A Gaza non è successo niente, la propaganda può continuare come se niente fosse l'intervento di uno strano difensore dei
Testata: La Stampa Data: 22 agosto 2005 Pagina: 7 Autore: Raji Sourani Titolo: «Sourani: questa non è una liberazione»
LA STAMPA di lunedì 22 agosto 2005 pubblica a pagina 7 un articolo di Raji sourani, direttore del Centro palestinese per i diritti umani. Si tratta di un gruppo che, nel gennaio del 2004, chiese ai terroristi palestinesi di sospendere il lancio di razzi qassam dai centri abitati palestinesi, dopo che uno di essi, difettoso, aveva causato la morte di una palestinese di 11 anni. Sul lancio di razzi qassam in sè, invece, i "difensori dei diritti umani" palestinesi non avevano nulla da eccepire. Evidentemente perché per loro gli israeliani non godono di diritti umani. (vedi per questa vicenda "Un gruppo umanitario palestinese e il suo peculiare concetto umanitario", Informazione Corretta del 2004-01-03)
Nel suo articolo l'ineffabile Sourani lamenta la natura illusoria del ritiro da Gaza che lascerà, sostiene, i confini, lo spazio aereo e le coste della Striscia sotto il controllo israeliano. In realtà il confine con l'Egitto passerà presto sotto il controllo delle forze palestinesi ed egiziane e il governo israeliano si è detto disponibile a discutere la riapertura dell'aereoporto di Gaza e a concordare il transito di uomini e merci tra gaza e la Cisgiordania. Tuttavia, è il complesso del raggionamanto di Sourani che merita di essere analizzato. Fino al ritiro da Gaza gli insediamanti erano l'argomento preferito dei critici di Israele. Non era per difendersi dal terrorismo, argomentavano costoro, che Israele manteneva le sue truppe nei Territori, ma per proteggere gli insediamenti. D'altro canto, la permanenza degli insediamenti toglieva ai palestinesi la speranza di avere un giorno uno Stato indipendente (dato che non potevano neppure concepire uno Stato indipendente all'interno del quale una minoranza ebraica potesse vivere in sicurezza). Oggi che gli insediamenti di Gaza vengono smantellati, invece, cessano di essere il problema centrale dell'"occupazione" , lasciando il posto al controllo dei confini, dello spazio aereo, delle acque territoriali. Ma se le colonie non ci sono più, e non devono quindi essere protette, perché mai Israele dovrebbe essere interesaata a controllare Gaza? Forse per proteggersi dal terrorismo, signor Sourani?
Un altra rimostranza avanzata dal difensore "a corrente alternata" dei diritti umani è la perdurante "colonizzazione" della Cisgiordania. Un falso problema, dato che tutte le ipotesi di accordo fin qui avanzate, includono scambi di territori tra Israele e futuro Stato palestinese,che lascino gli insediamenti più popolosi sotto la sovranità ebraica. Infine, come poteva mancare il "muro"? Sourani si occupa di difendere i diritti umani, ma forse non è a conoscenza delle stragi di civili israeliani che hanno reso necessaria la barriera di sicurezza.
Ecco il testo dell'articolo, un esempio dei virtuosismi della propaganda impegnata a negare l'evidenza: Molti palestinesi sono felici per lo sgombero dei coloni israeliani dalla Striscia di Gaza. Le strade di Gaza sono piene di bandiere, cappellini e t-shirt che inneggiano alla fine dell’occupazione e alla liberazione della Palestina. Di notte in piazza ci sono feste organizzate da diverse fazioni politiche e ciascuna proclama di essere l’unica responsabile del «ritiro» di Israele. I media contribuiscono a questa atmosfera euforica. Mentre cammino per le polverose strade di Gaza e guardo queste feste vivaci capisco che dopo 38 anni (di occupazione) la gente vuole ritrovare la speranza. Ma il ridislocamento dei militari israeliani lungo i confini di Gaza e un controllo rafforzato sulla Cisgiordania e la perdurante occupazione di Gerusalemme Est non fanno sperare. Abbiamo deciso di raccontare ogni giorno storie di civili palestinesi che non verranno mai riprese dai media internazionali. Pubblicandole sul nostro sito (www.pchrgaza.org), aggiungendo le loro voci a tante altre che esprimono timori riguardo al «disimpegno» è un atto che può servire ad avere un impatto, a cambiare un’opinione, ad aiutarci a cercare giustizia. Perfino mentre i coloni stanno lasciando Gaza l’occupazione, gli arresti arbitrari, le demolizioni di case e l’espansione degli insediamenti continuano in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. La gente comincia a capire che questo «disimpegno» significa che la popolazione continuerà a soffrire, che il Muro dell’Annessione israeliano la taglierà fuori dal resto della Cisgiordania e dalla Gerusalemme Est occupata, così come dalla Striscia di Gaza. La gente che vedete in televisione festeggiare nelle strade di Gaza un giorno capirà che Israele mantiene il controllo dei confini del Paese (incluso l’unico punto di accesso a Gaza dal mondo esterno), del mare (impedendo la pesca, le passeggiate in barca oppure i viaggi di lavoro e di vacanza) e dell’aria (garantendo che la pista dell’aeroporto rimanga sotto tiro e inoperativa). Per farla breve, l’occupazione israeliana della Palestina continua nelle sue forme legali e fisiche. Questa non è una liberazione, questa non è autodeterminazione, qui non si parla di diritti umani. Questo «disimpegno» non è stato progettato per portare la pace, ma per istituzionalizzare le conseguenze della guerra. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.