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Il Sole 24 Ore - Europa - Avvenire - La Stampa - Il Manifesto - Il Mattino Rassegna Stampa
25.08.2005 Dopo il ritiro torna la propaganda sul "muro dell'apartheid"
e gli insediamenti diventano un problema marginale: l'"occupazione" continua

Testata:Il Sole 24 Ore - Europa - Avvenire - La Stampa - Il Manifesto - Il Mattino
Autore: Ugo Tramballi - Dan Rabà - Barbara Schiavulli -un giornalista - Michele Giorgio
Titolo: «Guardie egiziane sulla via di Filadelfia - Poliziotti egiziani a guardia del confine di Gaza. - Militari via da Gaza in quindici giorni. Ma il muro avanza - Riparte il muro - Dopo il ritiro, il muro - Israele, dopo gli sgomberi rispunta il muro»
IL SOLE 24 ORE di giovedì 25 agosto 2005 pubblica a pagina 6 l'articolo di Ugo Tramballi "Guardie egiziane sulla via di Filadelfia", vi si legge a proposito del confine tra Gaza e l'Egitto.
il confine è un punto essenziale perché Gaza non resti una gabbia.
Gaza non è mai stata una "gabbia". Semplicemente, i suoi confini erano controllati dagli israeliani, con la puntigliosità resa necessaria dalla minaccia terroristica.
Stupisce che Tramballi non trovi il modo di accennare a quest'ultimo problema, lasciando credere che il controllo dei confini di Gaza sia per Israele soltanto unmezzo per dominare e umiliare i a palestinesi.

Poco dopo, a proposito dell prolungamento della barriera difensiva fino a Ma'ale Adumin Tramballi scrive che segna :

la fine della continuità territoriale fra Cisgiordania del Nord e del Sud
Il che è, semplicemente, falso. Per spezzare la continuità della Cisgiordania il muro dovrebbe infatti penetrarla come un cuneo fino alla vale Giordano, partendo da Gerusalemme.

Dan Rabà, a pagina 2 di EUROPA scrive nel suo articolo "Poliziotti egiziano a guardia del confine di Gaza. Da oggi le elezioni sono lanuova frontiera di Sharon":

certo non c'è da sperare che Sharon abbia un piano di pace, per il semplice fatto che Sharon uomo di pace non è
Infatti:
Si potrebbe dire che la posizione del premier nei confronti dei palestinesi, oggi sia la seguente: adesso vediamo cosa riuscite a fare di Gaza
Se l'embrione di uno Stato o la piattaforma di nuove offensive terroristiche: è precisamente la posizione di un uomo di pace disposto anche alla guerra quando essa è necessaria per la difesa del suo popolo.

AVVENIRE pubblica a pagina 17 l'articolo di Barbara Schiavulli "Militari via da Gaza in quindici giorni. Ma il muro avanza".
Il titolo preannuncia il contenuto dell'articolo, sbilanciato verso le tesi palestinesi. Ampio spazio è dedicato alle proteste di Abu Mazen per l'ampliamento del "muro di separazione razziale" e per '"ebraicizzazione" (che, come noto, non mai stata una città ebraica...), a quelle del ministro palestinese della pianificazione Ghassan Khatib, che interpreta le nuove mosse di Sharon come volete a riconquistare il sostegno della destra.
Sono citati anche esponenti del governo israeliano, ma le lor affermazioni sono tecniche, non politiche e non fanno da contraltare alla propaganda palestinese così ampiamente riportata dalla Schiavulli.

Ecco il testo:

