L'ennesimo pretesto dell'Anp ripreso dal quotidiano comunista insieme alle consuete accuse di sopraffazione, per la richiesta di combattere il terrorismo
Testata: Il Manifesto Data: 08 settembre 2005 Pagina: 7 Autore: Michelangelo Cocco Titolo: «Gaza, assassinato il cugino di Arafat»
IL MANIFESTO di giovedì 8 settembre 2005 pubblica a pagina 7 un articolo di Michelangelo Cocco, "Gaza, assassinato il cugino di Arafat". Cocco scrive del "tentativo (sponsorizzato da Israele Stati Uniti) di costringere il presidente palestinese a disarmare le milizie". In realtà, disarmare le "milizie" 8 igruppi terroristici) sarebbe nell'ovvio interesse dell'Autorità nazionale palestinese, come dimostra, tra gli altri, l'episodio dell'omicidio di Moussa. Ma per il quotidiano comunista qualsiasi richiesta di Israele e degli Usa, anche quella di combattere il terrorismo e la stessa anarchia armata che rende impossibile la costruzione di uno Stato palestinese, è una sopraffazione e un incitamento alla guerra civile.
La conclusione dell'articolo accenna a varie questioni che "resteranno aperte" dopo il completo ritiro dei soldati israeliani da Gaza, tra cui "la questione del valico di Erez - costruito all'interno di Gaza e che i palestinesi vorrebbero spostare all'esterno". Il valico di Erez, in realtà, non si trova all'interno della Striscia di Gaza. E' l'Autorità nazionale palestinese che, subito dopo la fine dello sgombero delle colonie, ha iniziato a sostenere questa tesi infondata, rifacendosi ai confini armistiziali successivi alla guerra del 48, subito modificati attraverso uno scambio di territori arrivando a nuovi confini rimasti in vigore fino al 1967(vedi l'articolo "L'ennesimo pretesto" pubblicato il 7-09-05 sul sito Israele.net). L'Anp, in altri termini, ha solo trovato un pretesto per continuare a rivendicare terre "occupate" da Israele. Il quotidiano comunista, ovviamente, rilancia immediatamente questa posizione propagandistica, tacendo rilevanti informazioni ai suoi lettori.
Ecco il testo: Mezz'ora di combattimento a colpi di kalashnikov e lanciarazzi rpg, le guardie del corpo dell'ex capo della sicurezza palestinese sopraffatte dal fuoco di decine di miliziani, il 65enne cugino del raìs scomparso l'11 novembre scorso trascinato in strada nel centro di Gaza e ucciso con decine di proiettili sotto gli occhi dei familiari. Così all'alba di ieri è stato assassinato Moussa Arafat: un'esecuzione, rivendicata dai Comitati di resistenza popolare, che rappresenta uno dei colpi più duri assestati dall'inizio della seconda intifada all'Autorità nazionale palestinese, a pochi giorni dal ritiro dei soldati israeliani dalla Striscia. «Abbiamo applicato la legge divina», ha dichiarato all'Associated press Mohammed Abdel Al, portavoce dei Comitati, una formazione nata con l'intifada di al Aqsa (settembre 2000) e composta principalmente da ex membri di al Fatah. Gli uomini armati che hanno prelevato Arafat dal suo letto, prima di assassinarlo gli hanno gridato «sei un corrotto!» e presunti episodi di corruzione sono stati citati anche dal portavoce del gruppo nella rivendicazione. Il figlio di Moussa Arafat, Manhal, è stato rapito dagli stessi uomini che hanno ucciso il padre, i quali hanno fatto sapere che lo interrogheranno e giudicheranno. Generale ed esponente della vecchia guardia del Fatah (il principale partito dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina), Moussa Arafat era un personaggio molto discusso tra i palestinesi. Se molti degli esuli tornati in patria con Abu Ammar nel 1994 sono giudicati corrotti, lui della corruzione era considerato il simbolo.
Nel 1996, durante la repressione ordinata dal presidente palestinese contro la campagna di attentati suicidi di Hamas in Israele, si recò personalmente nelle prigioni palestinesi a tagliare barba e capelli ai prigionieri, un vero e proprio oltraggio per gli islamisti. Quando nel 2004 Yasser Arafat lo nominò capo della sicurezza di Cisgiordania e Gaza, le Brigate dei martiri di Al Aqsa insorsero - l'accusa era sempre quellla di corruzione - e costrinsero Abu Ammar a declassarlo a capo dell'intelligence militare della Striscia. A Gaza però la sua nomina fu accolta da manifestazioni di massa che ne chiesero la destituzione. In quello stesso anno già provarono ad ucciderlo con un'autobomba: da allora viveva iperprotetto da decine di guardie del corpo.
Qualche mese fa Abu Mazen gli aveva tolto l'incarico di capo dei servizi di sicurezza, degradandolo al ruolo di consigliere. Da allora era diventato un bersaglio più facile per chi (sostengono molte fonti palestinesi), dichiarando «abbiamo giustiziato un corrotto», vuole in realtà rivendicare fette di potere nell'imminenza del completo sgombero delle colonie e resistere al tentativo (sponsorizzato da Israele e dagli Stati uniti) di costringere il presidente palestinese a disarmare le milizie.
«Si tratta di un incidente deplorevole e pericoloso che non promette nulla di buono per il ritiro. Il presidente, il governo e le forze di sicurezza sono determinati a punire i colpevoli», ha dichiarato Abdallah al Ifranji, portavoce di Abu Mazen, mentre il ministro dell'interno, Nasser Yousef, poneva in stato di massima allerta le forze di sicurezza e il raìs convocava una riunione d'emergenza del governo. Gli israeliani accusano l'Anp d'inettitudine. «Abu Mazen deve svegliarsi e prendere la decisione di requisire le armi e smantellare i gruppi terroristici», ha detto il ministro degli esteri Silvan Shalom. Per il vicepremier Shimon Peres «l'Anp deve porre fine all'anarchia a Gaza». Il governo Sharon potrebbe essere tentato di strumentalizzare episodi come l'omicidio di Arafat. Proprio ieri il ministro della difesa ha annunciato che, dopo 38 anni di occupazione, le truppe di Tel Aviv inizieranno a lasciare la striscia di Gaza lunedì prossimo e completeranno il ritiro in quattro giorni. L'ultima parola la dirà domenica l'esecutivo.
Dopo l'ultimo sì di Sharon e il dietrofront dei soldati, molte questioni resteranno ancora da risolvere per la striscia di terra occupata dagli israeliani dopo la guerra del 1967: l'utilizzo dello spazio aereo, del mare, la questione del valico di Erez - costruito all'interno di Gaza e che i palestinesi vorrebbero spostare all'esterno -, solo per fare alcuni esempi. Tutti problemi la cui soluzione, però, potrebbe essere rinviata all'infinito, perché «a Gaza regna l'anarchia». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a dare il proprio giudizio su quanto scritto dal quotidiano napoletano. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata e spedita.