sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Manifesto Rassegna Stampa
28.08.2005 Il problema non erano gli insediamenti, è la pretesa di Israele di difendersi dal terrorismo
dopo lo sgombero delle colonie il quotidiano comunista getta la maschera

Testata: Il Manifesto
Data: 28 agosto 2005
Pagina: 3
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Dopo il ritiro Gaza resta chiusa nella morsa di Israele»
IL MANIFESTO di domenica 28 agosto 2005 pubblica a pagina 3 un articolo di Michele Giorgio nel quale si sostiene che dopo lo sgombero delle colonie Gaza resterà una "prigione" controllata da Israele.
Per Giorgio e per il quotidiano comunista, nonostante le cortine fumogene della propaganda, il problema non sono mai stati gli insediamenti: ogni forma di difesa dal terrorismo è illegittima. Così le frontiere di Gaza dovrebbero essere passaggi incontrollabili per armi e per terroristi, o al limite, dovrebbero essere controlate... dall'Unione europea, con quale affidabilità per Israele è facile immaginare.

Ecco l'articolo:

Aveva visto giusto lo scorso 8 agosto il
ministro degli esteri palestinese, Nasser
Al-Qidwa, che aveva smentito la fine
dell'occupazione israeliana di Gaza
dopo lo sgombero delle colonie. «Gli
israeliani lasceranno Gaza, ma manterranno
il controllo sullo spazio aereo,
sulle acque territoriali e soprattutto sui
confini. Perciò, imovimenti della gente
e i contatti con l'estero saranno sempre
controllati» - aveva affermato - «è
vero che l'Anp sarà responsabile dei
cittadini della striscia di Gaza, ma non
avrà una sovranità piena».
Previsioni che hanno trovato conferma
giovedì scorso quando una commissione
interministeriale israeliana
ha stabilito che Tel Aviv conservi il
controllo di sicurezza alla frontiera tra
la striscia di Gaza e l'Egitto, dopo il ritiro
dell'esercito. «Siamo convinti della
necessità che Gaza sia aperta verso l'esterno,
ma non accetteremo mai che si
trasformi in un arsenale per il terrorismo
», ha dichiarato un alto funzionario
governativo. Oggi invece il governo
Sharon voterà l'accordo per l'impiego
dei 750 soldati egiziani che pattuglieranno
il famoso «Asse Filadelfi» per
impedire il traffico di armi tra l'Egitto e
Gaza. Il governo israeliano insiste affinché l'attuale dogana di Rafah sia
spostata più a sud, a Kerem Shalom,
dove si incontrano i territori di Egitto,
Gaza e Israele. In questo modo Tel
Aviv manterrebbe un controllo di sicurezza
sulle persone che faranno ingresso
nella striscia e un controllo doganale
sui prodotti che entreranno in Israele.
Se i palestinesi non accetteranno, il
governo Sharon minaccia di sospendere
l'accordo con l'Anp che prevede il
trasferimento ai palestinesi dell'intero
importo delle tariffe doganali per le
merci in transito. È evidente che, con
questa soluzione, Gaza rimarrebbe un
territorio ancora controllato da Israele
pur non avendo al suo interno soldati
e coloni.
La liberazione del valico di frontiera
di Rafah è fondamentale per i palestinesi.
Questo punto del confine con l'Egitto
infatti rappresenta l'unica via di
comunicazione tra Gaza e il mondo
esterno, visto che Israele manterrà il
controllo sui 40 km di costa di Gaza e
sul suo spazio aereo. Gaza rischia di
trasformarsi in una «prigione a cielo
aperto», ha commentato il ministro
dell'economia Mazen Sinokrot,mentre
la comunità internazionale si è convinta
che lo sgombero delle colonie ebraiche
abbia messo fine all'occupazione.
L'Anp chiede perciò piena libertà di
circolazione delle persone e delle merci
attraverso la dogana di Rafah, senza alcuna
ingerenza da parte di Israele che
al momento consente da e verso l'Egitto
il transito di 700 persone al giorno.
Spesso, per presunte ragioni di sicurezza,
la frontiera è chiusa e i centri per i
diritti umani hanno ripetutamente denunciato
i disagi che ciò comporta per
centinaia di civili, tra cui numerose
persone che si recano in Egitto per sottoporsi
a cure mediche. «Libertà significa
poter uscire e rientrare da Gaza
tutte le volte che vogliamo e poter
commerciare senza ostacoli con l'Egitto
ed il resto del mondo. Se Israele
continuerà a negarci questo diritto, allora
Gaza rimarrà un territorio occupato
», ha affermato il ministro per i
negoziati Saeb Erikat.
Il negoziato continua con l'Anp presa
tra due fuochi: da una parte il bisogno
di garantire la piena liberazione di
Gaza e dall'altra il pericolo di perdere
l'accordo doganale con Israele e, di
conseguenza, entrate per centinaia di
milioni di dollari. Il presidente Abu
Mazen ha proposto a Israele che una
parte internazionale, Ue o Turchia,
controlli assieme a guardie di frontiera
e palestinesi chi entra a Gaza. Il governo
Sharon non ha ancora risposto. Gli
Stati Uniti propongono un sistema di
telecamere per tenere informati i servizi
di sicurezza israeliani sull'identità di
chi entra a Gaza. La presenza di persone
sospette a Gaza E' suggerisce Washington
- verrebbe punita da Tel Aviv
con sanzioni «e altre misure» contro i
palestinesi. Incursioni militari?
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

redazione@ilmanifesto.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT