L'appoggio dell'America al disimpegno da Gaza intervista a George W. Bush
Testata: La Stampa Data: 14 agosto 2005 Pagina: 9 Autore: Yaron Deckel Titolo: «Bush: coloni obbedite alle leggi»
LA STAMPA di domenica 14 agosto 2005 pubblica a pagina nove un intervista di Yaron Deckel al presidente americano George W. Bush, ripresa dalla televisione israeliana Channel 1.
Ecco il testo: «Uno dei motivi per cui stimo Sharon è la sua lealtà: quando dice una cosa la pensa. E spero che anche lui di me apprezzi questo. Entrambi manteniamo la parola data. Ora, io da tempo dico che dobbiamo unirci nella lotta al terrorismo, perché Israele possa essere sicuro, e così l’America e le altre nazioni libere. Apprezzo molto chi lavora coraggiosamente per la pace e quando Ariel Sharon è venuto alla Casa Bianca e mi ha detto che intendeva lasciare Gaza, sono rimasto colpito dalla sua audace determinazione. Il ritiro aiuta a rendere Israele più sicuro e a portarlo verso la pace, concordo in pieno con lui. Si tratta di un passo importante perché Israele e Usa sono alleati ed è logico desiderare la pace per gli alleati». La maggiore preoccupazione in Israele è che il ritiro invece di portare maggior sicurezza faccia aumentare la violenza. Comprende quest’ansia? «Assolutamente sì. E posso capire perché la gente sia convinta che porterà a un vuoto di potere in cui s’insinuerà il terrorismo. Ma non sono d’accordo. Credo che sarà un’opportunità per far emergere la democrazia. E le democrazie sono pacifiche. È molto importante per gli Stati Uniti, in quanto parte attiva nel processo, incoraggiare la formazione di forze di sicurezza che sconfiggeranno il terrore - forze palestinesi, come indicato dalla Road map - e lo sviluppo verso uno stato pacifico». Lei ha detto che incentiverà il ritiro concedendo qualche aiuto che permetterà ad Israele di sviluppare il Nord e il Sud, Galilea e Negev. Ha già preso qualche decisione in merito? «Come ho detto a Sharon quando è stato qui, il Negev e la Galilea offrono grandi opportunità per lo sviluppo economico. Quindi invierò delle delegazioni per valutare le diverse opzioni. Non abbiamo ancora messo a fuoco soggetti specifici». Non la preoccupa la fiera opposizione interna del Likud che Sharon deve fronteggiare? Secondo i sondaggi sul ritiro potrebbe giocarsi le elezioni. «La democrazia consente il dissenso. Sharon ha preso una decisione audace, d’impatto. Capisco che faccia discutere. Ma credo abbia fatto la cosa giusta e posso assicurare agli israeliani che questa scelta ha reso ancora più forti i nostri legami con loro» Che ne dice di Netanyahu, che doveva succedere a Sharon e ora guida l’opposizione? «Bene, ho incontrato Bibi Netanyahu, è molto noto negli Usa. Sta facendo quello che ritiene necessario per il bene di Israele e questo ha portato al disaccordo due amici. Ma Sharon farà il bene di Israele». Perché è così certo che il ritiro porti maggior sicurezza? «Intanto è un’opportunità, il sistema precedente non funzionava. Era in corso l’Intifada, c’erano uccisioni e vittime. Ora c’è stata una tregua negli attacchi. Anche uno è troppo, è vero, ma è un fatto che siano diminuiti. Sono convinto che, alla distanza, la soluzione di due stati che vivono in pace uno a fianco dell’altro sia la migliore per la sicurezza di Israele. Nel frattempo dobbiamo lavorare allo smantellamento delle organizzazioni terroristiche. Come dice la Road map». Quanto è urgente che Abu Mazen intraprenda azioni più decise contro il terrorismo? «A quanto ne so e mi è stato detto, Abu Mazen comprende fino in fondo la necessità di disarmare i terroristi. Sa che non ci può essere democrazia sotto la minaccia di gruppi armati. E lui vuole la democrazia. Dobbiamo aiutarlo. Ecco perché abbiamo mandato un generale ad addestrare e coordinare le forze palestinesi per la lotta ai terroristi». Ma lei trova accettabile, ad esempio, un cessate il fuoco stabile con Hamas? «Come lei sa Hamas è un gruppo terroristico». Abu Mazen si è accordato con loro. «É lui il presidente eletto dai palestinesi. D’altra parte, io esprimo la mia opinione. Non credo che uno stato pacifico e democratico possa coesistere con gruppi sovversivi». Da credente a credente, cosa dice ai coloni che pensano di agire nel nome di Dio e si rifiutano di obbedire al governo? «La Bibbia parla del ruolo del governo terreno e lo riconosce. Israele è una democrazia, quindi si basa sul consenso. Il Primo ministro persegue quelli che ritiene gli interessi del Paese. Sarà il popolo ad avere l’ultima parola e a decidere se ha ragione». Nessuno negli Anni ‘80 avrebbe detto che gli Usa avrebbero dialogato con l’Olp. Vede possibili future aperture ad Hamas? «Vedo relazioni con uno stato palestinese pacifico fondato su istituzione democratiche». Lei ha detto che, una volta avviato il ritiro, entrambe le parti collaboreranno a realizzare la Road map. Sharon ha precisato che non ci sarà alcun progresso politico fino a che i palestinesi non agiranno con determinazione contro il terrorismo. Concorda? «La Road map chiede la fine del terrorismo. E il ritiro da Gaza è un’opportunità, per i palestinesi, di dimostrare che c’è una possibilità. Smantellare il terrorismo non significa solo isolare gli attentatori, togliere loro le armi, ma anche dimostrare, ai palestinesi e agli israeliani, che c’è una speranza di pace. Tutti hanno degli obblighi in questo: gli israeliani, i palestinesi, anche noi. E le nazioni arabe: non devono incitare alla violenza, devono isolare e assicurare alla giustizia i terroristi. E finanziare lo sviluppo di Gaza, per renderla un luogo di prosperità e di pace». copyright Israeli television Channel 1 Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.