Ancora un paio di settimane e l'esercito israeliano lascerà la Striscia di Gaza. Il ritiro dei militari sarà seguito dalla restituzione del territorio delle 21 colonie ebraiche di Gaza all'Autorità nazionale palestinese, prevista per i primi di ottobre.
Ma all'indomani dell'evacuazione degli insediamenti di Gaza e delle 4 colonie in Cisgiordania, mentre ancora si stanno demolendo le case dei coloni, si riprende a costruire.
Il consigliere legale del governo israeliano Menachem Mazuz, ha approvato un nuovo pezzo del muro che serpeggia per la Cisgiordania. È il tracciato definitivo della barriera che passerà a 14 chilometri dall'estremità dell'area municipale di Gerusalemme, la zona intorno a Maaleh Adumin, tra Gerusalemme e Gerico, il più grande insediamento con circa 30mila abitanti.
«Quel tracciato non é stato ancora sottoposto al giudizio del governo. Prima dell'inizio dei lavori il ministro della Difesa Shaul Mofaz deve presentarlo al governo», ha spiegato il ministro dell'Interno Ophir Pines-Paz, ma gli ordini di espropriazione delle terre palestinesi sono già stati emessi. Per i palestinesi l'obiettivo è chiaro: confiscare un'area di 158 ettari, inghiottire alcuni paesi arabi (Anata, Hizma, al-Tur, al-Azarya ed Abu Dis) e aggiungere case a Maale Adunim, un insediamento da sempre in forte espansione, per arrivare a Gerusalemme e tagliare l'accesso in città ai palestinesi della Cisgiordania.
«Questo e anche un modo per riparare con i movimenti dei coloni per l'evacuazione da Gaza, Sharon deve in qualche modo ritrovare il consenso», ha detto Ghassan Khatib, ministro palestinese per la Pianificazione.
Ma l'immagine del premier israeliano, se è migliorata a livello internazionale, dopo il successo del disimpegno, non riesce a risalire nel suo Paese; secondo un sondaggio del quotidiano Hareetz, Sharon è in minoranza nel suo stesso partito, il Likud, e in caso di primarie per la leadership sarebbe sconfitto sia dal suo eterno rivale Benyamin Netanyahu, sia dal leader della destra anti-ritiro Uzi Landau.
Un grande aiuto può arrivare proprio dai palestinesi, se il presidente Abu Mazen riuscirà a contenere le organizzazioni islamiche e ad assicurare un momento di pace e sicurezza nel territorio israeliano. «Bisogna andare avanti, non senza proseguire la politica di colonizzazione nella Cisgiordania e la politica di "ebraicizzazione" di Gerusalemme (dove ieri un palestinese ha pugnalato due ebrei per ragioni ancora sconosciute. Uno dei due è poi morto in ospedale per le ferite e poche ore dopo un raid israeliano ha provocato tre vittime palestinesi a Tulkarem), né la costruzione del muro si separazione razziale», ha detto Abu Mazen annunciando la visita a fine mese del capo dei servizi segreti egiziani a Gaza.
E proprio gli egiziani hanno raggiunto un «accordo totale», con Israele: «È stato raggiunto un accordo "totale" con Israele sul dispiegamento di guardie egiziane lungo il confine tra Egitto e la Striscia di Gaza». «Siamo giunti a un accordo totale con gli egiziani, non resta che ottenere la luce verde del governo e del Parlamento per poter organizzare la cerimonia della firma dell'intesa», ha annunciato il generale di riserva Amos Gilad, alto responsabile del ministero della Difesa israeliano.
Le guardie di frontiera egiziane dovranno essere equipaggiate con armi leggere e la loro missione sarà quella di impedire il contrabbando di armi dall'Egitto verso la Striscia di Gaza.
Anche LA STAMPA pubblica a pagina 9 un breve articolo contro la barriera difensiva, dal titolo programmatico "Riparte il muro. Nuove confische" e dall'occhiello immaginario "La Cisgiordania rischia di essere tagliata in due".
apprendiamo poi nell'articolo che

Haaretz cita il parere di esperti palestinesi secondo cui la realizzazione del progetto dividerebbe in maniera quasi definitiva la Cisgiordania in due "cantoni"
Dunque il rischio che la Cisgiordania sia divisa in due non è una notizia, ma il parere di "esperti" palestinesi.

IL MANIFESTO pubblica pagina 9 l'articolo di Michele Giorgio "Dopo il ritiro, il muro". Il titolo esprime concisamente la linea propagandistica del quotidiano comunista: il ritiro non conta nulla e Israele continua ad "opprimere" i palestinesi.
A parte le consuete rimostranze sulla barriera difensiva l'articolo insiste nel precisare che non si potrà dichiarare l'"occupazione" finita fino a che i palestinesi non controllerano i confini, lo spazio aereo e le acque territoriali di Gaza. Oltre alla totale rimozione del terrorismo, in risposta al quale Israele ha interesse a controllare i movimenti di persone e merci da e per Gaza, questo passo evidenzia un ribaltamento del giudizio del quotidiano comunista sugli insediamenti: massimo motivo di scandalo sulla via della pace prima della loro rimozione, questione marginale e sostanzialmente ininfluente subito dopo di essa.

Ecco l'articolo:

Mentre il mondo è inebriato dalla «coraggiosa decisione» del premier Ariel Sharon di evacuare le 21 colonie ebraiche di Gaza e le altre quattro in Cisgiordania, il consigliere legale del governo israeliano, Menachem Mazuz, ha ricordato a tutti che il piano di «disimpegno» non prevede solo lo sgombero di qualche insediamento (in Cisgiordania ne rimangono altri 130 oltre a un centinaio di avamposti colonici) ma anche il completamento del muro. E l'esercito israeliano ricomincia a sparare ai palestinesi: ieri sera i soldati hanno fatto irruzione nel campo profughi di Tulkarem, nel nord della Cisgiordania, hanno circondato una casa e hanno ucciso almeno due palestinesi, uno dei quali indicato come esponente della Jihad islamica. Alcune fonti parlano addirittura di cinque morti. Il quotidiano Haaretz ieri ha riferito che il tracciato definitivo del muro attorno alla colonia di Maaleh Adumim, fra Gerusalemme e Gerico, è stato approvato definitivamente da Mazuz. La barriera passerà a 14 chilometri dall'area municipale di Gerusalemme. In cambio dei 360 kmq di Gaza, ampie porzioni di Cisgiordania stanno per essere annesse a Israele. Haaretz ha appreso che la realizzazione del nuovo tratto della barriera prevede la confisca di terre palestinesi a ovest, a sud e ad est di Maaleh Adumin. Le zone espropriate interesseranno un'area di 158 ettari e le autorità israeliane hanno già emesso ordini di confisca per collegare Maale Adumim con Gerusalemme est (il settore arabo della città sotto occupazione dal 1967). I villaggi palestinesi interessati sono Anata, Hizma, a-Tur, Azzaryiah e Abu Dis, ha detto il cartografo palestinese Khalil Tufakji. Una volta completato ¡ ha aggiunto - questo tratto di barriera annetterà di fatto a Gerusalemme numerosi insediamenti ebraici, oltre a Maaleh Adumim. La popolazione complessiva israeliana in quella zona dovrebbe essere di 50 mila persone. Tufakji sostiene che il «cuneo» israeliano renderà necessaria la costruzione fra il nord e il sud della Cisgiordania di nuove arterie che resteranno sotto controllo israeliano: la Cisgiordania verrà tagliata in due. La stampa nei giorni scorsi ha anche riferito della decisione di far costruire 30 abitazioni per coloni ebrei e una sinagoga all'interno della città vecchia di Gerusalemme, nella zona della Porta di Erode, ovvero nel quartiere musulmano, vicino alla spianata delle moschee di al-Aqsa e della Roccia.

Le notizie sugli sviluppi del muro ¡ che avrà 38 punti di transito a conferma che si tratta di un progetto permanente ¡ sono giunte mentre si apprendeva dell'accordo raggiunto dal Cairo e Tel Aviv per il pattugliamento della Filadelfia road, il confine tra Gaza ed Egitto. L'intesa (che sarà approvata dalla Knesset) è stata spiegata da molti come un accordo sulla gestione del transito di frontiera, ma è inesatto. Le due parti hanno concordato una serie di dispositivi di sicurezza che vedranno i soldati egiziani pattugliare e sorvegliare il confine per impedire il traffico di armi. Nulla a che vedere con il controllo dei movimenti di merci e persone, come ha precisato il presidente palestinese Abu Mazen ieri al termine di un colloquio con il rais egiziano Hosni Mubarak. «La questione dei passaggi è fondamentale e noi riteniamo che dalla sua soluzione dipenderà l'esistenza o meno di Gaza», ha detto. Il timore è che Gaza si trasformi in «un'enclave sigillata». Tel Aviv inoltre rimane in silenzio sulla riapertura dell'aeroporto di Dahaniyeh e sull'avvio dei lavori per un porto, entrambi vitali per l'economia palestinese. «Non sono stati fatti progressi su questi due punti», ha detto tre giorni fa Tawfik Abu Khusa, portavoce del ministro degli interni palestinese. Per il momento Israele ha dato solo un assenso verbale alla ricostruzione dell'aeroporto, gravemente danneggiato all'inizio dell'Intifada dall'aviazione israeliana.

Il transito di Rafah resta in sospeso. L'Egitto chiede che Rafah sia l'unico passaggio aperto sulla frontiera con Gaza. I palestinesi, da parte loro, chiedono la libertà di circolazione delle persone senza ingerenza da parte di Israele e sono pronti ad accettare che la Turchia o l'Unione europea assicurino il controllo del passaggio delle merci. Tel Aviv, per «motivi di sicurezza», vuole mantenere il controllo della circolazione delle persone con l'Egitto, spostando la dogana a sud (Kerem Shalom) dove si incontrano Gaza, Egitto e Israele. A Rafah al momento le forze di occupazione consentono il transito di 700 persone al giorno verso l'Egitto (spesso chiudono per giorni la frontiera) e dall'inizio di luglio, il divieto di uscire da Gaza riguarda le persone di età tra i 16 e i 35 anni, studenti e lavoratori palestinesi. «La realtà di Gaza non cambierà se Israele continuerà a controllare la frontiera di Rafah - ha detto al manifesto il ministro Saeb Erekat - Parlare di fine dell'occupazione è fuori luogo».
Anche IL MATTINO pubblica un articolo di Michele Giorgio incentrato sulla denuncia del "Muro" dal titolo ad effetto "Israele, dopo gli sgomberi rispunta il Muro".
I tamburi della propaganda devono continuare a suonare. Finito il disimpegno e smentite le previsioni catastrofiche su di esso si riprende come se nulla fosse il collaudato tema della barriera difensiva.

