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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.09.2005 Intervista a Ehud Barak
ex premier laburista israeliano

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 settembre 2005
Pagina: 14
Autore: Davide Frattini - un giornalista
Titolo: «Bravo Sharon, a Gaza è riuscito dove io falii - Una filiale di al Qaeda nella striscia - Congelati i conti Anp in America»
Il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 1 settembre 2005 pubblica a pagina 14 un colloquio di Davide Frattini con l'ex premier israeliano Ehud Barak.

Ecco il testo:

I numeri. La precisione. Mettere ordine dove c'è il caos. Calcolare e prevedere. Ehud Barak ripete di sentirsi un professore di matematica mancato, anche adesso che giocare con le cifre l'ha reso straricco (130 mila dollari al mese, stime di Haaretz nel 2003, tra consulenze, investimenti, partite in Borsa). Sorride autocompiaciuto, sa che se avesse scommesso sulla durata dello sgombero da Gaza avrebbe vinto. Quando ancora tutti parlavano di tre mesi — se fosse andata bene — l'ex premier laburista aveva deciso di incontrare il ministro della Difesa Shaul Mofaz e l'allora capo di Stato Maggiore Moshe Yaalon. «Non può andare avanti più di quattro o cinque giorni, ho detto. Se per l'inizio dello sabbath non è chiaro al mondo, agli israeliani e ai coloni che le operazioni sono sostanzialmente completate, con solo qualche sacca di resistenza, l'evacuazione rischia di trasformarsi in una tragedia». Aveva ricordato che quanto a ritiri unilaterali i suoi suggerimenti potevano servire, lui dal Libano se n'era andato in una notte.
«Hanno seguito i miei consigli, ma nessuno qui sembra accorgersene. Dimenticano anche che Sharon ha realizzato parzialmente il mio progetto: lasciare la Striscia senza negoziati e costruire una barriera di sicurezza lungo i confini che erano sul tavolo a Camp David». Al leader della destra, che lo ha sconfitto alle elezioni del febbraio 2001, riconosce di aver avuto coraggio. «Ha realizzato quello che io non sono riuscito a fare: non ho potuto convincere il mio partito, lui è andato avanti senza preoccuparsi di avere tutti con lui. E' un merito che nessuno può togliergli. Quando ha capito che la sua strategia non stava funzionando, ha avuto la forza di cambiare. C'è solo arrivato troppo tardi e dopo troppe tombe». Barak è stato anche il primo a proclamare che dall'altra parte non c'era un partner, che con Yasser Arafat non si poteva dialogare. «La sinistra era convinta che si dovesse parlare con il raís, trattare sembrava la strada giusta, la parola unilaterale era bandita. Avrei avuto un solo modo per annientare quest'illusione: rendere pubblici i miei dubbi e sospetti su di lui. Avrebbero detto che stavo manipolando la realtà».
L'ufficio di Barak è al ventesimo piano della Millennium Tower a Tel Aviv. All'ingresso ristoranti modaioli come il Messa (è frequentato dai calciatori dell'Hapoel), in cima una vista senza intoppi fino al mare. Qui l'ex premier tiene tutte le bozze dei suoi discorsi. Se vuole rileggere la commemorazione composta per la morte del padre, chiede all'assistente che venga trovato l'originale scritto a mano. «Solo in questo modo, con la mia calligrafia, recupero pienamente le emozioni e la forza delle parole». Ma non è qui che viene per pensare. «Ho bisogno della solitudine, di non essere distratto, il cellulare non deve squillare in continuazione. Negli ultimi anni ho capito che vedere gente, passare da un incontro all'altro non è fondamentale. Bisogna rimanere soli per riflettere e prendere le decisioni ».
Barak ricorda una sola sbronza colossale, la prima e l'ultima, dopo un'operazione con i suoi uomini della Sayeret Matkal, l'élite dell'élite tra le forze speciali israeliane. «Tornato sobrio, mi sono detto "mai più". Forse è una mia debolezza, ho bisogno di sentirmi in controllo, equilibrato, è la condizione più sana». Sulla scrivania le foto dei nipotini, sta aspettando che il più grande cresca (ha quasi quattro anni) per cominciare a insegnargli la matematica. «Sono affascinato quando i bambini sviluppano il concetto dei numeri, quando il mondo assume un ordine attraverso le cifre».
Se la mamma ti dà due caramelle e papà una, quante ne hai da mangiare? Se il Likud si spacca e Sharon fonda un nuovo partito, quanti seggi possono conquistare i laburisti? Sono questi i numeri che sta trattando in queste settimane. E' convinto che la sfida tra Benjamin Netanyahu e il primo ministro polverizzerà la destra, un'occasione che il Labour non può perdere. «E' per questo che ho lanciato un appello agli altri candidati alle primarie: rinunciamo alla corsa, uniamo il partito attorno a Shimon Peres e vinciamo le elezioni. Se invece tutti restano in gara, competerò per la leadership, anche se credo che questo non sia il mio momento».
Il quotidiano liberal Haaretz si è chiesto perché Barak, 63 anni, voglia insistere con la politica. «Il suo ufficio è pieno di foto con i grandi e potenti del mondo — ha scritto Aluf Benn —, da quando si è ritirato ha guadagnato un sacco di soldi, è tornato al suo amore di gioventù e si è fatto rimuovere un neo dal naso». Lui non ci pensa e liquida con una battuta la proposta — «Sharon guidi la sinistra» — di due parlamentari laburisti. «Mi sono detto: va a finire che alle primarie sfiderò Ariel invece di Shimon».
Prova a calcolare quanti deputati potrebbe ottenere un partito fondato dal premier. «All'inizio i sondaggi gli daranno 20 seggi, finirà con 6-7. In Israele è sempre andata così, anche a David Ben-Gurion: le nuove formazioni di centro sembrano destinate al trionfo, poi si assestano molto più in basso». Giudica un'illusione quello che gli analisti hanno battezzato il «Big Bang», un'alleanza tra i veterani Sharon-Peres-Lapid. «Sharon con Peres perde la destra moderata, Sharon con Lapid perde i religiosi moderati. A lui conviene costruire una nuova squadra, un Likud-bis, combattere per l'autenticità del marchio assieme ai ministri rimasti fedeli e ad altri nomi presi fuori dalla politica». A quel punto la porta resta aperta al vecchio nemico per una coalizione: «Dopo le elezioni, potremmo formare assieme un governo». Per sé pensa a una poltrona da ministro.
Sempre a pagina 14 un breve articolo su un allarme dell'intelligence: "Una filiale di al Qaeda nella striscia".

Ecco il testo:

La rete terroristica di Al Qaeda avrebbe istituito una vera a propria filiale nella Striscia di Gaza. Debka, pubblicazione israeliana online specializzata in intelligence, cita un video apparso nelle scorse settimane sui siti utilizzati in passato dall'organizzazione di Osama Bin Laden per rivendicare alcuni attentati, tra cui quello di Madrid dell'11 marzo.
La nuova cellula, che si chiamerebbe Al Qaeda-Palestina-Brigate del Jihad nella terra di confine, starebbe preparando attentati contro Israele. Nel video alcuni palestinesi annunciano che l'organizzazione sarebbe pronta a lanciare nuovi attacchi e rivendicano il lancio di razzi contro gli insediamenti di Neve Dekalim e Ganei Tal nella Striscia.
L'intelligence, tra le ipotesi, crede che uomini di Al Qaeda si siano infiltrati a Gaza attraverso il Sinai settentrionale e abbiano creato una nuova organizzazione basata su branche di Hamas o della Jihad islamica.
Infine, l'articolo "Congelati i conti Anp in America" :
Un giudice americano ha bloccato i beni dell'Autorità Palestinese negli Stati Uniti su richiesta di un avvocato del Rhode Island che sta cercando di incassare una condanna al pagamento di 116 milioni di dollari in una causa per terrorismo.
La decisione del giudice coinvolge un fondo di investimento da 1,3 miliardi di dollari e i conti bancari usati per pagare i rappresentanti palestinesi negli Usa, oltre a circa 30 milioni di dollari di beni dell'Autorità Monetaria Palestinese, l'equivalente palestinese della Federal Reserve.
L'azione legale è stata iniziata dall'avvocato David Strachman per conto dei figli minorenni dell'americano Yaron Ungar e di sua moglie Efrat, uccisi in Israele nel 1996 da militanti di Hamas. Gli avvocati dei bambini hanno in corso un'altra azione per ottenere il sequestro e l'ingiunzione alla vendita del palazzo di New York che ospita la missione dell'Anp all'Onu.
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