martedi` 26 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
30.09.2005 Le riforme fanno bene all'economia israeliana
un'analisi

Testata: Il Foglio
Data: 30 settembre 2005
Pagina: 2
Autore: Rolla Scolari
Titolo: «I conti (belli) di bibi»
A pagina 2 dell'inserto IL FOGLIO di venerdì 30 settembre pubblica un articolo di Rolla Scolari che riportiamo
L’economia israeliana ha accolto bene la
notizia della vittoria del premier Ariel
Sharon nello scontro interno del Likud. Il
primo ministro ha battuto il rivale e compagno
di gruppo, Benjamin Netanyahu. Il
ballottaggio aveva un fine procedurale: tenere
primarie in aprile o rinviarle a novembre
2006. Quei 104 voti in più raccolti da
Sharon sono, per l’economia del paese e per
gli investitori stranieri, garanzia di stabilità,
almeno fino all’autunno prossimo. Dopo
una settimana d’incertezze, la Borsa di Tel
Aviv ha guadagnato, in due giorni, il 3,5 per
cento. L’Ufficio centrale delle statistiche
israeliano ha dichiarato mercoledì che ci
sarà una crescita percentuale dell’economia
del 5,1 per cento, più di quanto Israele
si aspettasse. Le previsioni della Banca centrale
erano più limitate: 4,5 per cento nel
2005. Il governatore dell’istituto bancario,
Stanley Fischer, ha confermato la tendenza
positiva in un discorso al Fondo monetario
internazionale, qualche giorno fa.
La promessa di stabilità politica e la speranza
della ripresa di un processo di pace
dopo il ritiro da Gaza, nonostante la situazione
tesa degli ultimi giorni all’interno
della Striscia, hanno contribuito al recente
ottimismo dei mercati. Il paese è passato
attraverso una violenta recessione economica
dopo lo scoppio della seconda Intifada,
tra il 2001 e il 2002. La ripresa del terrorismo
palestinese ha allontanato dal paese
gli investimenti stranieri e ha dato un
colpo al consumo interno. Nel 2004 queste
tendenze si sono invertite, secondo molte
analisi economiche, grazie anche alla migliore
situazione di sicurezza interna, raggiunta
attraverso le strategie politiche del
governo Sharon giudicate negativamente
dalla comunità internazionale: l’impiego di
uccisioni mirate per indebolire i vertici
delle organizzazioni armate palestinesi e la
costruzione della barriera difensiva tra
Israele e Cisgiordania.
Il premier e il suo ex ministro delle Finanze
e attuale rivale in casa, Bibi Netanyahu,
hanno deciso di applicare riduzioni
della spesa pubblica e di limitare l’intervento
dello Stato nella vita economica
del paese, eredità principale del laburismo.
Netanyahu, sempre appoggiato da
Sharon, ha puntato negli ultimi tre anni
sulle privatizzazioni di banche e imprese e
sulla riduzione dei sussidi di Stato. La sinistra
ha criticato la sua politica, accusandolo
di peggiorare il welfare israeliano. Negli
ultimi mesi ci sono stati una ripresa dei
mercati e un nuovo afflusso d’investimenti
esteri che hanno dato una spinta all’industria
interna; la fiducia dei consumatori è
cresciuta; c’è un nuovo sviluppo del turismo,
calato dopo lo scoppio della seconda
Intifada. Allo stesso tempo, dopo il ritiro
dalla Striscia di Gaza, sembrano essersi
aperte possibilità di dialogo con alcuni Stati
della regione. Il segretario generale della
Lega araba, Amr Moussa, ha detto che alcuni
paesi arabi avrebbero preso contatti
con Israele, in occasione dell’ultima sessione
dell’Assemblea generale dell’Onu.
L’eventualità aprirebbe nuovi spazi all’economia
israeliana.
Le riforme avviate da Netanyahu non sono
state messe da parte da Sharon dopo le
dimissioni del ministro, ad agosto. Il rivale
lasciò il governo poche ore prima dell’inizio
del disimpegno dalla Striscia di Gaza,
per marcare il suo disaccordo con la politica
del premier, per sottolineare la sua opposizione
al ritiro. Da allora guida l’ala più
conservatrice del Likud, contro il primo ministro.
Sharon, sul piano economico, continua
a sostenere l’attrazione d’investimenti
esteri. Bibi ha dato le sue dimissioni a pochi
mesi dell’approvazione della Finanziaria
di fine anno. Non è sicuro che l’esecutivo,
senza una maggioranza certa, riuscirà a
far passare il budget statale per il 2006 a
tempo debito, prima della fine di dicembre.
Laburisti in agguato
A minacciare la riuscita dell’operazione
sono soprattutto i laburisti, avversari storici
del Likud, in crisi d’identità e fortemente
indeboliti. Nel 2004 avevano appoggiato
la finanziaria del governo, nonostante fosse
contro la loro linea storica, perché favorevoli
al disimpegno dalla Striscia di Gaza.
Oggi devono riconquistare la propria base
elettorale e quindi il rischio che non si
schierino con la Finanziaria è alto. Se Sharon
non riuscirà a far passare la legge di bilancio
entro fine anno, il governo inizierà
quest’anno, come è successo anche lo scorso,
con un interim budget meno consistente,
che non permetterà di portare a termine
le riforme promesse. Con i laburisti contro,
non è neppure certo che Sharon ottenga
una maggioranza che appoggi la Finanziaria
entro la fine di marzo. In tal caso, la
Knesset sarà sciolta e si andrà, dopo 60
giorni, ad elezioni anticipate.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT