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La Repubblica Rassegna Stampa
27.09.2005 Viola riconosce i meriti di Sharon, ma continua a dimenticare gli errori storici dei palestinesi
ignorando i quali non si può comprendere il Medio Oriente

Testata: La Repubblica
Data: 27 settembre 2005
Pagina: 1
Autore: Sandro Viola
Titolo: «Metamorfosi di un leader»
LA REPUBBLICA di martedì 27 settembre 2005 pubblica in prima pagina e a pagina 15 un editoriale di Sandro Viola sulla vittoria di Ariel Sharon nelle elezioni del Comitato centrale del Likud.

L'articolo presenta quella di Sharon e di Israele come una svolta che pone fine a un lungo periodo di imbarbarimento politico e civile che sarebbe stato prodotto dall'"occupazione" e dal "partito dei coloni".
Sono soltanto due invece, i cenni alle responsabilità dei palestinesi. All'inizio dell'articolo Viola afferma che Israele è ora decisa a "cercare - se i fanatici dell´altro versante, le bande armate integraliste, lo consentiranno - la via d´un compromesso col popolo palestinese".
Concludendolo, osserva invece che "come mai prima d´ora, la parola è adesso ai palestinesi. Si diceva che non hanno mai perso l´occasione di perdere un´occasione favorevole. Speriamo che stavolta andrà diversamente. Perché se perdessero anche quest´ultima possibilità di dimostrarsi politicamente credibili, sarebbe difficile conservargli la solidarietà con cui in questi decenni sono state guardate le loro sventure ".

In realtà, Israele ha cercato più volte in passato un compromesso con i palestinesi. ricevendo in cambio intransigenza e campagne terroristiche, dopo Oslo come dopo Camp David.
Fatti che rendono l'unilaterale ricostruzione storica di Viola insostenibile, il suo richiamo alle responsabilità dei palestinesi tardivo e troppo indulgente con gli errori passati. Errori troppo spesso sottaciuti e minimizzati in nome dello stereotipo del popolo "oppresso" e "occupato" e di una visionedistorta del conflitto mediorientale che giornalisti come Viola hanno contribuito ad alimentare.

Ecco l'articolo:

Se il comitato centrale del Likud, pieno com´è di oltranzisti, s´è schierato con Sharon invece che con Benyamin Netanyahu, vuol dire che Israele è cambiato. La metamorfosi non è solo quella di Sharon, quindi: è una trasformazione del paese tutto intero, ormai deciso a voltare le spalle alla minoranza estremista e fanatica, il sionismo religioso e le destre nazionaliste, per finirla il prima possibile con l´occupazione dei Territori. E cercare - se i fanatici dell´altro versante, le bande armate integraliste, lo consentiranno - la via d´un compromesso col popolo palestinese.
La vittoria di Netanyahu nel duello con Sharon per la conquista della leadership del Likud, sembrava praticamente certa.
Invece non c´è stata: messo alle strette, il partito non se l´è sentita di sbattere fuori dalla porta un leader che in questo momento ha con sé non solo la maggioranza degli israeliani, ma anche l´opinione pubblica internazionale. E la decisione che il suo Comitato centrale ha preso la notte scorsa, è la prova irrefutabile di come i settori oltranzisti del mondo politico israeliano si trovino ormai alle corde. Il ritiro da Gaza ha impartito al paese, infatti, una lezione chiarissima. Ha dimostrato che la parte ragionevole e responsabile d´Israele può aver ragione dei messianismi d´una minoranza decisa a non abbandonare un solo pollice della terra di Eretz Israel.
La metamorfosi di Sharon farà discutere ancora a lungo.
Essa è stata infatti così profonda, che non è facile spiegarla.
L´uomo di Sabra e Chatila, il maggiore responsabile della scriteriata politica di colonizzazione dei Territori, l´avversario degli accordi di Oslo, è oggi fermissimo nell´intento di dare ai palestinesi il loro Stato. Com´è potuto accadere? Certo: se si guarda soltanto al personaggio e alla sua storia, la svolta appare inspiegabile. Ma se si colloca la svolta sullo sfondo dell´Israele d´oggi, qualcosa si comincia a capire. Il paese, e non soltanto come in passato i suoi ceti intellettuali, ha infatti compreso che l´occupazione non può durare. Troppo alti sono i costi in vite umane e in termini finanziari, mentre la resistenza dei palestinesi s´è fatta indomabile.
E in più, gran parte degli israeliani hanno finalmente raccolto il monito venuto in questi anni dai loro scrittori, storici e filosofi: finirla con l´occupazione è un imperativo morale, perché imporsi con la forza sul popolo palestinese non ha nulla di morale e può soltanto distruggere i valori su cui è sorto lo Stato ebraico.
Per oltre tre decenni, la società israeliana nel suo complesso non aveva voluto vedere né sentire quel che avveniva nei Territori occupati. Quali abusi gravissimi venissero regolarmente compiuti dai coloni. Le spedizioni che facevano per impedire le raccolte nelle piccole proprietà palestinesi, così da far marcire olive, frutta e verdure sugli alberi o nei campi. Le greggi sgozzate, le prepotenze ai posti di blocco e nei mercati, le acque dirottate. Né a patire l´arroganza dei coloni erano solo i palestinesi. Erano anche le strade d´Israele ad essere ostruite, sparse di copertoni bruciati, ogni volta che i coloni manifestavano per qualche loro rivendicazione: sussidi, nuove costruzioni, altri privilegi.
Quando s´è riscossa dalla sua indifferenza, la società d´Israele s´è resa conto che bisognava invertire la rotta. I sondaggi hanno mostrato che si stava ormai formando una maggioranza favorevole alla fine dell´occupazione. E poiché il mestiere del politico consiste nel cogliere gli umori e le tendenze della società, Ariel Sharon ha capito che una svolta era ormai irrimandabile.
Ha progettato il ritiro da Gaza, lo ha compiuto in modo impeccabile, e ha subito detto che saranno necessarie «altre concessioni». L´avessero lasciato parlare (ma non l´hanno fatto) domenica sera al Comitato centrale del Likud, avrebbe letto dalle cartelle del discorso che aveva preparato, queste parole: «Sì, avevamo un sogno. Ma la realtà è diversa dai sogni. Non è possibile avere uno Stato ebraico e democratico e allo stesso tempo occupare tutta la terra di Eretz Israel. Perché il rischio è quello di perdere tutto».
La metamorfosi di Sharon somiglia così a un ravvedimento, e simboleggia il ravvedimento dell´intero paese. Come mai prima d´ora, la parola è adesso ai palestinesi. Si diceva che non hanno mai perso l´occasione di perdere un´occasione favorevole. Speriamo che stavolta andrà diversamente. Perché se perdessero anche quest´ultima possibilità di dimostrarsi politicamente credibili, sarebbe difficile conservargli la solidarietà con cui in questi decenni sono state guardate le loro sventure.
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