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Il Foglio Rassegna Stampa
30.09.2005 Hamas in difficoltà rivuole la calma dopo averla violata
mentre si svolgono elezioni municipali a Gaza e in Cisgiordania

Testata: Il Foglio
Data: 30 settembre 2005
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «Anche a Gaza e tra i vicini arabi ora Hamas inizia a essere mal vista»
IL FOGLIO di venerdì 30 settembre 2005 pubblica in prima pagina un articolo sulla crisi di "popolarità" di Hamas a Gaza, e su quella dei rapporti politici del gruppo terroristico con gli stati arabi.

Ecco il testo:

Ma ora c’è il fronte saudita-Gerusalemme. Ieri si sono svolte le elezioni per la nomina di mille consiglieri municipali in alcune località della Cisgiordania e di Gaza. Nelle precedenti due tornate, in altre circoscrizioni elettorali, Hamas aveva conseguito discreti risultati: questa volta ne attende di migliori. L’affluenza alle urne è stata buona, ma i palestinesi cominciano a essere stanchi delle azioni di guerra del gruppo armato, ancor più dopo che, ieri, il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha detto che continuerà l’offensiva militare contro Hamas. Secondo alcuni analisti dei Territori, potrebbe comunque essere ancora presto per vedere riflesso nel voto questo scontento. Sicuramente buona parte della popolazione vuole punire i leader di Fatah, "perché sono divisi, corrotti e se la situazione è degenerata è anche colpa loro", si sente ripetere per le strade di Ramallah.
Hamas chiede di rinnovare la "tahdya", la calma, nei confronti d’Israele. Venerdì scorso, durante una manifestazione del gruppo armato a Gaza, un missile Qassam era scoppiato accidentalmente tra la folla, uccidendo e ferendo gravemente le persone presenti. Quella stessa sera, il portavoce del movimento aveva preteso di sostenere che quei razzi fossero finti, che fossero dei giocattoli, e che la causa dell’accaduto fosse dovuta a un attacco d’Israele. Hamas aveva rotto con questo pretesto una "tahdya" già debole, lanciando sui villaggi confinanti del Negev alcuni missili Qassam, per dimostrare ai palestinesi di non aver mentito. Ieri, dopo l’uccisione di un loro membro a Jenin, sono state invece le Brigate al Aqsa ad annunciare la rottura della tregua.
La popolazione a Gaza non è contenta della situazione di caos che Hamas ha portato nei Territori dopo il ritiro israeliano. Il disimpegno è stato vissuto dal movimento come una vittoria e la leadership del gruppo crede realmente di esserne stata la causa – commentano alcune fonti vicine all’Anp – portando così i propri capi e militanti a perdere il pragmatismo e a considerarsi in questo ultimo periodo ancora più invincibili. Hassan Youssef, portavoce del gruppo in Cisgiordania, ha detto di essere sicuro di sé e che adesso bisognerà liberare tutta la Palestina, intendendo anche Tel Aviv e Haifa. Alcuni commentatori palestinesi, come Daoud Kuttab, dicono che il gruppo armato ha superato ogni limite.

Abu Mazen temporeggia
Secondo fonti del Foglio, il gruppo armato avrebbe deciso per la tregua perché spinto dall’Egitto e dalla Siria, che intende allentare la morsa di pressioni e sanzioni decisa dagli Stati Uniti dopo l’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri. "Ma forse ancora più importante è che il movimento si è reso conto che il premier israeliano, Ariel Sharon, è determinato a combatterlo e che nessun paese arabo piangerà per Hamas – dice la fonte palestinese – In molti anche nei Territori dicono che la strategia del gruppo è perdente". Secondo il quotidiano arabo al Hayat, la decisione sarebbe stata presa dopo che il leader dell’Anp, Abu Mazen, ha minacciato di passare davvero alle maniere forti contro Hamas, nonostante questo tipo di iniziativa sia considerata estranea alla sua personalità.
Alcuni militanti di Fatah, infine, a un comizio di Hamas, vicino a Ramallah, hanno fatto irruzione per togliere la bandiera del movimento islamista. Ma finora le azioni dell’Autorità palestinese contro il terrorismo sono state limitate, a partire dal mancato disarmo dei gruppi terroristici richiesto da Gerusalemme. Il presidente dall’Anp ha dato istruzioni di reinstaurare il Consiglio nazionale di sicurezza, un organo attivo ai tempi dell’ex rais, Yasser Arafat, per ristabilire l’autorità delle forze armate. Ma nessun passo è stato ancora compiuto in questa direzione. Senza il disarmo dei terroristi, la proposta è inefficace per fermare i gruppi armati. Martedì, l’arresto di un uomo che le autorità israeliane hanno definito in contatto con "il comando di Hamas in Arabia Saudita" ha inoltre confermato che il gruppo gode di appoggi e finanziamenti provenienti anche dal ricco regno arabo.
Il ministro dell’Interno, Nasser Youssef, ha detto di voler cercare una soluzione per far fronte agli attacchi di Hamas, ma per adesso si è limitato a negoziare – non avendo l’appoggio di Abu Mazen per iniziare una fitna, lotta interna – i punti già concordati sono il divieto di nuove parate militari, scattato sabato scorso, e quello di sfoggiare armi per strada.
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