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La Stampa Rassegna Stampa
08.08.2005 Le dimissioni di Benjamin Netanyahu, contrario al ritiro da Gaza
la cronaca di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 08 agosto 2005
Pagina: 8
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Netanyahu lascia il governo, il ritirro da Gaza sarà senza di me»
LA STAMPA di lunedì 8 agosto 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein sulle dimissioni del ministro delle Finanze israeliano Benjamin Netanyahu, contrario al disimpegno da Gaza.

Ecco il testo:

«Non penso che riuscirò con questo a fermare lo sgombero da Gaza, anzi sono sicuro di no; ma almeno sono in pace con me stesso. E i libri di storia diranno: "Netanyahu non condivideva quella scelta"». Rosso in volto e segnato da un’evidente notte insonne, così ieri Benjamin Netanyahu ha spiegato la sua decisione di dimettersi dal governo alla vigilia dello sgombero dei settler da Gaza. La mattina aveva letteralmente gettato la lettera di dimissioni sul tavolo di Ariel Sharon e si era rifugiato di corsa nel suo ufficio al Ministero del Tesoro, casa sua fino a ieri. Il suo posto sarà preso dal vicepremier Olmert. Benjamin «Bibi» Netanyahu, il ministro più importante insieme con Shimon Peres del governo Sharon, ex premier, crea così ulteriori, grandi ostacoli a Sharon che affronta una prova epocale per Israele.
Infatti lo sgombero avrà inizio fra una settimana esatta mentre le piazza sono spazzate senza tregua da grandi manifestazioni di oppositori, mentre ai soldati viene chiesto dal movimento dei settler di disubbidire agli ordini,e mentre ancora l’eco dell’attacco terrorista di Shfaram è vivo. L’agguato di Bibi, non ha come obiettivo di fermare la macchina che prepara abitazioni e lavori sostitutivi per gli ottomila settler che devono spostarsi, né vuole mandare a casa le decine di migliaia di soldati e di poliziotti ormai in movimento per attuare il disimpegno. La scelta è stata ratificata di nuovo dal governo con 15 voti contro 5 quando, ieri, ha votato il via alla prima fase. I quattro ministri che, con Netanyahu, hanno votato contro il varo effettivo dell’ultima fase, non sembrano avere nessuna intenzione di seguirlo fino alle dimissioni. Netayahu ha scelto una strada che, come nella sua natura, è a metà fra la passionalità che lo contraddistingue, e la scelta politica serpentesca, di lunga gittata, basata sui sondaggi che mostrano come Sharon sia ormai inviso a molti che lo amavano, che vuole minare alle fondamenta il ruolo e il potere di Sharon nel suo partito, il Likud, e che in sostanza mira diritto al posto di primo ministro alla prossima tornata, che sarà certo anticipata.
Bibi con la voce rotta dall’emozione ha cercato di dare delle buone ragioni per una scelta scandalosamente dell’ultima ora, così destabilizzante per il governo in un momento delicato: ha spiegato che un ministro del Tesoro come lui aveva impostato un’ autentica rivoluzione economica come quella da lui intrapresa con la riforma delle tasse, del sistema bancario, della Borsa. Ma poiché lo diceva mentre si dimetteva, la Borsa crollava di sei punti. Tuttavia Netanyahu insisteva nel dire che le riforme sono comunque fatte e la barca adesso andrà avanti da sola. La verità è che Bibi compie il suo gesto nel momento in cui la destabilizzazione può essere così terribile da portare alla crisi definitiva del suo avversario Arik Sharon.
Inoltre, oggi Netnayahu crea un’autostrada per elezioni anticipate anche se oggi non può raccogliere la maggioranza di 61 voti per far crollare un governo che è di coalizione; e non si aliena definitivamente il consesso internazionale impedendo di fatto uno sgombero che gli Usa esigono e l’Europa anela. Di fatto, insomma, non blocca il processo, ma ne esalta le contraddizioni, galvanizza un movimento molto attivo, e mette in difficoltà non solo Sharon ma anche tutti quelli che dentro il Likud fino a ora hanno pallidamente tentato (come il ministro licenziato da Sharon Uzi Landau) di costruire una opposizione di destra al Primo ministro sfruttando la disperazione dei coloni. Ultimo punto, e forse il più importante di tutti: Netanyahu tocca con le sue dimissioni un punto molto importante per tutti, destra e sinistra. Infatti mette in guardia esplicitamente nella lettera che ha consegnato a Sharon dai rischi per la sicurezza di Israele nello sgombero di Gaza, senza nessun accenno a eventuali posizioni millenaristiche o religiose. Anzi dice in sostanza: «Io sono d’acordo per sgomberare Gaza, ma la maggiore probabilità che ci stà di fronte è che la Striscia di trasformi in un rifugio e una base per attacchi terroristici di matrice islamica estrema provenienti da tutto il mondo, e io non voglio creare un rischio così grave per il mio popolo».
E allora perché non si è dimesso prima? La sua risposta è che nel tempo Sharon ha fatto passi sempre più audaci e pericolosi, come la decisione di consegnare alle truppe egiziane il confine con l’Egitto, il famoso «sentiero di Filadelfia» da cui passano le armi provenienti dal Sinai dirette ad Hamas, e di lasciare ai palestinesi la possibilità di costruire un porto senza controllo: «Vi ricordate - ha detto Netanyahu - la nave Karin A con i missili provenienti dall’Iran? adesso ne avremo una B e una C». Parole cadute nel giorno in cui terroristi palestimesi hanno sparato su un’auto di coloni in Cisgiordania, ferendo gravemente (sarebbe in fin di vita) un bambino di 10 anni. Bibi si prepara dunque a essere quello che potrà dire: «Ve l’avevo detto» e vincere le elezioni senza colpo ferire.
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