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Il Mattino Rassegna Stampa
26.08.2005 Per qualcuno la vita dei terroristi vale più di quella di ebrei innocenti
anche per il quotidiano napoletano?

Testata: Il Mattino
Data: 26 agosto 2005
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio - un giornalista
Titolo: «Sharon nella tempesta, vacilla il Likud - Incursione a Tulkarem: cinque palestinesi uccisi»
Sharon ha stravinto la battaglia per il ritiro smentendo tutte le previsioni catastrofiche che IL MATTINO ha propinato ai lettori per oltre un anno. Ma i fatti non bastano, al quotidiano napoletano è sempre l’ideologia anti-israeliana a prevalere. Il titolo – l’ennesimo - catastrofista e urlato, insieme alla foto pubblicata (Sharon che si passa la mano sulla fronte) sono una dimostrazione lampante di tutto ciò. E a chi se non a Michele Giorgio, profeta di sventura smentito dai fatti, affidare il pezzo di cronaca?

Ecco l'articolo, "Sharon nella tempesta, vacilla il Likud":

Gerusalemme. Il primo ministro israeliano Ariel Sharon dovrebbe lasciare il Likud e fondare un nuovo partito in vista delle prossime elezioni. Sono i suoi consiglieri a suggerirglielo di fronte alle difficoltà crescenti che il premier affronta nel suo partito. Questo almeno quanto riferiva ieri il sempre ben informato quotidiano Haaretz, che ha citato conversazioni avute proprio con i consiglieri del premier e con altri personaggi del mondo politico israeliano. Un portavoce di Sharon ha smentito che sia in corso un tentativo di smembrare il Likud - il partito della destra israeliana guidato dallo stesso Sharon - ma gli uomini vicini al premier, che prendono parte ai cosiddetti «forum del ranch» nella fattoria del primo ministro, dicono che una linea d'azione non è stata ancora adottata. Sharon sarebbe incline a restare nel Likud, sua culla politica, e competere per la leadership con il rivale Benyamin Netanyahu, l’ex premier che si è dimesso da ministro delle Finanze in polemica per il ritiro da Gaza e intende presentarsi alle primarie del partito come leader dell'ala estremista. I sondaggi tuttavia dicono in modo inequivocabile che Sharon ha perso l'appoggio del Likud che invece sostiene Netanyahu e guarda con favore anche a Uzi Landau, un altro accanito oppositore del piano di ritiro da Gaza e dal nord della Cisgiordania. Nonostante il premier goda di un largo consenso tra gli israeliani, tra qualche mese, quando si terranno le primarie del Likud, potrebbe facilmente perdere a vantaggio di Netanyahu e, quindi, chiudere definitivamente la sua carriera politica come si augurano i suoi nemici. Fondando un nuovo partito invece potrebbe facilmente catturare molti voti dell'elettorato di centro e giocarsi fino all’ultimo la poltrona di premier con Netanyahu alle elezioni del prossimo anno che, con ogni probabilità, verranno anticipate rispetto alla scadenza prevista di novembre. Una partita che vede per protagonisti esponenti di destra e in veste di spettatori quelli del centro-sinistra. Il partito laburista appare appiattito e senza figure carismatiche. Il leader attuale, Shimon Peres, nonostante i suoi 82 anni, vuole candidarsi nuovamente alla guida del partito a conferma che il ricambio generazionale non è ancora avvenuto ai vertici laburisti. Completato a metà settembre il ritiro da Gaza e passate le festività ebraiche del mese di ottobre, la crisi politica esploderà in tutta la sua drammaticità e gli oppositori del premier lanceranno il loro assalto decisivo. Tutta la stampa israeliana ha dedicato ieri i titoli di prima pagina al nuovo scontro politico all’interno del principale partito di governo. Molti analisti sottolineano come la situazione critica in cui si trova Sharon coincida, paradossalmente, con il pieno successo del suo piano di ritiro da Gaza. Non c’è dubbio che i «superfalchi» della destra - Netanyahu in testa - potrebbero contare sul sontegno dei settori più oltranzisti. Destra religiosa e sionista radicale, coloni, rabbini ultrà hanno esplicitamente, in questi giorni, indicato Sharon come loro principale avversario. Per la destra radicale, insomma, proprio Ariel Sharon è diventato l'uomo da abbattere. Per questo Netanyahu vorrebbe anticipare i tempi delle primarie e del regolamento di conti in seno alla destra. «Netanyahu vuole che le immagini del ritiro siano ancora fresche nella mente dei militanti del Likud durante le primarie», ha sottolineato ieri il quotidiano Yediot Ahronot, osservando che invece «Sharon spera che lo scontro con Netanyahu avvenga nel momento più lontano possibile dai giorni del ritiro da Gaza». Al momento il Likud può contare su 40 seggi su 120 in parlamento (contro i 20 dei laburisti) e rappresenta la prima forza politica del Paese.


















