula del Segretario di Stato, Condoleezza Rice. Washington rimprovera ad Assad non solo l’ospitalità ai fedelissimi di Saddam ed il sostegno alla guerriglia ma anche le perduranti interferenze in Libano, il sostegno militare agli Hezbollah e l’appoggio logistico a gruppi palestinesi - come Hamas e la Jihad islamica - ostili al negoziato di pace, responsabili di attentati e favorevoli alla distruzione di Israele.
La pressione su Damasco cresce perché il 25 ottobre sarà presentato all’Onu il rapporto finale della commissione di inchiesta sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri. Se dovesse attestare una diretta responsabilità siriana potrebbe aprire la strada a sanzioni. Washington avrebbe offerto ad Assad una via d’uscita, secondo il «Times» di Londra, chiedendogli di impegnarsi da subito ad accettare tutte le richieste che farà l’Onu - inclusa la consegna di alti funzionari eventualmente implicati nell’omicidio - ed a cessare ogni sostegno alla guerriglia in Iraq. Se Damasco accettasse Bush risponderebbe con una normalizzazione dei rapporti simile a quella avvenuta con la Libia dopo la decisione di Muammar Gheddafi di rinunciare al nucleare. Ma Assad per ora avrebbe deciso di prendere tempo, rinviando la risposta.
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