Il Likud sceglie Sharon la cronaca di Fiamma Nirenstein
Testata: La Stampa Data: 27 settembre 2005 Pagina: 8 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Voto al Likud, vince Sharon. Niente elezioni anticipate»
LA STAMPA di martedì 27 settembre 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein sulla vittoria di Ariel Sharon nelle elezioni interne del Likud.
Ecco il testo: È stata la battaglia più aspra che il vecchio leone, Ariel Sharon abbia mai combattuto fuori dai campi di battaglia, ma alla fine ce l'ha fatta anche questa volta: il comitato centrale del Likud, dopo due giorni di urla, sedie lanciate, scontri fisici, e l'odio che si tagliava col coltello ha votato con uno scarto minimo, 1433 membri contro 1329, perché il primo ministro proceda per la sua strada fino alla scadenza naturale del suo mandato come leader del partito. Le elezioni non erano sul nome di Sharon, né su quello dei suoi oppositori, Benjamin Netanyahu e Uzi Landau, ma sull'eventuale decisione di anticipare le primarie. Questo avrebbe significato buttare a mare il leader che ha sgomberato Gaza, che davanti all'Assemblea dell'Onu di qualche giorno fa ha promesso nuove dolorose concessioni in cambio della fine del terrorismo e che tuttavia ha sempre seguitato a dichiararsi un implacabile ed attivo nemico di Hamas, della jihad islamica e di chiunque attenti alla sicurezza degli israeliani. Questa linea era stata furiosamente contestata dai suoi avversari, sull'onda della disperazione dei settler sgomberati da Gaza e di un movimento che ha rabbiosamente insistito sull'idea che Sharon avesse tradito i più profondi principi costitutivi dell'anima del Likud e che ha ritenuto giunto il momento di destituirlo. Sharon fin dal primo momento in cui questo disegno è venuto alla luce ha tenuto le sue carte ben coperte: la domanda che attanagliava il Likud, un partito da lui condotto a una vittoria senza precedenti tre anni fa, era appunto se Sharon pianificasse, nel caso di una sconfitta, un'uscita dal Likud che costituisse un preludio alla formazione di un nuovo partito. E mentre i sondaggi continuavano a suggerire come probabile una vittoria all'interno del partito della destra capeggiata da Netanyahu, d'altra parte mostravano senza pietà che senza Sharon i consensi nel paese, alle prossime elezioni sarebbero crollati da 40 a meno di 15 seggi. Sharon invece con un accordo con i laburisti e con il partito di centro Shinui avrebbe potuto di nuovo ambire a conquistare il potere. Sharon vince di pochi voti, e la misura della crisi estrema del suo partito l'ha fornita la scena poco edificante della turbolenza del Likud, compreso l'episodio per cui il primo ministro che parla ormai ai leader di tutto il mondo e anche, ormai, a tanti raiss dei Paesi arabi non ha potuto spiegarsi, per un boicottaggio ai microfoni, al suo stesso partito. E certamente una dose di buon senso è stata trasfusa a quei cento che hanno determinato la sorte del voto dall'immagine del vecchio capo, confuso e rattristato, costretto a lasciare la sala senza una parola di risposta alle atroci accuse contenute nell'indirizzo di Netayahu. È stato forse il paradosso di quell'immagine a suggerire quanto in generale fosse surreale l'idea di annichilire politicamente proprio oggi un uomo che ha usato tutto il suo coraggio per cercare di trovare una strada nuova con i palestinesi, il primo che ha sgomberato gli insediamenti, che sta oggi a cuore all'amministrazione americana come alla Comunità Europea, che cerca di dare una mano a quella democratizzazione del Medio Oriente che è vista come l'unica via fuori dall'incubo terrorista, e tutto questo senza abbandonare la difesa armata del suo popolo. Netanyahu ha dichiarato che accetta il verdetto democraticamente, ma che il vero test saranno le prossime primarie, e là i suoi sapranno conquistare la vittoria. Ma è ben consapevole del fatto che la sua immagine di leader e anche di personaggio grato agli USA è molto seriamente deteriorata. La strada di Sharon per ora continua, e si vedrà domani come il Primo Ministro saprà dimenticare le offese e porgere una mano agli avversari. La sua figura non è certo unitaria: per il cinquanta per cento del partito egli è un leader di sinistra, che al momento raccoglie solo missili Kassam dalla sua scelta di sgomberare Gaza. Ma l'altro cinquanta per cento è schierato con il grande mondo, che oggi fa il tifo per l'uomo che sa essere un bulldozer di pace come di guerra. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione della Stampa . Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.