SANGUE IN CISGIORDANIA

Incursione a Tulkarem: cinque palestinesi uccisi

L’Anp: barbaro massacro. Ebreo accoltellato a morte.










Tel Aviv. È durata poco la calma relativa che ha accompagnato il ritiro israeliano dalle colonie della striscia di Gaza e da quattro insediamenti nella Cisgiordania settentrionale. Una serie di episodi di violenza sono tornati ad avvelenare i rapporti fra Israele e l’Autorità nazionale palestinese. In ordine cronologico, un giovane timorato ebreo, cittadino britannico, accoltellato a morte, probabilmente da un palestinese, la scorsa notte alla Porta di Giaffa, a Gerusalemme. Due ore dopo, cinque palestinesi uccisi a Tulkarem da un’unità scelta israeliana. Per Israele si tratta di miliziani dell’Intifada. I palestinesi replicano che uno degli uccisi era della Jihad islamica, due servivano nelle forze di sicurezza dell’Anp e due (entrambi ragazzi) erano estranei a ogni tipo di lotta. «Un barbaro massacro», secondo l’Anp. In mattinata, altri attacchi. In Alta Galilea, sfiorata la strage quando un razzo di grandi dimensioni, sparato dal Libano, esplode nel villaggio di Margaliot. Avrebbe potuto colpire le abitazioni: invece il caso vuole che abbia provocato un profondo cratere in un pollaio affollato da quattromila volatili. Poco dopo dal nord della Striscia di Gaza i Comitati palestinesi di resistenza popolare sparano due razzi contro la vicina città israeliana di Sderot (Neghev). Uno degli ordigni sfiora i tetti delle case e va a conficcarsi in un campo. A Gerusalemme, l’assassinio del seminarista Shmuel Matt, 21 anni, studente del collegio rabbinico Mir, ha innescato gravi tumulti che sono proseguiti per ore, in particolar modo nel rione di Geula dove gruppi di ortodossi si sono scontrati a lungo con la polizia. Ci sono stati contusi, fermi, cassonetti in fiamme ed automobili danneggiate. I «timorati» non hanno esitato ad assalire passanti in apparenza laici. All’origine della furia sembra esserci stata la richiesta della polizia di far compiere un’autopsia sul cadavere, in contrasto con i dettami rabbinici. Le notizie che provenivano da Tulkarem - la città ha osservato una giornata di lutto - hanno suscitato rabbia sia fra i dirigenti palestinesi (il presidente Abu Mazen, primo fra tutti, ha accusato Israele di non volere affatto la calma e la stabilità) sia fra i gruppi radicali dell’Intifada che hanno preannunciato pesanti ritorsioni. Il blitz israeliano nella città della Cisgiordania rischia di innescare una nuova spirale di violenze. Secondo le forze armate israeliane «a Tulkarem vediamo miliziani della Jihad islamica operare alla luce del sole, perfino dentro i commissariati dell’Anp». Ma l’Autorità Nazionale Palestinese respinge le recriminazioni: l’incursione israeliana, rileva, è avvenuta in una città autonoma, senza alcuna provocazione, e si è conclusa con la uccisione di innocenti. In queste condizioni, chiedono i dirigenti palestinesi, come è possibile impedire reazioni armate? Il lancio dei razzi palestinesi da Gaza contro Sderot (Neghev settentrionale) è stato accolto dalla destra nazionalista israeliana come la dimostrazione lampante che il ritiro dalla Striscia non contribuirà a garantire la sicurezza di Israele. Intanto ieri la stampa riferiva che, nel timore che sia colpita da razzi palestinesi, è stata fortificata anche la casa del premier Ariel Sharon, nella Fattoria dei Sicomori nel Neghev settentrionale.
IL MATTINO puubblica anche l'articolo "Incursione a Tulkarem: cinque palestinesi uccisi" Nel quale ancora una volta dimostra di considerare l’uccisione di terroristi palestinesi e uomini armati che partecipano a scontri di maggiore gravità rispetto all’uccisione di ebrei innocenti. Il titolo infatti riporta soltanto l’uccisione dei primi, che comunque sono sempre e solo semplici "palestinesi". Per l’ebreo assassinato può bastare il sottotitolo, "L’Anp: barbaro massacro. Ebreo accoltellato a morte".
Sempre nel sottotitolo c’è spazio solo per la versione propagandistica dell’Anp, e il quadro per il lettore sarà molto chiaro: gli israeliani si divertono ad uccidere innocenti. L’occhiello, poi, recita: "Sangue in Cisgiordania". Solo in Cisgiordania: quello a Gerusalemme è sangue che non conta. Disinformazione doc!

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