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La Repubblica Rassegna Stampa
04.08.2005 I violenti fanatici antiritiro immaginati da Alberto Stabile
garantista a senso unico

Testata: La Repubblica
Data: 04 agosto 2005
Pagina: 11
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Gaza, i coloni ultrà marceranno verso Gush Katif»
In un articolo pubblicato da REPUBBLICA di mercoledì 4 agosto 2005, Alberto Stabile attribuisce al movimento antiritiro "il disegno di sovvertire con la forza il "piano di disimpegno" adottato dal governo e approvato dal parlamento".
I mezzi scelti dal movimento sono invece non violenti.
Stabile se la prende anche con "certi garantisti a senso unico", che difendono al libertà di manifestare dei coloni ma non quella dei terroristi di ammazzare, o dei "manifestanti" palestinesi di prendere a sassate i soldati israeliani.
Se c'è qualcuno che si merita la qualifica di "garantista" a senso unico è invece proprio Stabile, sempre critico con l'esercito israeliano quando contrasta il terrorismo palestinese ma pronto a suggerire la necessità della massima durezza quando si tratta di affrontare il movimento dei coloni.
E' chiaro che la sua preoccupazione non per è la sicurezza di Israele. Mira invece alla delegittimazione morale degli insediamenti, alla demonizzazione dei coloni, alla distorsione dell'immagine di Israele descritto come un paese sopraffattore, pieno di fanatici violenti.

Ecco il testo:

GERUSALEMME - I ranghi dei guerrieri anti ritiro si vanno assottigliando a vista d´occhio. Non soltanto la maggioranza del Paese ha voltato le spalle ai coloni, ma la convinzione che l´evacuazione sia un fatto ineluttabile comincia ormai a farsi strada nella stessa estrema destra. Eppure, una minoranza intransigente, nell´ordine di poche migliaia di persone, ha continuato ieri, per il secondo giorno consecutivo, ad impegnare un gran numero di poliziotti e di soldati minacciando di marciare in serata sul Gush Katif, il blocco d´insediamenti nella Striscia di Gaza prossimi ad essere smantellati.
Il disegno di sovvertire con la forza il "piano di disimpegno" adottato dal governo e approvato dal parlamento non è stato, dunque, accantonato. La strategia dei coloni nazionalisti e messianici resta quella di raggiungere in massa il Gush Katif nella convinzione, secondo le parole di uno dei leader della protesta, che «se nel Blocco ci saranno cinquantamila persone a fronteggiare l´esercito e la polizia, gli insediamenti non potranno essere evacuati».
Ieri, secondo giorno del nuovo ciclo di manifestazioni, dopo quello di due settimane fa, quest´auspicio sembrava, tuttavia, infondato. Anche se gli organizzatori della protesta hanno fatto sapere che centinaia di manifestanti erano riusciti il giorno prima ad infiltrarsi nel Gush Katif, disperdendosi nei vari insediamenti per evirate di essere individuati dalla polizia, il secondo raduno a Ofakhim, cittadina a venti o venticinque chilometri dalla Striscia, non ha offerto le immagini di forza e di consenso che avevano dato i precedenti. A sera la polizia, che, come tutte le polizie del mondo quando sono costrette a fronteggiare movimenti di massa, indulge in stime sparagnine, parlava di tre o quattromila persone.
Le dirette dei telegiornali israeliani non hanno rettificato di molto questa valutazione. Ma anche se i dimostranti di Ofakhim fossero stati in diecimila sarebbe stato comunque un fallimento.
Contrariamente a quanto è successo due settimane fa, stavolta la polizia non ha fermato gli autobus dei dimostranti alla partenza dalle varie città. Cosa che suscitò un´alzata di scudi da parte di certi "garantisti" a senso unico. Stavolta nessuno può gridare alla violazione del sacro diritto alla protesta come ha fatto il ministro della Finanze, Netanyahu. Eppure l´adunata oceanica dei coloni ultras non c´è stata. La loro forza è quella, 30 o 40 mila persone, meno dell´uno per cento della popolazione israeliana.
Ma alla loro marcia sul Gush Katif non sembrano voler rinunciare: in massa, preceduti dai rabbini più autorevoli, o divisi in due tronconi, come hanno minacciato ieri sera, in modo che un braccio del corteo blocca la polizia e l´esercito (uno schieramento complessivo di 14 mila uomini) in un confronto estenuante fatto di incitamenti alla disobbedienza e di proclami d´amicizia avvelenati, mentre l´altro, ulteriormente frazionato in piccole cellule autonome dovrebbe insinuarsi fra le linee nemiche e, attraverso percorsi alternativi, diffusi dal Consiglio dei Capi degli Insediamenti (Yesha) via internet, penetrare all´interno del bastione del Gush Katif per prepararne la difesa ad oltranza assieme a quella parte della popolazione del Blocco che intende resistere allo sgombero. In particolare, l´ordine d´infiltrarsi sarebbe stato dato da Yesha a due mila giovani.
Ma proprio da quelli che dovrebbero esser i maggiori interessati, i sette o ottomila coloni di Gush Katif, giungono in queste ore segnali non proprio confortanti per i dimostranti messianici (quasi tutti provenienti dalle colonie della Cisgiordania). Oggi, per esempio, i residenti dell´insediamento di Netzer Hazani condurranno la cerimonia della consegna delle armi, di difesa personale e di difesa dell´insediamento, come prescrivono le procedure stabilite prima che inizi il ritiro. Segno, questo, di una scelta per la non violenza, o al massimo per una resistenza passiva. Ma anche un segno che, nonostante le attese di un miracolo, evocate dal palco di Ofakhim, oramai per molti abitanti del Gush Katif il ritiro è un fatto compiuto.
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