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Il Foglio Rassegna Stampa
17.08.2005 Il ritiro da Gaza non basta:solo la riforma culturale del mondo arabo porterà all pace in Medio Oriente
un intervento di Leon De Winter

Testata: Il Foglio
Data: 17 agosto 2005
Pagina: 1
Autore: Leon de Winter
Titolo: «Il Foglio»
IL FOGLIO di mercoledì 17 agosto 2005 pubblica a pagina 1 dell'inserto un articolo sul ritiro da Gaza dello scrittore olandese Leon De Winter.

Ecco il testo:

Il ritiro unilaterale da Gaza non porterà
grandi cambiamenti nei rapporti tra
israeliani e palestinesi. Quello che era iniziato
come un conflitto territoriale di portata
regionale si è trasformato in una guerra
di dimensioni culturali e religiose. Gaza
e la Cisgiordania, aree grandi quanto una
piccola provincia olandese, hanno assunto
un’importanza colossale per gli arabi e i
musulmani. Conta ciò che il conflitto rappresenta,
il suo effetto simbolico e le sue
conseguenze per l’immagine che gli arabi
hanno di loro stessi. A parte l’Iraq e la Cecenia,
la maggior parte dei musulmani nel
mondo cita il tragico destino dei palestinesi
per spiegare le ragioni della "rabbia musulmana".
Le storie sul trattamento che gli
israeliani riservano ai palestinesi abbondano
di statistiche e immagini grottesche.
Spesso ricorre il termine genocidio, anche
se la crescita demografica della popolazione
palestinese, come dimostrano i dati, è la
più rapida del mondo, il che naturalmente
esclude il genocidio. Per questi musulmani
è anche difficile accettare il fatto che
sotto l’amministrazione militare israeliana
i Territori occupati hanno compiuto enormi
progressi nel campo dell’istruzione e
hanno raggiunto un livello socio-economico
da paese avanzato, e che prima della
prima Intifada israeliani e palestinesi vivevano
in pace come buoni vicini, senza
posti di blocco.
Sotto il regime militare israeliano i palestinesi
avevano un ordinamento giuridico
più equo rispetto al sistema caotico e corrotto
dell’Autorità palestinese. Questa
realtà viene sommersa dal diluvio di immagini
e invenzioni offerte quotidianamente
al mondo da migliaia di corrispondenti
stranieri e dall’antisemitismo isterico dei
media arabi. I fatti non concordano con la
percezione, ma la percezione ha un impatto
maggiore. I media occidentali hanno una
certa reticenza a parlare di realtà sconcertanti
che si fanno strada nel mondo arabo
islamico. Giorno dopo giorno i media arabo-
islamici diffondono notizie in cui si accusano
gli ebrei di avere organizzato in segreto
la strage dell’11 settembre e gli attentati
di Londra, o di avvelenare l’acqua potabile
nei territori palestinesi.
La questione non è più il territorio di Gaza
o della Cisgiordania. Per molti arabi e musulmani la questione vera è la distruzione
dell’"entità ebrea" su quello che considerano
un sacro suolo islamico, concetto
che è di importanza cruciale per molti musulmani:
quando un territorio è stato governato
secondo i principi del Corano appartiene
per sempre all’islam. E’ un modo di pensare
arcaico e tribale, ma rappresenta un
elemento cardine nel messaggio del Corano.
Questi argomenti pesano contro il ritiro
da Gaza? Sì, perché molti palestinesi vedono
Gaza come il primo passo di un processo
che culminerà nella distruzione dello Stato
di Israele, il che significa che il conflitto
continuerà: dopo Gaza sarà la volta della Cisgiordania
e di Gerusalemme, e poi si dovrà
affrontare il problema insolubile del "diritto
al ritorno" dei discendenti dei profughi
creati dalla guerra di indipendenza di
Israele. Ciononostante il ritiro deve procedere.
Un paese democratico non può governare
un popolo che lo rifiuta. Israele continuerà
a esistere, anche senza Gaza e la Cisgiordania.
Israele è forte abbastanza per
sostenere la pressione di una Gaza militarizzata.
Israele è anche abbastanza potente
da assorbire la perdita degli insediamenti
in Cisgiordania. E anche se, nella loro impotenza,
i palestinesi trovassero una nuova
causa per sfogare la loro rabbia e la loro
frustrazione sugli autobus, nei caffè e nei ristoranti
di Gerusalemme o Tel Aviv, questo
non porterà all’annientamento di Israele.
Un ossimoro pericoloso
Malgrado tutte le statistiche, è impossibile
convincere i palestinesi che uno "Stato
