L'umanesimo cristiano c'è, quello islamico ancora manca intervista al gesuita egiziano Samir Khalil Samir
Testata: Avvenire Data: 20 settembre 2005 Pagina: 27 Autore: Bernardo Cervellera Titolo: «Islam, accendi i lumi»
AVVENIRE di martedì 20 settembre 2005 pubblica un'intervista di Bernardo Cervellera al gesuita egiziano ed islamologo Samir Khalil Samir.
Ecco il testo: Padre Samir, c'è un incremento del fondamentalismo nel mondo e negli attentati muoiono sempre più civili. «Questo fatto rivela qualcosa che prima era nascosto. Ancora negli anni '60-'70 il terrorismo islamico aveva come scopo primario quello di rovesciare i governi del mondo musulmano considerati falsi, corrotti, occidentalizzati, per creare la società modello che sarebbe quella della sharia. Poi, col tempo, è cominciata una fase in cui il bersaglio è diventato principalmente l'Occidente. Prendiamo l'attentato di Sharm el Sheikh: ve n'era stato un altro nella stessa zona e un terzo nella località turistica di Luxor. Si vuole attaccare l'Egitto nel suo punto sensibile, l'economia e soprattutto il turismo, il quale ha una doppia funzione: da una parte è fonte primaria di entrate di valuta estera e dall'altra crea molta pubblicità, un elemento che i terroristi valorizzano sempre. Anche in Iraq è la stessa cosa: fin dall'inizio negli attentati sono morti 4-5 volte più irakeni che non americani. Perché quello che importa è farsi pubblicità e colpire il governo, qualunque esso sia. Il terrorismo è ormai divenuto un'ideologia cieca, senza principi; cerca solo di prendere il potere a tutti i costi, nell'islam e in tutto il mondo. Noi occidentali ci inganniamo quando definiamo i terroristi come "islamici": certo l'islam appartiene a questo movimento, ma ciò che lo definisce è la conquista del potere, mischiato con un elemento religioso. L'ideologia marxista faceva lo stesso, solo che rifiutava Dio». Il mondo islamico però comincia a ribellarsi: no, questo non è islam. «La reazione del mondo musulmano è un altro fatto da studiare, perché non segue un principio chiaro; se si tratta di se stesso, infatti, il mondo islamico si paralizza e non sa che dire o che fare. Sì, affermano: il terrorismo non è islam, perché l'islam è pace, tolleranza... Ma anche questo non è del tutto vero: l'islam può essere infatti violento. Molti musulmani p rendono le distanze dagli attentati solo per opportunismo politico, perché sono preoccupati dell'islamofobia crescente in Occidente e per proteggere l'islam stesso. Ma non sono andati a fondo in una riflessione sulla legittimità della violenza; insomma, non esistono pacifisti islamici». Occorre che il mondo islamico superi l'istintiva solidarietà coi correligionari in nome di alcuni principi, l'amore alla verità o alla giustizia. «Bisogna condannare anche le proprie devianze. Ma manca il coraggio di farlo. Quando intervengono gli intellettuali musulmani? Quasi mai. Invece bisogna avere il coraggio di dire che, finché politica e religione sono mescolate, questa è la radice della violenza». I ragazzi che hanno compiuto gesti terroristici a Londra sono ragazzi normali, nati in Gran Bretagna... «Ma la loro insoddisfazione - tipica di ogni giovane - ha trovato una risposta immediata nella religione. La religione, nel mondo islamico, è la strada più facile per dare risposte. Di fronte a problemi sociologici, culturali, psicologici, il mondo islamico non ha altra risposta che la quella religiosa. Invece di analizzare un problema dal punto di vista politico e di lottare, magari insieme a cristiani ed atei, per far emergere la giustizia, si dice: lottiamo in nome dell'islam. Per questo occorre riaffermare la laicità dello Stato, che non esiste ancora nel mondo islamico, se non nei musulmani educati nella cultura occidentale. In lingua araba "laicità" spesso si confonde con "ateismo"». Un fatto davvero triste è vedere che i terroristi sono spesso persone di una certa levatura culturale: Zarhawi è medico, altri sono professionisti, ingegneri elettronici… «Hanno cultura scientifica o tecnologica, ma non hanno costruito un legame fra scienza e religione. I musulmani hanno bisogno di un illuminismo e l'illuminismo che mi sentirei di promuovere serve proprio a connettere questi due mondi. L'attacco contro l'Occidente allora potrebbe diventar e solo una critica culturale, un discernimento per capire cosa è buono e cosa è da rifiutare. Invece siamo al massimalismo: prendiamo dall'Occidente la sua tecnologia, però non accettiamo il procedimento che ha portato a quel frutto. Un altro problema è che l'insegnamento islamico è fatto dagli ulema (i dotti). In realtà costoro sono "sapienti" solo in un piccolo campo del sapere: hanno imparato il Corano a memoria, hanno appreso i detti attribuiti a Maometto e centinaia di migliaia di risposte giuridiche di tantissimi imam. Ma non hanno mai studiato matematica, sociologia, psicologia; la storia per loro si limita al mondo islamico; lo studio delle religioni è solo in funzione apologetica se l'islam viene attaccato. É come se i sacerdoti da noi avessero solo studiato la Bibbia e per di più partendo dai commenti antichi». Ma l'illuminismo è un elemento ambiguo, anche anti-religioso… «È chiaro che parliamo di un illuminismo che non rinnega l'elemento religioso. D'altra parte, nella storia, le cose si comprendono anche per opposizione. Così a noi è stato necessario passare attraverso il secolarismo anticlericale per ritrovare un nuovo equilibrio. Purtroppo l'islam ha ancora un potere enorme e rimane oscurantista. Mentre c'è un umanesimo cristiano, riconosciuto anche da atei, non c'è umanesimo islamico. Se non ci arriviamo, la distanza fra mondo moderno e mondo islamico diverrà un abisso». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. 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