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Avvenire Rassegna Stampa
16.09.2005 Un editoriale equilibrato sulla sentenza dell'Alta Corte di Israele sulla barriera difensiva
sul quotidiano cattolico

Testata: Avvenire
Data: 16 settembre 2005
Pagina: 2
Autore: Andrea Lavazza
Titolo: «Il muro è legittimo ma si può ritoccare»
AVVENIRE di mercoledì 16 settembre 2005 pubblica a pagina 2 un equilibrato editoriale di Andrea Lavazza sulla decisione della Corte Suprema israeliana sul tracciato della barriera difensiva.

La decisione della Corte suprema dell'Aja di condannare come illegittima la barriera, citata da Lavazza, non fu motivata soltanto, come lui scrive, dai disagi che essa causa ai palestinesi, ma dall'esplicita negazione del diritto all'autodifesa di Israele, in quanto "potenza occupante".
Un altro appunto può essere fatto ai redattori che a differenza di Lavazza non hanno usato nel titolo le virgolette per il termine impreciso di "muro".

Ecco il testo:

Abbattuta e ricostruita con un diverso tracciato in quella specifica area, perché i residenti vengono isolati. Ma piena legittimità della barriera di sicurezza, in quanto strumento difensivo. La sentenza emessa ieri dalla Corte suprema di Israele ha un doppio livello di lettura, soprattutto dal punto di vista degli appellanti palestinesi. Da una parte potrebbe aprire la strada ad altri ricorsi, per situazioni circoscritte; dall'altra, chiude il discorso sul principio di ammissibilità generale del cosiddetto muro, oltre 600 chilometri di recinzioni e strutture in cemento eretti allo scopo di impedire l'infiltrazione dalla Cisgiordania di estremisti kamikaze nel territorio dello Stato ebraico. L'imponente opera, ancora in costruzione, ha suscitato fin dalla presentazione del progetto una vasta reazione interna e internazionale. Alle ragioni di chi criticava la separazione quasi brutale di due regioni ad alta compenetrazione socio-economica (malgrado la conflittualità e i problemi politici) si è unito l'impatto emotivo legato all'idea di una nuova cortina che sarebbe scesa a dividere e rinfocolare risentimenti, in un mondo che sta invece vedendo cadere tante sbarre e tante catene. I dati di fatto dicono però che in concomitanza con il sorgere della barriera gli attentati suicidi sono diminuiti drasticamente di almeno due terzi. Non una coincidenza, secondo il governo di Gerusalemme. Il «muro» resta comunque una presenza "ingombrante" che, ad esempio, circonda, e taglia fuori su tre lati dal resto della regione, la città di Qalqilya, accessibile attraverso un solo posto di controllo militare. In base a un rapporto Onu, 700mila cittadini arabi ne soffrono gli effetti, dovuti all'impossibilità o all'estrema difficoltà di raggiungere posti di lavoro, campi coltivabili e scuole. Queste considerazioni avevano spinto l'anno scorso l'Alta corte di giustizia dell'Aja a condannare Israele con un verdetto non vincolante, di significato principalmente politico. La Corte suprema i eri ha affermato che quel pronunciamento era falsato dalla mancata considerazione delle necessità di protezione del Paese rispetto al terrorismo. Dopo il ritiro unilaterale da Gaza, tra Gerusalemme e l'Anp il reticolato alto tre metri rimane un elemento di forte tensione. Alle proteste palestinesi, la decisione unanime dei nove alti magistrati risponde con la dialettica dei poteri autonomi di uno Stato pienamente democratico. L'esecutivo non ha ceduto a pressioni esterne, una sentenza giudiziaria lo obbliga a modificare, per ragioni «umanitarie», almeno una piccola parte del tracciato. Forse la Corte suprema, sulla scorta di questo e di un altro precedente, potrà in futuro intervenire per ulteriori situazioni critiche. Solo un passo, certo. Ma che anche per i palestinesi vi sia «un giudice a Berlino» dovrebbe essere tenuto presente dai leader i quali, in questi giorni, avrebbe potuto fare qualcosa per impedire che venissero distrutte le sinagoghe degli insediamenti abbandonati. Infierire sui luoghi di culto, sui primi simboli della religione è sempre un atto grave, che mai aiuta il dialogo e la convivenza. A questo proposito i due rabbini capi, ricevuti ieri mattina in Vaticano, hanno rivolto un appello a Benedetto XVI. Nell'esortazione del Papa affinché religione e pace marcino insieme è indicata la via maestra per curare le ferite del Medio Oriente: «La fede e la sua pratica non possono essere separate dalla difesa dell'immagine di Dio in ogni essere umano». Ovvero, la dignità che si tutela preservando i templi e permettendo alla gente di spostarsi senza vincoli.
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