palestinese a tutti gli effetti" è un ossimoro:
quei due pezzi di terra, con i loro clan perennemente
in conflitto, non potranno mai
offrire la base per uno Stato pacifico, avanzato,
democratico. La Cisgiordania avrebbe
un potenziale economico e sociale se facesse
parte della Giordania, Gaza se facesse
parte dell’Egitto, ma come Stato indipendente
non hanno futuro. I palestinesi immaginano
Gaza trasformata in un attimo in una
comunità fiorente. Si illudono. E l’inevitabile
delusione, quando si scontreranno con
la dura realtà in quel pezzettino di terra, finirà
per proiettarsi su Israele.
Vi sono verità che non compaiono sullo
specchio della percezione, in cui la gente
vede solo quello che vuole vedere. L’occupazione
israeliana è iniziata come un progetto
militare con un obiettivo idealista ed
è fallita. La maggior parte dei palestinesi
sogna di avere un proprio Stato. Il fatto che
non potrà funzionare e che diventerà l’ennesima
nazione araba fallita è apparentemente
irrilevante. La maggior parte degli
israeliani adesso accetta il fatto che milioni
di palestinesi rifiutino di farsi governare,
malgrado i vantaggi socioeconomici dell’amministrazione
israeliana. I due popoli
devono essere separati. Il ritiro da Gaza (e
inevitabilmente anche da più del 90 per
cento della Cisgiordania) non produrrà la
pace. Questo potrà accadere solo quando
l’intera regione sarà pacificata.
L’esistenza di Israele non è minacciata
dai palestinesi o dai kamikaze. La vera minaccia
viene da più lontano – dall’Iran – e
dall’interno, dai sionisti religiosi che, come
i nazionalisti palestinesi, sono gli eredi della
conquista dei territori palestinesi del
1967. Per i sionisti religiosi l’Israele biblica
è un sacro suolo, proprio come per i loro
nemici palestinesi. Ma questo non è contemplato
dal giudaismo dei rabbini. I sionisti
religiosi non traggono la loro ispirazione
dal giudaismo quale si sviluppò dopo la distruzione
del Secondo Tempio nel 70 d.C.,
bensì dal giudaismo del culto sacerdotale
precedente: una religione basata su sacrifici
di animali in un luogo sacro, il Tempio, la casa in cui abita Dio. Una religione in cui
un certo pezzo di terra è sacro: in questo
senso il sionismo religioso non è diverso
dall’islam ortodosso, che in altri tempi riuscì
a trascendere le norme e i valori delle
culture tribali del deserto, ma che nella globalizzazione
del mondo moderno è assurdamente
arcaico.
L’autonomia di Gaza riuscirà a portare la
calma nella regione? Gaza riuscirà a creare
istituzioni civili e politiche adeguate in un
prossimo futuro? Gaza riuscirà a creare una
burocrazia affidabile, una magistratura indipendente
e una polizia responsabile per
una società civile decente? La maggior parte
dei palestinesi sogna l’impossibile: uno
Stato "a tutti gli effetti". A meno che si verifichi
un miracolo (e da parecchio tempo i
miracoli non sono molto frequenti da queste
parti), il desiderio di realizzare l’impossibile
può solo restare deluso. Per timore di
dover affrontare questa amara realtà, la comunità
internazionale compie ogni sforzo
per mantenere viva l’illusione palestinese:
sono stati stanziati miliardi di dollari in
aiuti, mentre i capibanda corrotti allargano
le borse per far posto ad altro denaro. E
mentre queste illusioni annebbiano la percezione
nei Territori palestinesi, gli estremisti
ebrei si perdono dietro sogni altrettanto
impossibili di uno Stato "biblico".
Il ribaltamento delle responsabilità
Il premier israeliano, Ariel Sharon, ha
giustamente accettato il fatto che Gaza e la
maggioranza della Cisgiordania sono palestinesi.
Ma i palestinesi hanno già incominciato
a dire che Sharon ha ceduto Gaza soltanto
per dimostrare al mondo che i palestinesi
non sono in grado di autogovernarsi. In
altri termini, hanno già incominciato a ribaltare
le responsabilità per l’insuccesso
che considerano inevitabile. Se il processo
di modernizzazione dell’Iraq fallirà e se, di
conseguenza, la profonda, essenziale, riforma
culturale del mondo arabo si arenerà
prima ancora di iniziare, il conflitto palestinese
continuerà fino a che esisterà Israele
e il mondo dovrà subire le aggressioni di
musulmani persi in fantasie frutto di una
mitologia religiosa intrisa di odio.
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