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Il Manifesto Rassegna Stampa
04.10.2005 Caos a Gaza ? Per il quotidiano comunista è' Israele che promuove la guerra civile palestinese
un articolo di Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 04 ottobre 2005
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Spari in Parlamento, l'Anp nella tempesta»
Peculiare, ma molto prevedibile, il modo in cui IL MANIFESTO affronta la vicenda degli spari nel parlamento palestinese e dell'anarchia armata che scuote l'Anp.
Nel suo articolo Michele Giorgio non trova di meglio che accusare Sharon di promuovere, chiedendo ad Abu Mazen di disarmare Hamas, la guerra civile tra i palestinesi.
Il fatto che la guerra civile sia al contrario resa probabile proprio dall'esistenza di "partiti armati" che sottraggono alle autorità il monopolio della forza, accrescono la tensione con Israele attaccandola, esercitano la loro violenza arbitraria contro i civili palestinesi e rendono di fatto impossibile, con la stessa minaccia rappresentata dalla loro potenza di fuoco, una vita politica democratica, è oggi sotto gli ochhi di tutti.
Tuttavia non è questo il punto. E' la pretesa di Giorgio che Israele, per scongiurare una guerra civile tra i palestinesi, tolleri che un organizzazione terroristica votata alla sua distruzione operi liberamente dall'autonomia palestinese ( e anche, in futuro, dallo Stato palestinese) a rivelare l'assurdità e l'ingiustizia delle premesse su cui questo giornalista fonda i suoi giudizi sul conflitto mediorientale: Israele, per lui, non ha alcun diritto all'autodifesa, nel processo di pace ha solo doveri, è semplicemente tenuta alla capitolazione di fronte alle richieste palestinesi, qualunque rischio questo comporti per la sua sicurezza.

Ecco il testo:

E'stata una vigilia di Ramadan che nessun palestinese si attendeva quella che si è vissuta tra domenica e lunedì a Gaza. Al confronto tra l'Autorità nazionale palestinese (Anp) e Hamas, sempre più aperto sulla questione del disarmo delle milizie, si è aggiunta la sfiducia votata ieri dal Consiglio legislativo al governo del premier Abu Ala, che ha ulteriormente aggravato la crisi interna a meno di quattro mesi dalle elezioni politiche. Il parlamento ha chiesto al primo ministro di formare un nuovo governo, entro due settimane, a causa dell'impossibilità per l'esecutivo attuale di far fronte all'emergenza sicurezza. Inizialmente, la mozione di sfiducia prevedeva anche la «rimozione» di Abu Ala e dei capi dei servizi di sicurezza che invece si sono salvati grazie ad una proposta-salvagente fatta dal presidente del parlamento, Rahwi Fattuh. Sotto accusa è finito il ministro dell'interno Nasser Yusef. In un rapporto letto ai deputati, Hassan Khreisheh, capo della commissione parlamentare sui servizi di sicurezza, ha affermato con tono perentorio che Yussef «ha fallito totalmente la sua missione». La testa di Abu Ala comunque cadrà subito dopo le elezioni del 25 gennaio. Al suo posto, con ogni probabilità, ci sarà il vice premier attuale, Nabil Shaath.

Domenica sera a Gaza city si sono vissute ore di paura e scontri a fuoco, costate la vita a tre persone e il ferimento di un'altra cinquantina (tra cui molti bambini). Un ulteriore assaggio di quel confronto armato tra Hamas e Anp che i palestinesi temono, mentre la Cisgiordania rimane sotto occupazione militare israeliana e la Striscia di Gaza non ha ancora ottenuto la piena sovranità nonostante il ritiro di soldati e coloni israeliani.

La sparatoria è iniziata nei pressi dell'ospedale Shifa quando militanti di Hamas hanno lanciato razzi anticarro e diverse granate e aperto il fuoco con armi leggere contro la polizia palestinese. La calma vicino all'ospedale è tornata tre ore dopo ma la sparatoria è continuata nel campo di Shati e in un quartiere vicino, Sheikh Radwan, roccaforte del movimento islamico. Secondo una versione Mohammed Rantisi (figlio di Abdel Aziz Ranrisi, il leader di Hamas assassinato dagli israeliani) avrebbe avuto un diverbio con un uomo che gli è passato davanti nella coda ad un bancomat. La discussione si sarebbe accesa e Rantisi ha coinvolto alcuni militanti armati di Hamas, contravvenendo al divieto annunciato dal presidente Abu Mazen che impedisce alle milizie di portare armi in pubblico. Una folla è intervenuta per impedire l'arresto di Rantisi e la polizia ha fatto fuoco in aria a scopo intimidatorio. Gli scontri sono cominciati poco dopo a Shate dove centinaia di attivisti di Hamas hanno dato fuoco alla stazione di polizia. Un trasformatore che rifornisce di elettricità i quartieri ovest di Gaza city è stato distrutto da una granata lanciata durante gli scontri. Al termine un ufficiale di polizia, Ali Mekkawi, è rimasto ucciso assieme a due civili, tra cui una donna. Ieri in segno di protesta, decine di colleghi del militare ucciso hanno fatto irruzione nel parlamento a Gaza mentre i deputati assistevano in videoconferenza alla seduta in corso a Ramallah. Alcuni poliziotti hanno esploso dei colpi in aria e la seduta è stata sospesa. «Non avevamo proiettili a sufficienza», ha protestato uno degli agenti, «non abbiamo nulla per proteggerci. Hamas ha più armi di noi». Secondo il sociologo Salim Tamari «il vuoto di potere seguito al ritiro israeliano ha esasperato le differenze, anche ideologiche, tra Hamas e Anp. E' evidente che l'Anp nell'imporre il rispetto della legge intende ribadire di essere l'unica forza legittima di governo. Un punto che Hamas non intende accettare senza adeguata contropartita politica».

A gettare altra benzina sul fuoco è stato un articolo sull'edizione online del quotidiano Haaretz sulla decisione del governo israeliano di fare pressioni a livello internazionale affinché Hamas sia escluso dalle elezioni palestinesi. In risposta alle critiche sulle sue ingerenze nel processo democratico palestinese, ha aggiunto Haaretz, Israele ribadirà «il suo diritto all'autodifesa». Sharon nei giorni scorsi aveva dettato la sua condizione ai palestinesi per consentire il regolare svolgimento del voto: disarmo totale di Hamas. Una condizione che Abu Mazen può soddisfare solo provocando la guerra civile.
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