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La Stampa Rassegna Stampa
01.08.2005 Atomica iraniana: fallita la strategia diplomatica europea
mentre l'opposizione iraniana denuncia le fatali illusioni dell'occidente

Testata: La Stampa
Data: 01 agosto 2005
Pagina: 8
Autore: Maurizio Molinari - Domenico Quirico
Titolo: «L'Iran sfida l'Europa. Riapre l'impianto per l'uranio arricchito»
LA STAMPA di lunedì 1 agosto 2005 pubblica a pagina 8 l'articolo di Maurizio Molinari "L'Iran sfida l'Europa. Riapre l'impianto per l'uranio arricchito".

Lo riportiamo:

Alta tensione fra Iran ed Unione Europea. Teheran ha informato Londra, Berlino e Parigi della volontà di riavviare nella città di Isfahan l'impianto per la conversione del minerale di uranio in gas - ovvero l'ultimo passo prima dell'arricchimento dell'uranio da cui si ottiene materiale fissile - e le tre capitali dell'Ue hanno risposto con un monito ad evitare «atti unilaterali» destinati a pregiudicare il negoziato in corso da oltre due anni. Ad annunciare il passo di Teheran è stato Hassan Rohani, capo negoziatore iraniano sul tema del nucleare, preannunciando l'invio di una lettera formale all'Agenzia internazionale per l'energia atomica dell'Onu (Aiea) per notificare la riattivazione dell'impianto di Isfahan e chiedere agli ispettori di presenziale al momento in cui verranno tolti i sigilli. Sebbene l'Aiea da Vienna abbia fatto sapere di non aver ricevuto finora alcuna comunicazione formale, le parole di Rohani celano l'intenzione della Repubblica islamica di attestare il diritto all'arricchimento dell'uranio - ovvero a produrre il materiale che serve per realizzare bombe atomiche - in coincidenza con l'insediamento alla presidenza, previsto per domani, del neo-eletto Mahmud Ahmadinejad da sempre sostenitore del programma nucleare, a suo avviso destinato unicamente a «scopi pacifici».
Nel tentativo di evitare il collasso del negoziato i tre Paesi europei - in costante consulto diplomatico con Washington - mostrano tanto la carota che il bastone. Le offerte messe sul piatto non sono mai state tanto abbondanti e non a caso sono state definite da Parigi «generose». I tre europei si sono infatti detti pronti a costruire un imprecisato numero di centrali nucleari per l'Iran, a fornire l'uranio arricchito per metterle in condizione di funzionare ed anche a sottoscrivere precise garanzie di sicurezza contro il rischio di possibili «invasioni straniere» in un prossimo futuro. E' la prima volta che un simile pacchetto viene offerto alla Repubblica Islamica ed il contenuto ripete in gran parte i dettagli delle offerte fatte proprio in questi giorni a Pechino dagli inviati americani alle controparti nordcoreane per spingere Pyongyang a liberarsi delle bombe atomiche che è riuscita a produrre evadendo i controlli dell'Aiea.
L'intento di Londra, Berlino e Parigi resta quello di spingere Teheran ad andare oltre la sospensione dell'arricchimento dell'uranio - concordata circa un anno fa dal precedente presidente Mohammed Khatami - e decidere il totale abbandono del processo di realizzazione di combustibile adatto a realizzare armi nucleari. Teheran si oppone, affermando che in base al Trattato contro la proliferazione nucleare da lei sottoscritto possiede il diritto ad arricchirire l'uranio «a fini pacifici», ed inoltre Rohani ha più volte rivendicato la possibilità teorica di avere armi nucleari in ragione del fatto che «nella regione in cui ci troviamo India, Pakistan, Russia e Israele le possiedono». Ma gli europei, al pari degli americani, diffidano di Teheran in ragione della constatazione che per venti anni ha condotto un programma nucleare clandestino ed anche del fatto che la sua dottrina strategica militare prevede nero su bianco la «distruzione dell'Entità sionista» (ovvero di Israele) e quindi fa supporre che se entrasse davvero in possesso di armi nucleari non esiterebbe molto ad usarle in maniera offensiva. Al fine di ammonire l'Iran sui rischi della ripresa dell'arricchimento dell'uranio i tre Paesi europei hanno sottolineato il rischio di un «passo unilaterale» che porterebbe «al fallimento del negoziato», aprendo così di fatto le porte al deferimento dell'Iran al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dove l'amministrazione Bush da tempo sostiene la necessità di votare sanzioni economiche per fermare la corsa del regime degli ayatollah alle armi nucleari.
Posta di fronte alle pressioni degli europei, Teheran per il momento sembra voler andare avanti sulla propria strada: «Gli ispettori dell'Aiea si recheranno ad Isfahan per essere presenti alla riattivazione dell'impianto e noi vogliamo continuare le trattative con gli europei». Come dire, non rinunciamo al programma nucleare ma neanche a ciò che gli europei vogliono offrirci.
Sempre a pagina 8, Domenico Quirico riporta le affermazioni di esponenti dell'opposizione iraniana che dichiarano "L'Occidente si sta lasciando ingannare".

