Tra i profughi ebrei da Gaza reportage da Nizzam, dove il governo ha costruito le loro nuove abitazioni
Testata: Libero Data: 17 agosto 2005 Pagina: 1 Autore: Angelo Pezzana Titolo: «Rabbia e speranza nelle case dei nuovi profughi»
LIBERO di mercoledì 17 agosto 2005 pubblica in prima pagina e a pagina 7 un articolo di Angelo Pezzana sul ritiro da Gaza.
Ecco il testo: Si chiama Lev Achat, letteralemente "un solo cuore" l'organizzazione spontanea degli studenti israeliani nata soltanto tre settimane fa per dimostrare concretamente solidarietà a chi ha abbandonato a Gaza la propria casa, caricando in un container, su camion, tutto il trasportabile. Ne sono arrivati sino ad oggi 700, ma diventeranno presto 3500, quando l'evacuazione di Gaza sarà terminata. Li incontro a Nizzan, a trenta km di distanza dalla Striscia, dentro la linea verde, il primo e più grande centro di accoglienza per chi ha accettato il piano Sharon di evacuazione. Sono giovani dai quindici ai vent'anni e precisano subito che la loro attività non ha nessuna colorazione politica, sono qui per aiutare, per prendersi cura di chi è appena arrivato e si trova in una casa vuota con la propria roba richiusa dentro tanti scatoloni. Lev Achat ha già pulito per bene tutte le stanze, ha messo in un vaso un gran mazzo di fiori e fanno attività di gioco con i bambini mentre i genitori si preoccupano degli aspetti burocratici. Cercano, con successo, di attenuare il passaggio dalla vita di prima alla provvisorietà della sitemazione attuale. Nessi Angel , il loro portavoce, ci racconta quanto i nuovi arrivati a Nizzan guardino con riconoscenza questi giovani sino ad allora sconosciuti, che, invece di andare in vacanza, passani lì giorni e notti, condividendo il nuovo destino che li aspetta. E' a Nizzan che il governo da due mesi ha costruito quelle che vengono definite "caraville", un misto tra caravan e villa, una parola che ha poco di invitante. Sono case prefabbricate, tutte di color senape con i tetti rossi, un terzo di 60 mq, due terzi di 90 mq, a seconda se la famiglia che la abita è di quattro persone o più. 351 sono già pronte e molte già abitate. La costruzione di altre 1000 è prevista tra un mese. Andiamo con Arik Eldar, il reponsabile del progetto, a vederne qualcuna, per renderci conto se l'appellativo è meritato o no. Intanto va detto che sono tutte in muratura, con l'aria condizionata, luce ,gas e servizi funzionanti. Se le paragoniamo per esempio a Kfar Darom, nella striscia di Gaza, possiamo dire senza alcun dubbio che il confronto è a loro favore. I profughi, non ci viene in mente un'altra parola che renda ugualmente bene il loro disagio, essendo venuti via per tempo, godranno dell'intera somma di compenzasione che il governo ha loro assegnato. La cifra varia secondo il numero dei famigliari e degli anni vissuti a Gaza. Non sono grandi cifre, calcolato che ne dovranno dedurre l'affitto della nuova sistemazione, che è di 450 $ al mese. Rimarranno in queste case al massimo due anni, dopodichè l'intera Nizzan verrà smantellata. Per quel tempo tutti avranno avuto l'oppurtunità di scegliersi una sistemazione definitiva. La maggior parte della famiglie arrivate a Nizzan sono religiose, solo il 20% sono laici, il che crea problemi di vicinanza per le diverse abitudini. La soluzione trovata è semplice, la divisione, gli uni da una parte, gli altri dall'altra, e l'accordo è raggiunto. Mirelle Vollofout, 48 anni e tre figli, abitava nella Striscia a Nissanit dal 1990. Con il marito dirige un villaggio turistico per militari ad Ashqelon, quindi non ha dovuto cambiare mestiere. La sera, invece di tornare a Gaza viene a Nizzan, che oltre tutto è ancora più vicina. E' arrivata una settimana fa, la sua casa è accogliente anche se si lamenta che è più piccola di quella che aveva prima, per cui ha dovuto comprare dei nuovi mobili. "Sono uscita da Nissanit con la testa bassa, mi sentivo umiliata per una punizione che sentivo di non meritare" ci dice mentre sta per raggiungere al lavoro il marito, " Non credo che mi basteranno i soldi che il governo ha promesso di darci", dovremo comprare una nuova casa quando andremo via di qui, non so come faremo". L'argomento soldi è comune, viene da pensare che il governo abbia fatto male i conti se tutti se ne lamentano. Eznat Pinat, 32 anni e quattro figli (il primo ne ha 10 e mezzo), ha abitato anche lei a Nissanit per sei anni. Ci accoglie in una casa arredata in modo elegante, se non fosse circondata da altre centinaia di altre case tutte uguali alla sua potremmo definirlo un cottege invidiabile. Il marito ha un'impresa di trasporti, guadagna bene, ma anche lei giudica irrisori i rimborsi governativi. Mentre chiaccheriamo entra un'ispettrice del ministero dell'educazione per informarla che da settembre potrà mandare i figli nella scuola di Shar Hanegev, a un'ora di distanza da casa, con un bus che si occuperà del loro trasporto. Ci viene voglia di chiederle che punteggio darebbe da uno a dieci se le chiediamo se con la sua famiglia si sente o no felice. Dieci per i miei figli e otto per me, ci risponde con un sorriso. Non male per una madre che ha appena dovuto affrontare una nuova vita insieme alla sua famiglia. Da domani arriveranno altri profughi da Gaza, sono quelli che non hanno accettato i termini posti dal governo. Riceveranno solo più il 30% della compensazione e ci saranni seri problemi per il trasporto dei loro beni. Chi non accetterà di rimanere a Nizzan potrà trovare alloggiamento negli alberghi della regione o in altre località vicine, come Karnia, Mavkiim, Magen Shaul, Yad Binyamin. Anche lì troveranno i giovani di Lev Achat che dimostreranno che il cuore è uno solo, porteranno aiuto concreto, aiuteranno a scaricare i camion, giocheranno con bambini, offriranno cibo e bevande. Anche Gerusalemme è pronta ad ospitare in albergo almeno 500 famiglie. E' questa l'Israele che non vede nei coloni dei nemici ma dei fratelli ed è pronta ad abbracciarli e accoglierli. Come ha fatto Tzahal, il suo esercito, uno dei più forti del mondo, che non ha avuto timore di farsi riprendere dalle televisioni di tutto il mondo mentre un suo ufficiale della famosa brigata Golani si commuove di fronte a un giovane colono del villaggio di Morag che l'avevo avuto come suo comandante e gli chiede piangendo perchè, perchè sta succedendo tutto questo. Un paese che sa essere così fortemente umano in momento difficile della sua storia nazionale, supererà anche questa prova. Le prossime ore ci diranno come e con quale risultato. 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