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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.09.2005 Come nacque la "questione palestinese"
Davide Frattini ricorda un pezzo di storia dimenticato

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 settembre 2005
Pagina: 13
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Quando i palestinesi non esistevano I vent'anni di occupazione araba»
IL CORRIERE DELLA SERA di mercoledì 14 settembre 2005 pubblica un articolo di Davide Frattini sulla storia di Cisgiordania e Gaza dal 1949 al 1967, quando l'occupazione era araba e non esistevano rivendicazioni nazionali palestinesi.

Ecco il testo:

Mohammed Dahlan porta sempre nella tasca dei suoi completi blu una vecchia mappa del 1949: un tracciato rosso abbraccia quella che è più o meno la Striscia di Gaza appena evacuata. E’ la linea del cessate il fuoco stabilita con l’accordo di Rodi ed è il confine che il ministro per gli Affari sociali vorrebbe far rispettare oggi agli israeliani, perché proverebbe che il piccolo villaggio di Nativ Haasara è costruito su terra palestinese.
Una manovra diplomatica che il quotidiano liberal Haaretz definisce «un pretesto per dimostrare che l’occupazione continua». E che Martin Peretz usa per ricordare che i palestinesi, e molti in Europa e negli Stati Uniti, non ricordano abbastanza. «I palestinesi non presero mai parte ai negoziati per l’armistizio. L’intesa riguardava Egitto, Siria, Giordania, Libano: le nazioni arabe che attaccarono Israele dopo la nascita dello Stato ebraico. I palestinesi allora non si chiamavano neppure così e non hanno mai rappresentato se stessi ai tavoli delle trattative. Si è sempre parlato di conflitto arabo-israeliano».
Peretz, dal 1974 editore e direttore del settimanale della sinistra americana The New Republic , è appena tornato da un lungo periodo a Gerusalemme. Ha voluto aprire la serie di reportage sul ritiro, polemizzando con «la mancanza di memoria del New York Ti mes »: «In un editoriale ha cancellato 18 anni di controllo egiziano su Gaza . Come se tutta la storia del Medio Oriente cominciasse con la Guerra dei Sei giorni e la presenza militare israeliana nella Striscia e in Cisgiordania. Gaza è stata una prigione. Sotto gli egiziani».
Dennis Ross, alla guida dei mediatori americani tra il 1993 e il 2000, descrive nel suo libro The Missing Peace una riunione tra cristiani e musulmani a Jaffa nel maggio 1919: «L’assemblea chiede che venga bloccata l’immigrazione ebraica e sollecita la formazione di un governo a maggioranza araba. Non pretende la nascita di una Palestina indipendente, al contrario la risoluzione dichiara che la Palestina è parte della Siria e che il governo deve avere "un’autonomia all’interno della Grande Siria sotto il principe Feisal"». Trent’anni dopo la stessa idea è rievocata da Ahmed Shuqeiri, inviato di Damasco, davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: «E’ risaputo che la Palestina non è nient’altro che il Sud della Siria».
Anche il giovane Yasser Arafat scopre nel 1948 che la Palestina e i palestinesi non esistono per i leader arabi, quando gli egiziani gli requisiscono il fucile: era partito dal Cairo per andare a combattere nella Striscia, gli fanno capire che non hanno bisogno dei suoi guerriglieri. «I comandanti erano sospettosi verso questi volontari - spiega Danny Rubinstein, che ha scritto una biografia del raìs - . Per anni, dopo la sconfitta del ’48, se chiedevi ad Arafat che cosa avesse causato la tragedia palestinese, rispondeva "il tradimento degli arabi"».
Con l’armistizio di Rodi, gli egiziani mantengono il controllo di Gaza e Amman quello della Cisgiordania. «Le condizioni di vita erano molto diverse - continua Rubinstein -. La Striscia era poverissima, la gente viveva di pesca e coltivazioni di arance. Il Cairo stabilì un governo militare, senza dare la cittadinanza e lasciando la gestione alle Nazioni Unite, dalla distribuzione del cibo all’educazione. Con l’afflusso dei profughi da Israele, la sovrappopolazione diventa il problema più grande». Chi vive nella Striscia traffica in sigarette, droga, pezzi d’auto: arrivano via mare e vengono contrabbandati verso l’Egitto. «Re Abdallah teme e combatte il nazionalismo palestinese, ma almeno garantisce agli abitanti della Cisgiordania - spiega Rubinstein - la cittadinanza. Stabilisce che metà dei parlamentari e dei ministri del governo debbano essere palestinesi».
«Questa ideologia pan-araba - ha commentato lo storico Michael Oren alla rivista Atlantic Monthly - è la vera vittima della Guerra dei Sei giorni. Dopo la vittoria di Moshe Dayan, si passò da un conflitto fra Stati a un confronto tra isrealiani e palestinesi. Fino ad allora l’Olp era un’organizzazione fantoccio nelle mani di Gamal Nasser. Non è un caso che Arafat ne abbia preso il controllo dopo il 1967 e sia emerso come l’unico rappresentante del popolo palestinese. Gli israeliani diventano gli occupanti per la comunità internazionale e la causa palestinese finisce sotto i riflettori».
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