Far di tutta l'erba un fascio: è la regola quando si tratta di coloni rispettata in un articolo di Alberto Stabile
Testata: Il Venerdì di Repubblica Data: 05 agosto 2005 Pagina: 52 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Ora Sharon è preso tra quattro fuochi. Appiccati dai coloni»
Dal VENERDI' DI REPUBBLICA datato 5 agosto 2005 riportiamo l'articolo di Alberto Stabile "Ora Sharon è preso tra quattro fuochi. Appiccati dai coloni". Piuttosto scorretta l'assimilazione di tutto il movimento anti ritiro alle frange violente minoritarie, come quella che ha compiuto un tentativo di linciaggio a HofDekalim e quella che che indulge alla pratica di pronunciare maledizioni contro il premier israeliano.
Ecco il testo dell'articolo: Dargli del traditore non basta più. Gli ultraortodossi che si oppongono al ritiro dai Territori si sono riuniti in quattro Quartieri generali. E hanno sfoderato una nuova arma; le maledizioni indirizzate verso il premier. Che risponde organizzando sgomberi con la massima attenzione. Anche psicologica
GERUSALEMME. Nessun uomo politico israeliano ha mai ricevuto tanti incensamenti e tante maledizioni come Ariel Sharon. È ormai diventata un’arma spuntata della estrema destra messianica dare del «traditore» a quello che fino a un anno fa era soprannominato, per i suoi meriti di leader e l'appeal esercitato sulle masse, «Arik, re d'Israele». Un’arma meno banale, e certamente più pericolosa per la salute di Sharon, è, invece, l'insistenza con cui alcuni rabbini oscurantisti invocano la peggiore delle maledizioni kabalistiche, detta in aramaico pulsa de nura, letteralmente, «staffilata di fuoco», sulla testa del primo ministro, reo di voler evacuare le colonie di Gaza, mettendo cosi in pericolo, secondo i suoi fanatici detrattori, la vita di altri ebrei Vale la pena di ricordare, infatti, che la stessa maledizione divina venne evocata contro Yitzhak Rabin quando nella destra israeliana cominciò a montare la campagna d'opposizione contro gli accordi di Oslo, e alcune frange, cospicue, della stessa estrema destra nazionalista si abbandonarono a una serie di provocazioni, incitamenti e congiure. Da autentico fanatico imbevuto di cattivi insegnamenti, Yigal Amir si diede il compito di eseguire la «condanna» auspicata da certi rabbini. La differenza è che per i molti estremisti, che da mesi tengono in costante, altissimo allarme le forze di sicurezza incaricate della protezione del premier, raggiungere Sharon è molto più difficile di quanto fu per Yigal Amir raggiungere Rabin. Così, non potendo fermare in altro modo l'uomo che ha concepito il processo che condurrà al primo ritiro israeliano da una parte dei Territori occupati con la guerra del '67, i menagramo ultranazionalisti spargono notizie su malori, mai avvenuti, che avrebbero portato Sharon, se non sul punto di morire, in uno stato di totale impossibilità a continuare il suo mandato. Infatti, ictus, e via dicendo fanno sorridere l'entourage del premier, ma amareggiano molto Sharon. «Dove siete?» ha chiesto al telefono a uno stretto collaboratore del Primo ministro, uno dei più noti giornalisti israeliani, Shimo Shiffer: «A Ichilov» (un importante centro medico di Beer Sheva), ha ironizzato l'interlocutore. Il fatto è che la galassia dei nemici del ritiro, non s'è arresa davanti all'inarrestabile macchina del «disimpegno» messa in piedi dal premier per condurre in porto il suo piano. Questa galassia è più vasta, efficace e bellicosa di quanto non si pensi. La sua esistenza non è contingente e non è destinata a esaurirsi con l'evacuazione dei 21 insediamenti di Gaza e dei quattro nel nord della Galilea. La strategia dei coloni è, in realtà, proiettata verso il futuro, a impedire altri eventuali ritiri dalla Cisgiordania. Per questo gli esperti dell'intelligence interna temono che il «disimpegno» da Gaza vedrà episodi di violenta resistenza, perché c'è una minoranza che vuole che il ritiro rappresenti un monito e un deterrente contro altre possibili, analoghe concessioni. Non è un caso che molti dei capi della rivolta di questi giorni fossero già attivi nelle proteste contro gli accordi di Oslo (1993). Nadia Matar, fondatrice delle Donne in verde, un gruppo sorto in contrapposizione con l’organizzazione pacifista delle Donne in nero, a chi la intervista oggi, trova il modo di ricordare che passò in carcere, insieme con il marito, il decimo anniversario di matrimonio, dopo essere stata fermata a una manifestazione violenta, nel febbraio del '95, contro la pace sottoscritta da Rabin e Arafat. Oggi Nadia è uno dei leader della rivolta. Alcuni mesi fa, dall'insediamento di Ofra (vicino a Rama1lah) s'è trasferita nel Gush Katif, a Shirat Hayam, in una delle baracche abbandonate dall'esercito egiziano dopo la sconfitta del '67, baracche originariamente destinate al riposo degli ufficiali del Cairo. In queste casupole cadenti, alcune senza tetto, altre senza pavimento, né servizi, si sono installati alcuni degli estremisti venuti dalla Cisgiordania e infiltratisi nel Gush Katif per dar manforte a quella parte della popolazione degli insediamenti che intende resistere all'ordine di evacuazione. Anche Baruch Marzel e Moam Federman sono due guerrieri messianici di lungo corso e, come Madia Matar, si sono trasferiti negli insediamenti di Gaza per partecipare alla rivolta contro i piani del governo. Entrambi erano e sono attivisti del Movimento Kach, fondato dal rabbino Meir Kahana (ucciso da un terrorista, a New York, nel 1991), la cui ideologia, decisamente razzista, propugna l'espulsione degli arabi dai Territori. Marzel e Federman, insieme con Itamar Ben Gvir di Gerusalemme, hanno preso posto nell'albergo abbandonato di Hof Dekalim che, fino a quando non è stato sgomberato dalla polizia, fungeva da quartier generale della resistenza. Da lì è partita una vergognosa spedizione punitiva contro un gruppo di ragazzi appartenenti all'etnia Mawasi, una minoranza araba che vive pacificamente dentro il Gush Katif. I ragazzi passeggiavano tranquillamente sulla spiaggia. Uno di loro è stato quasi linciato, mentre un altro è stato ferito da un colpo di pistola. Certamente, non tutti i 240 mila coloni sono disposti a scendere in piazza contro il ritiro, forse meno della metà si sentono coinvolti. E tuttavia lo Yesha, il Consiglio dei Capi delle amministrazioni locali di Giudea, Samaria e Gaza, è in grado di mobilitare almeno centomila persone sulla base di parole d'ordine relativamente moderate, ma dal contenuto più o meno consapevolmente eversivo. La marcia sul Gush Katif, è un'invenzione dello Yesha, che sperava, bloccando il maggior numero possibile di poliziotti e soldati, di capovolgere una decisione del governo e del parlamento che non considera espressione della sovranità nazionale, ma al pari della polizia e dell'esercito, strumenti nelle mani di Sharon. Ben quattro quartier generali tentano di monopolizzare i duri e puri che s' oppongono all'evacuazione. Il «Quartier generale della lotta», che ha inondato il Paese di nastrini arancione, opera dall'interno del Gush Katif. Il «Quartier generale alternativo» contesta al primo un eccesso di moderazione e vorrebbe fortificare il blocco degli insediamenti per impedire alla polizia di arrivarci. Il «Quartier generale congiunto» ha la pretesa di coordinare tutti i movimenti di destra, mentre il «Quartier generale muraglia di difesa», guidato dal fratello del ministro dell'Educazione, Limor Livnat, indirizza la sua propaganda eversiva sui soldati, invitandoli alla disobbedienza. La "Jewish leadership" è invece la creatura di Moshè Feiglin, facoltoso membro del Comitato centrale del Likhud e instancabile finanziatore di «acquisizioni», mediante esproprio o compravendita, di proprietà arabe. La direzione giovanile del movimento coordina l'attività degli adolescenti, indirizzandoli a tutta una serie di manifestazioni di disturbo, come blocchi stradali e blocchi di uffici pubblici. Obiettivo: tenere occupati i poliziotti e i soldati impegnati nei preparativi del ritiro e procurarne lo sfinimento fisico. A questa incessante pressione propagandistica che non esita a dare dei «nazisti» ai militari che ottemperano agli ordini, l'esercito cerca di rispondere rafforzando le difese psicologiche dei suoi uomini con un lavoro di training affidato a un team d'esperti. Il tempo dirà quanto sarà stato efficace. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de Il Venerdì di Repubblica. 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