Ecco il testo:

«Europei, vi hanno beffato. Mentre perdevate tempo ad ascoltare le promesse e ad illudervi del pragmatismo degli ayatollah, il regime ha compiuto passi decisivi nella costruzione della bomba atomica. Quando Hassan Rohani, il capo del programma, afferma che è in grado di procedere all'arrichimento dell'uranio in poco tempo e di continuare la produzione anche se saranno attaccati, non bluffa: dice la verità». Parola di Mohammad Mohadessine, presidente della commissione esteri del Cnri, il «Consiglio della resistenza iraniana», una delle formazioni più agguerrite dell’opposizione che ha sede a Parigi.
Mohadessine scoperchia cifre, nomi, dati, spiattella il dossier che i mujaheddin del popolo hanno accumulato, giorno dopo giorno, sulla pericolosa passione degli ayatollah per l'atomica. «Il regime - continua - sforna ormai a ritmo accelerato centrifughe prodotte in vari punti del paese che tutti conoscono tranne l'Aiea (l’agenzia impegnata per l'Onu a contrastare la proliferazione delle armi atomiche, ndr) che fa finta di non sapere. Le installazioni del centro atomico di Isfahan sono state completate e sono in grado di produrre esafloruro UF4 e UF6. Prosegue intanto a marce forzate il progetto di produzione del plutonio e di fabbricazione delle ogive. Tutto è nelle mani dei guardiani della rivoluzione, responsabili della repressione interna contro i dissidenti e della gestione della politica irachena. Attenzione: è un segnale importante che l'occidente non ha saputo leggere. Significa che tutte le energie del paese per volontà della guida suprema Khamenei sono dirette verso la costruzione della Bomba».
I mujaheddin sostengono che sotto i mille metri quadri della fabbrica di Isfahan dove si lavora il «yellowcake», una polvere di uranio estratto dalle miniere del deserto, sono stati costruiti tunnel giganteschi dove il lavoro in questi mesi è continuato a pieno regime. Le rivelazioni più clamorose dei mujaheddin del popolo, che dispongono di solide infiltrazioni anche all'interno del regime, riguardano in particolare la «operazione acciaio». Il fatto che sia stata completata senza aver sollevato i sospetti dei negoziatori europei spiegherebbe l’improvvisa svolta nella trattativa con l'occidente. Ora Teheran non ha più bisogno di guadagnare tempo. L'acciaio di cui i costruttori della Bomba iraniana avevano bisogno è del tipo «maranging», che ha caratteristiche di resistenza superiori persino al titanio. Materiale perfetto per fabbricare le centrifughe e la fusoliera delle Bombe. Ma non solo: è il materiale di rivestimento senza cui è impossibile procedere alla implosione che scatena la reazione nucleare. Appunto la fase finale della costruzione dell'Atomica.
È un obiettivo che i tecnici iranani inseguono da tempo. I primi esperimenti sarebbero stati realizzati in una base dei pasdaran vicino all'aeroporto di Keran, nel 1987, utilizzando cannoni e armi antiaeree: preistoria, secondo i mujaheddin. Negli ultimi mesi, infatti, il regime ha trovato fonti segrete all'estero e sta procedendo a ricerche e a produzione autonoma. «L'acciaio viene importato di contrabbando - spiega Mohadessin -: un paese fornitore è la Malaysia. Da lì, è trasferito per nave negli Emirati e poi esportato in Iran sotto le etichette contraffate di un altro prodotto non strategico. Il regime si serve di alcune società fittizie, che ha costituito in vari paesi, collegate con l'ente di stato per l'acciaio, ma i cui dipendenti in realtà sono guardiani della rivoluzione. Forse l'Aiea potrebbe fare qualche ricerca telefonando ai numeri della Ascotec, impresa che ha sedi a Duesseldorf in Germania , in Giappone e negli Emirati. Ma se vogliono saperne di più - invece di ripetere, come fanno ora, che il loro compito non è di strangolare un paese - possiamo fornire anche qualche indirizzo a Mosca. Gruppi di tecnici iraniani hanno fatto visite (non certo per turismo) in Cina e non sono tornati a mani vuote. Comunque questa è solo una via. Si lavora anche per produrre in proprio l'acciaio: gli scienziati dell’università Malek Achtar a Lavisan, Isfahan e Karadj ne sanno qualcosa».
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