La presenza ebraica ad Hebron per Stabile è una follia lo scrive in quella che dovrebbe essere una cronaca e diviene invece un fazioso commento
Testata: La Repubblica Data: 30 agosto 2005 Pagina: 21 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Israele, il ritiro sfiora Hebron città simbolo dei coloni irriducibili»
LA REPUBBLICA di martedì 30 agosto 2005 pubblica a pagina 21 un articolo di Alberto Stabile sulla probabile evacuazione degli ebrei da Hebron. Stabile non ha dubbi sul fatto che la presenza degli ebrei in città sia assolutamente irragionevole e non si chiede nemmeno per un momento se a dover essere stigmatizzata non sia innanzitutto la violenza che li assedia e che finisce per danneggiare anche i palestinesi. Il suo articolo, più che una cronaca, risulta così un editoriale, privo di argomentazioni, sulla presunta necesità che la presenza ebraica a Hebron abbia fine.
Ecco il testo: HEBRON - In futuro Israele potrebbe abbandonare altri insediamenti in Cisgiordania, oltre ai quattro appena evacuati a margine del ritiro dalla Striscia di Gaza. Ad annunciarlo - pur senza fornire alcun dettaglio - è stato ieri Ariel Sharon, nel corso di un´intervista a una tv privata israeliana. Ma ad agitare gli animi è la prospettiva di un´altra evacuazione: minuscola in termini numerici, ma molto significativa sul terreno simbolico. Se c´è un luogo nei Territori occupati in cui la strategia del disengagement, o dello svincolarsi dal conflitto coi palestinesi, è sempre apparsa come un´esigenza vitale, questo è l´antico centro di Hebron. A Hebron, infatti, una popolazione ebraica di 500-600 persone vive circondata da 150 mila arabi in un bunker a cielo aperto dove l´illusione della libertà è garantita da mille e cinquecento soldati. Ma appena si parla di evacuare appena una dozzina di famiglie, ecco i coloni scendere sul piede di guerra. Maariv, che ha tirato fuori la notizia, ha volutamente esagerato nella titolazione: «E adesso l´evacuazione degli ebrei da Hebron», ha scritto il giornale, come a voler creare un nesso, per ora arbitrario, tra il ritiro da Gaza appena concluso e un eventuale ritiro dalla West Bank ancora tutto da vedere. E che ritiro. Perché Hebron è una delle quattro città sacre all´ebraismo (le altre tre sono Gerusalemme, Tiberiade e Safed), con la sua grotta di Machpelà, dove la tradizione biblica sostiene si trovino le tombe dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe e delle loro spose, Sara, Rebecca, Leah e Rachele. Hebron, insomma, non è Gaza, che i testi sacri, a parte l´avventura di Sansone, non menzionano. A Hebron una presenza ebraica c´è sempre stata, almeno fino all´autunno del ‘29, quando, in seguito ad un sanguinoso pogrom condotto dagli arabi, che provocò 70 morti e decine di feriti, gli ebrei abbandonarono la città. Il punto è che Hebron, Al Khalil per i palestinesi, è un luogo denso di significati religiosi anche per i musulmani. Vista dai palestinesi, la Grotta di Machpelà, non è altro che la Moschea di Abramo, il profeta che anche l´Islam venera e riconosce come tale. Un luogo, dunque, a loro non meno sacro. Non a caso, nel febbraio del 94, nel tentativo di fermare il processo di pace, il terrorista suicida Baruch Goldestien fece una strage tra i fedeli musulmani che pregavano nella Moschea di Abramo, uccidendo 29 persone prima di essere sopraffatto dagli altri. A Hebron, in sostanza, è sempre intifada. In tempi di processo di pace, ci vollero anni di negoziato e uno speciale protocollo perché gli israeliani accettassero, nel gennaio del ‘97, di ritirarsi dall´80 per cento della città, mantenendo il controllo sul restante 20, indicato nelle mappe come l´area H2. Questa zona, H2, consiste dell´antico centro ottomano cresciuto intorno all´edificio che ospita la Grotta-Moschea e del vecchio suk. E proprio l´area del mercato potrebbe presto essere evacuata. La vicenda risale al 2001, all´inizio della seconda Intifada, quando una bambina ebrea di un anno venne uccisa da un cecchino palestinese. In seguito a quell´attentato, non potendo garantire la sicurezza dei coloni, l´esercito decise di chiudere il vecchio mercato all´ingrosso, e non importa quanti commercianti sarebbero finiti sul lastrico. Se non che, poco alla volta, approfittando dell´assenza dei proprietari, cui era stata ordinato di chiudere bottega, tredici famiglie di coloni si impossessarono di negozi e magazzini, e di un annesso giardino, per farci le loro case. L´abuso era talmente evidente che, tre anni fa, su consiglio di un coraggioso avvocato israeliano, Shlomo Lecker, i commercianti della zona e un´associazione israeliana per i diritti umani, presentarono un´istanza all´Alta Corte. Anticipando il giudizio della Corte, l´Avvocatura dello Stato annunciò che esisteva un piano per riaprire il mercato, previa evacuazione della zona, senza tuttavia porre una data. Ora, ha rivelato Maariv, la possibile evacuazione delle famiglie installatesi illegalmente nel vecchio mercato di Hebron è stata discussa ai più alti livelli militari. Un progetto che il portavoce dei coloni, Noam Arnon, ha bollato come «un´idea folle». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.