Ecco il testo:



Gerusalemme. A metà settembre anche i soldati israeliani lasceranno la Striscia di Gaza. Lo ha previsto ieri il ministro della Difesa Shaul Mofaz, in considerazione della rapidità con cui si è concluso lo sgombero dei coloni ebrei e del buon andamento dei lavori di demolizione delle case negli insediamenti. Tutto sembra procedere per il meglio ma ad est di Gerusalemme, nella Cisgiordania palestinese, si stanno materializzando nuovi motivi di forte contrasto che potrebbero porre fine precocemente al clima di collaborazione registrato in questi ultimi giorni. Il consigliere legale del governo israeliano, Menachem Mazuz, ha approvato il tracciato del «muro di separazione» attorno alla colonia ebraica di Maaleh Adumim. Nuove confische di terre palestinesi sono perciò imminenti e fonti governative hanno detto ieri che sono già stati emessi ordini di esproprio per 153 ettari. La Cisgiordania rischia così di spaccarsi in due, impedendo al futuro Stato di Palestina, previsto dal piano di pace internazionale «Road Map», di avere un territorio omogeneo. L’Autorità nazionale palestinese (Anp) sostiene che la barriera in fase di costruzione non ha a che vedere con la sicurezza dello Stato ebraico – come afferma il governo Sharon - ma avrebbe evidenti obiettivi politici politici: l'isolamento di Gerusalemme est (il settore arabo della città occupato militarmente da Israele nel 1967), l'annessione alla città di 50.000 coloni e la spaccatura della Cisgiordania in due tronconi. Anche se nuove arterie o tunnel collegassero il nord e il sud della Cisgiordania, il controllo del territorio resterebbe israeliano. Un ministro laburista - Ophir Pines-Paz – ha gettato acqua sul fuoco affermando che il governo non ha ancora discusso del progetto. Quest’ultimo sviluppo invece sembra aver destato le preoccupazioni anche dell’Amministrazione Bush, la quale teme che l’impossibilità dell’Anp di creare uno Stato sovrano e credibile, non porterà alla conclusione del conflitto israelo-palestinese. Di ciò hanno discusso ieri il vicepremier israeliano Ehud Olmert e il segretario di Stato Usa, Condoleeza Rice. Vanno decisamente meglio le cose invece lungo i 14 chilometri dell’Asse Filadelfi, ovvero la frontiera tra Gaza e l’Egitto. Dopo intense trattative, finalmente israeliani ed egiziani hanno raggiunto un’intesa e il protocollo militare sarà presentato per la approvazione definitiva domenica al governo israeliano e subito dopo alla Knesset dove il premier Ariel Sharon ieri è riuscito ad aggiudicarsi il sostegno del partito centrista Shinui, rafforzando la coalizione sotto pressione da parte dell’estrema destra. I soldati egiziani pattuglieranno e sorveglieranno l’Asse Filadelfi e Israele ha ricevuto dal Cairo l’impegno che non verranno fornite armi ai palestinesi. Il resto del Sinai resterà smilitarizzato, come concordarono il premier israeliano Menachem Begin ed il presidente egiziano Anwar Sadat negli accordi di pace di Camp David nel 1979. Israele avrebbe anche accettato - secondo la radio militare - di eliminare la propria presenza anche dal valico di Rafah. I palestinesi in uscita verso l' Egitto non vedranno più soldati, ma quelli in ingresso a Gaza dovranno invece passare da un nuovo punto di transito (Kerem Shalon, Neghev settentrionale) che è sotto il controllo di Tel Aviv. Si tratta di un punto che non soddisfa l’Anp che vuole la fine di ogni ingerenza israeliana. «Da ciò dipende il futuro di Gaza», ha spiegato il presidente Abu Mazen ieri in Egitto per colloqui con il raìs Hosni Mubarak. Per Israele, il piano di ritiro di coloni e soldati rappresenta un banco di prova delle intenzioni dell'Anp. Al presidente palestinese Abu Mazen, il governo Sharon riconosce di aver ridotto la violenza nei Territori occupati. Se poi i palestinesi dovessero rilanciare gli attacchi armati - ha fatto notare ieri un portavoce governativo - Israele avrà sempre a disposizione mezzi adeguati per rispondere.
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