Sharon all'Onu, quotidiano comunista in lutto e Michele Giorgio sfodera tutto l'armamentario della propaganda
Testata: Il Manifesto Data: 15 settembre 2005 Pagina: 4 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Sharon: chiamatemi»
Il viaggio di Sharon a New York e il suo discorso alle Nazioni Unite non sono una buona cosa per chi vorrebbe Israele sempre nei panni di paria della comunità internazionale. IL MANIFESTO è in lutto, Michele Giorgio si straccia le vesti nell'articolo "Sharon chiamatemi colomba" che non tralascia deboli affondi polemici; l'"occupazione" non è finita, Israele continua a costruire in Cisgiordania (in zone che tutte le ipotesi di accordo finale hanno sempre assegnato a Israele), Israele vuole "mantenere il controllo del confine tra la Striscia e l'Egitto (in realtà il controllo di tale confine è ora egiziano) e, non poteva mancare, Sharon è "tristemente famoso nel mondo" per la strage di Sabra e Shatila (più che altro, per le menzogne che la propaganda ha costruito su di essa, attribuendogliene la responsabilità.
Ecco il testo: È il grande giorno di Ariel Sharon. A poche ore dall'anniversario della strage di Sabra e Shatila (Beirut, 16-18 settembre 1982) che lo rese tristemente famoso nel mondo e che lo vide finire sotto inchiesta in Israele (ma non a livello internazionale), il premier israeliano parlerà di fronte all'Assemblea Generale delle Nazioni unite per essere consacrato «eroe della pace» da parte della Comunità internazionale. Il completamento del ritiro da Gaza non poteva giungere in giorni più indicati di questi, in cui il sostegno a Israele è enorme. I giornali israeliani ieri riferivano di un trionfo per il capo del governo, accolto con calore a New York dai capi di stato e di governo di mezzo mondo, nonostante abbia restituito ai palestinesi un lembo di terra di appena 370 kmq e continui a voler mantenere il controllo del transito tra Gaza e l'Egitto, ovvero le «chiavi» che aprono e chiudono la Striscia. Poco importa al mondo che il primo ministro israeliano, all'indomani del completamento del ritiro da Gaza, si sia impegnato a costruire nuovi insediamenti colonici in Cisgiordania, in aperta violazione non solo delle convenzioni internazionali ma anche della Road Map, il piano di pace del Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu). Parlando con i giornalisti in volo per New York, il premier ha ribadito: «Costruiremo fino a che ne avremo bisogno», quindi anche contro l'eventuale opposizione degli Stati uniti. Ma la morbida contrarietà espressa dal presidente George Bush, lo scorso aprile, all'espansione delle colonie, è destinata ad affievolirsi e a scomparire in questo clima di grande comprensione per «l'enorme sacrificio» fatto da Israele a Gaza. Anzi la palla, pesante come un masso, è ora ferma nella metà campo palestinese. Bush, incontrando ieri Sharon dopo aver pronunciato il suo discorso all'Assemblea Generale, ha intimato ai palestinesi di «darsi un governo che sia in pace con Israele».
S'è persino detto «ispirato dalla coraggiosa decisione di Sharon di dare una possibilità alla pace». «So che è stato difficile attuarla e ammiro il suo coraggio primo ministro Sharon. Adesso, si tratta di realizzare la Road Map». Per Bush, «è ora che i palestinesi trovino l'unità e si diano un governo che sia in pace con Israele». I quotidiani israeliani hanno pubblicato ieri anticipazioni dei contenuti del discorso che il premier leggerà oggi alle Nazioni unite. Sharon punterà molto sul legame tra il popolo ebraico e la biblica «Terra di Israele», che include anche i territori palestinesi di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est. Facendo apparire il ritiro da Gaza una rinuncia di proporzioni eccezionali, anticiperà indirettamente la sua intenzione di conservare il controllo di un'ampia porzione della Cisgiordania, se e quando arriverà ad un'intesa con i palestinesi o, più probabilmente, elaborerà un nuovo piano di «disimpegno». Il premier israeliano dirà che a questo punto «spetta ai palestinesi» fare gesti concreti per favorire la pace, visto che Israele ha già fatto la sua parte, e chiederà il disarmo dei gruppi dell'Intifada prima di una possibile, ma non certa, ripresa di negoziati. Il suo scopo, hanno spiegato alcuni analisti israeliani, è quello di ottenere non tanto il riconoscimento dell'Onu della fine dell'occupazione di Gaza - impossibile visto che Israele vuole mantenere il controllo del confine tra la Striscia e l'Egitto - quanto invece della fine di ogni responsabilità verso i palestinesi di Gaza che dovranno ora procedere con le loro gambe.
Sharon completerà il suo successo diplomatico incontrando leader di tutto il mondo, da Tony Blair a Vladimir Putin, e forse anche l'emiro del Qatar, Hamad Bin Khalifa, confermando l'avvicinamento tra Israele e alcuni paesi arabi dell'area del Golfo. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a dare il proprio giudizio su quanto scritto dal quotidiano napoletano. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata e spedita.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita