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La Stampa Rassegna Stampa
04.08.2005 La jihad islamica, in difficoltà dopo aver ucciso un bambino palestinese, forse accetta il cessate il fuoco
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 04 agosto 2005
Pagina: 7
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La jihad islamica potrebbe riconoscere»
LA STAMPA di giovedì 4 agosto 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein, che riportiamo:
Putroppo è del tutto realistico pensare che non la convinzione politica, ma la morte di Yasser Adnan Ashkar, un bambino palestinese di 9 anni e il ferimento di altri sette - fra cui i quattro figli del ministro Hishan Abdel Razek, una figura di primo piano nel Fatah - abbiamo portato alla decisione della Jihad Islamica di sospendere, o almeno così dichiarano i suoi esponenti, i lanci di missili Kassam e delle Katiushe sugli insediamenti israeliani in occasione dello sgombero previsto per il 15 di agosto.
Le conseguenze del lancio del missile, probabilmente destinato alla manifestazione dei settler in marcia da Sderot a Ofakim e di cui comunque la Jihad Islamica rifiuta la paternità, hanno fatto enorme impressione su tutti i cittadini di Gaza: la casa a pezzi, il sangue del bambino ucciso, la costernazione del ministro Dahlan e la richiesta di cessare la violenza, tutto questo ha certo spinto la Jihad a una marcia indietro. Comunque inziata dalle dichiarazioni di un suo esponente, Abu Kassam al giornale israeliano Ha’aretz: «Se l’Autorità nazionale palestinese avvia un rapporto con Israele e noi faremo parte del governo», ha sostanzialmente detto uno dei leader della Jihad, «potremmo rivedere le nostre posizioni e riconoscere Israele, se non formalmente almeno di fatto».
Questo, anche se come al solito si tratta di posizioni tattiche e non strategiche che possono cambiare ad ogni istante, pure migliora la possibilità che lo sgombero si svolga in condizioni di calma, e che quindi l’esercito israeliano non debba, come aveva annunciato Zeev Boim, il viceministro della Difesa, volgersi dal fronte interno a quello del consueto scontro con i palestinesi, lasciando le cose in sospeso. Abu Mazen sta facendo di tutto perché le cose vadano bene: ieri ha dichiarato di poter controllare il terreno, e l’incaricato palestinese per il ritiro Mohammed Dahlan ha incontrato sia il vicepremier Shimon Peres che il ministro della Difesa israeliani Shaul Mofaz per colloqui che stabiliscono di fatto, un autentico coordinamento.
Quarantotto coloni israeliani sono stati arrestati ieri sera dalla polizia israeliana nei pressi del valico di Gush Katif, al confine con la Striscia di Gaza. La polizia e l'esercito israeliani avevano deciso di bloccare la prevista marcia dei coloni che si oppongono al ritiro radunatisi nella località di Ofakim: la Striscia, a meno di due settimane dall'inizio delle operazioni di ritiro, è stata infatti dichiarata zona militare vietata ai non residenti.
La fragilità della situazione è grande, anche mettendo da parte per un attimo il pericolo allo sgombero portato dalla possibilità di grandi incidenti fra l’esercito e i settler stessi. La macchina terrorista, nonostante tutto, è ben oliata, se si pensa che dall’inizio del 2005, 21 israeliani sono stati uccisi e 238 feriti in attacchi e sono state sparati più di mille missili.
Intanto lo Shin Beth, l’agenzia di sicurezza israeliana interna, sta investigando la preoccupante possibilità che al Qaeda sia riuscita a creare un succursale palestinese a Gaza sotto il nome «le Brigate della Jihad dei Paesi di confine». La prima informazione era giunta direttamente dall’Autorità palestinese in maggio, quando un’organizzazione detta «Brigate di Allah» rivendicò un attacco sui militari a Rafah, in cui ne erano stati feriti quattro. Prima, era stato arrestato un palestinese con cittadinanza canadese, Jamal Abdel al Akel, condannato a quattro anni per aver preparato un attentato a un alto ufficiale israeliano e a membri delle comunità ebraiche americane e canadesi.E’ rimasto aperto l’interrogativo sulla sua identità politica. Tempo fa Zacharia Zubeidi, capo della Brigate di Al Aqsa a Jenin, aveva annunciato che alcuni elementi di al Qaeda cercavano di entrare nei Territori e di sfruttare le strutture di Hamas. Adesso un video li mostrerebbe con un libretto di al Zarkawi mentre sparano dei missili Kassam a Gaza.
La notizia è tuttavia incerta e per ora per Abu Mazen è più realistico preoccuparsi del consueto fronte interno, che sembra calmarsi via via che si avvicina lo sgombero. Però intanto a Gaza fonti della sicurezza locale dicono che Farouk Khaddumi, uno dei più duri leader palestinesi, ancora residente a Tunisi, grande negatore dell’accordo di Oslo, e almeno sulla carta, per amore degli equilibri politici, vice del moderato Abu Mazen, stia stabilendo una ennesima forza di polizia, un «esercito popolare»: proprio quello che ci vuole a Abu Mazen mentre tenta, da tempo, di unificare tutto il fronte delle forze dell’ordine.
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