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La Stampa Rassegna Stampa
16.09.2005 L'Alta Corte di Israele cambia il tracciato della barriera difensiva e ne ribadisce la legittimità
la cronaca di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 16 settembre 2005
Pagina: 8
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «L'Alta Corte israeliana: "Il muro cambia strada"»
LA STAMPA di venerdì 16 settmbre 2005 pubblica a pagina 8 un articolo di Fiamma Nirenstein sulla decisione dell'Alta Corte israeliana che, accogliendo il ricorso di 5 villaggi palestinesi, ha disposto una modifica del tracciato previsto per la barriera difensiva, ribadendone nel contempo la legittimità come difesa dal terrorismo.

Ecco il testo:

Nove giudici del Bagaz, la mitica Alta Corte di Giustizia di Israele, hanno preso ieri all’unanimità una decisione molto coraggiosa verso i palestinesi e aderente tuttavia alle ragioni israeliane, che considerano anche lo stato di guerra in cui Israele è costretto a vivere a causa dal terrorismo: proprio come il discorso di Sharon all’Onu che promette uno Stato ai palestinesi ma pone irrinunciabili condizioni di sicurezza.
Il Bagaz ha ordinato di demolire il recinto di sicurezza intorno alla cittadina di Alphei Menashè, a Sudest della città araba di Kalkilia, e di ricostruirlo invece vicino all’insediamento stesso, o comunque in modo che eviti di procurare danno alla vita dei palestinesi. La decisione viene come risposta alla petizione di cinque villaggi palestinesi che, intrappolati nel recinto insieme a Alphei Menashe, restavano separati dal resto della West Bank e dalle loro aree urbane di riferimento, Kalkilia e Habla, con i relativi servizi, come scuole, ambulatori, banche, uffici. La sentenza spiega che la sicurezza che il recinto provvede non può cancellare il problema delle vite dei palestinesi che vivono nell’area, e che di caso in caso bisogna valutare da una parte il pericolo e dall’altra il rischio per le vite umane. D’altra parte l’Alta Corte dà legittimità piena alla decisione di costruire una recinzione protettiva per gli insediamenti, affermando che a suo tempo l’Alta Corte di Giustizia dell’Aja, sostenendone l’illegittimità e intimando di non intervenire oltre la Linea Verde, non aveva preso in considerazione l’altro fattore cogente oltre al livello di vita dei palestinesi, ovvero il grande pericolo per le vite degli israeliani.
All’Aja era stato stabilito che il recinto, detto comunemente «muro» per le sue parti in cemento che non eccedono il 6 per cento ma sono le più fotografate, era una scelta illegale e doveva quindi essere distrutto. «Quella è stata una decisione molto più politica che non legale perché non costruita sulla considerazione dei fatti, ma basata in gran parte su motivazioni emotive del tutto inadeguate a una sentenza legale», ha spiegato uno dei nove giudici del Bagaz, Michael Heshin.
Mentre non è la prima volta che l’Alta Corte prende decisioni importanti sul «muro» e lo costringe a cambiare strada, non aveva invece mai affrontato direttamente la decisione dei giudici scelti dall’Onu. Il giudice Aharon Barak, un’autorità mondiale, stimato da destra e da sinistra, stilando personalmente il giudizio, ha scritto che anche se la decisione dell’Aja fu presa senza che fossero state presentate nel processo le basi probanti delle necessità per la sicurezza di Israele (anche se di fronte all’aula sfilarono invano le famiglie degli assassinati dal terrorismo, inalberando i loro ritratti) pure le si deve attribuire peso legale. Adesso quindi il Bagaz si cura dei due aspetti, quello umanitario ma anche quello di prevenzione del terrorismo, e considera il fatto che la costruzione del recinto ha fatto diminuire verticalmente il numero delle vittime degli attentati; ma allo stesso tempo stabilisce precedenti legali di cui tutta la costruzione del recinto dovrà tenere conto nel prossimo futuro, dato che si spera di completarlo in un anno. Pezzo per pezzo, dovrà essere riconsiderato con attenzione e dove è necessario, si dovrà procedere anche a ricostruirlo su percorsi diversi: e non sono poche le zone in questione. Gerusalemme è una di queste.
«La distruzione di parte del recinto metterà in pericolo la vita di tante persone», commenta preoccupato il vice ministro Zeev Boim, mentre invece la sinistra esulta. Israele cammina in questo momento sul filo del rasoio e probabilmente segna la strada per le prossime tappe della guerra al terrorismo: ricerca strenua del rispetto dei diritti umani fino al punto in cui non si lascia passare il terrorismo, che li viola tutti.
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