domenica 22 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
01.08.2005 Abu Mazen spera che il terrorismo palestinese disarmi come l'Ira
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 01 agosto 2005
Pagina: 8
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Abu Mazen sogna Hamas come l'Ira»
LA STAMPA di lunedì 1 agosto 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein sugli sforzi di Abu Mazen per ottenere un cessate il fuoco dalleorganizzazioni terroristiche palestinesi, alla vigilia del ritiro israeliano da Gaza.

Ecco il testo:

Abu Mazen, dopo che l’Ira ha annunciato la settimana scorsa la sua decisione di porre fine alla antica, violenta campagna contro il potere britannico, ha compiuto un gesto inconsueto, e in genere poco sottolineato. Ha infatti dichiarato la sua soddisfazione per la scelta del braccio armato dello Shin Fein, e si anche augurato che nel futuro si possa arrivare alla conclusione del conflitto fra palestinesi e israeliani.
Ora, poiché la parte irlandese che ha fatto uso del terrorismo è certamente l’Ira, che in questo caso ha né più né meno che rinunciato alla sua arma tradizionale, appunto le bombe, l’allusione è chiara ed è un segnale di quello che passa per la testa del presidente palestinese di fronte allo sgombero da Gaza e parte della Cisgiordania che avrà luogo fra due settimane.
In questa vigilia sabato scorso Abu Mazen è riuscito, dopo settimane di sparatorie, rapimenti, agguati, a concludere un patto con Hamas e la Jihad Islamica per assicurare che l’uscita dei coloni israeliani da Gaza non sarà accompagnata da bombardamenti e missili Kassam, ma avverrà solo fra le celebrazioni congiunte delle varie forze palestinesi. Infatti sia Hamas che la Jihad Islamica hanno chiarito ai giornalisti che non condividono affatto la linea di Abu Mazen (ovvero, sono a favore della continuazione del terrorismo) ma che, come dice il leader di Hamas Mahmoud Zahar, saranno insieme a Fatah «per celebrare la vittoria che è stata acquisita con la resistenza perché vogliamo consolidare la percezione che questa terra è stata liberata con il sangue del nostro popolo, innanzitutto di Hamas».
L’accordo quindi non è una soluzione molto promettente per il presidente palestinese, ma è meglio che niente. E poiché Abu Mazen sa che gli egiziani sanno parlare molto bene all’orecchio di Hamas (il loro ultimo incontro con loro è stato poco più di una settimana fa) e poiché è a loro che con tutta probabilità il governo israeliano consegnerà lo «Tzir Philadelfi» ovvero di fatto il confine fra Gaza e l’Egitto da cui sono passate tante armi in mano a Hamas dal Sinai, il Presidente subito dopo l’accordo è partito per il Cairo.
Abu Mazen è molto ansioso e la sua ansia ha due caratteristiche, una tattica e una strategica. Il viceministro degli Esteri israeliano Zeev Boim proprio ieri ha dichiarato per la prima volta che se l’esercito dovesse essere attaccato dai palestinesi mentre sgombera i settler, poiché è impensabile che agisca su due fronti, sospenderà lo sgombero; non solo, darà anche il via a un’operazione simile alla grande azione dell’aprile 2000 «scudo di difesa», ciò che implica un’occupazione temporanea finchè la vittoria sul terrorismo non sia consolidata.
Figuriamoci la preoccupazione di Abu Mazen: perdere per strada lo sgombero sarebbe la sua fine politica, un disastro definitivo per i palestinesi, una perdita di fiducia e anche di immensi finanziamenti sul piano internazionale. E a proposito della dimensione internazionale, la preoccupazione più grande, adesso, dopo che gli attentati terroristi hanno sconvolto mezzo mondo, è quella di essere collocati nella parte sbagliata della mappa che divide le fonti del terrore da chi ne viene colpito. Se nonostante il gesto di buona volontà degli israeliani i palestinesi seguitassero ad attaccare, allora forse oggi il mondo intero abbraccerebbe il peggiore incubo di Abu Mazen, ovvero che è impensabile consegnare ulteriori fette di territorio a chi ne facesse una grande base terroristica. C’è infine un ultimo pensiero pesante nella testa del raiss, testimoniato dal fatto che nell’area palestinese dei Muwassi accanto al Gush Kativ, l’area di maggiore presenza israeliana e quindi di più vasta evacuazione, è stato stabilito un comitato di emergenza per difendersi da «elementi sospetti» ovvero trafficanti e anche ufficiali dell’Autonomia che stanno tentando di prendere illegalmente il controllo delle aree liberate.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.




lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT