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Libero Rassegna Stampa
27.07.2005 Craxi, Andreotti, Cossiga: in rassegna gli eroi della Prima Repubblica
e la loro politica di compromesso con il terrorismo

Testata: Libero
Data: 27 luglio 2005
Pagina: 1
Autore: Renato Farina
Titolo: «Basta, facciamo un bel patto con Bin Laden»
Il 25 luglio 2005 Informazione Corretta riportava la notizia della "proposta" di Francesco Cossiga: un patto con Al Qaeda per garantire all'Italia di essere risparmiata dal terrorismo islamista.

Mercoledì 27 luglio 2005 LIBERO pubblica in prima pagina un'intervista di Renato Farina al senatore a vita, nella quale la proposta viene rilanciata e precisata.
E' difficile distinguere in questo testo il Cossiga ironico e provocatore politico spudoratamente cinico.
Certo è che da essa emerge il quadro dell'Italia della prima Repubblica, della sua politica filo-araba e dei suoi compromessi con il terrorismo palestinese.

Una politica che sarebbe in realtà impossibile, anche messa da parte ogni considerazione morale, da riproporre oggi.
L'odio del terrorismo islamista verso l'Occidente è esistenziale, non negoziabile.
Se tentassimo di rinunciare all'onore per evitare la guerra, ci ritroveremmo, come disse Churchill di chi volle a tutti i costi la "pace" della Gran Bretagna con la Germania nazista, senza onore e senza pace.

Ecco l'articolo:

Non ha dubbi Francesco Cossiga. O guerra o un patto con Bin Laden. E siccome l'Italia non può, non vuole, il popolo italiano ha paura, è buono eccetera eccetera, meglio trattare condizioni onorevoli per non farsi colpire. Davvero cercare una tregua con Al Qaeda avrebbe un senso? «Ci sono dei precedenti negli anni 70. Non protestò nessuno allora». Non bastano per tutelarci dal terrorismo i provvedimenti decisi dal governo? «Figuriamoci. Lo sforzo dell'amico Peppe Pisanu, ministro dell'interno, nel proporre i nuovi provvedimenti è lodevole. A consigliarlo è stato certamente, sul piano tecnico, il valorosissimo capo della polizia Gianni De Gennaro. Ad esortarlo poi alla prudenza "minimalista" è stato Gianni Letta, sottosegretario di Stato anche alle informazioni ed alla sicurezza. Lo ha fatto da quel grande conoscitore dei politici e della gente comune che è». E allora? «Io le ho esaminate attentamente. Nonostante suonino forti e rotonde, specie se paragonate a quelle adottate dal Regno Unito con il terrorism act e dagli Stati Uniti con il patriot act, sono soltanto qualcosa di più, ma solo soltanto un poco di più, dell'acqua fresca. Ma in Italia di maggiormente incisivo ed utile per la lotta al terrorismo, di più non si può fare». Eppure tempo fa, lei aveva criticato Pisanu proprio su questo tema. «Mi sbagliavo. Lo riconosco e chiedo scusa a Peppe per averlo ingiustamente attaccato. Alla luce della interessantissima, dotta sentenza della prima corte d'assise di Milano, che ha statuito alcuni principi fondamentali su ciò che debba o no considerarsi "terrorismo", "resistenza" e "legittima opposizione" ad una invasione e a una occupazione militare, mi chiedo se le norme proposte potranno reggere al vaglio dei giudici italiani e soprattutto della Corte costituzionale». Insomma: qualunque legge si faccia, se solo provassimo ad avvicinarci al modello inglese o americano, i giudici la annullerebbero o renderebbero vana... «Così è. Mi spiego. La libertà è tutelata dal diritto in generale e dalla Costituzione in particolare. Ed allora sotto il profilo della libertà di esprimere il proprio pensiero, con la parola ma anche con gli atti (e gli attentati in fondo sono una forma di manifestazione delle proprie più intime convinzioni...), è illecito porre ostacoli... E il terrorismo non si può negare sia mosso da un pensiero abbastanza forte». Lei è sarcastico. «Sono sgomentato. I Paesi dell'Occidente europeo - esclusi Irlanda e Regno Unito - sembrano non volersi difendere. Arrivano a negare quasi l'esistenza di un pericolo. Vi è un motivo. Non è per viltà ma per miopia culturale». Insomma non c'è più patria. E non c'è identità. «Non si sa chi sia oggi un europeo. V'è il caso francese, dove un leader di destra, Chirac (i veleni della rivoluzione francese o sono nazionalisti di destra o marxisti-leninistigiacobini) tenta di sostituire in Francia l'identità cristiana, laica, ebrea, protestante con il laicismo di Stato». Guerra all'Islam dunque, se avessimo identità? «Io sono per il confronto e il colloquio con gli ebrei, ovvio, ed è facile, ma anche con l'Islam. Ma per farlo senza arrendersi occorre avere un'identità da cui si parte. E senza l'identità cristiana o quella laica da essa derivata (non il laicismo) non si comprende che colloquio faremmo». Cossiga per il dialogo. Interessante. «Vada piano, ragazzo. L'Islam non è il terrorismo. Non c'è equivalenza. Ma è un errore ritenere che il terrorismo non faccia parte dell'Islam. Allo stesso modo il cattolicesimo francese non è la strage di San Bartolomeo, ma non si può negare che il massacro degli Ugonotti è dentro il cattolicesimo francese ed europeo. Tant'è che il Papa ha chiesto perdono a Parigi ai protestanti. Noi oggi assistiamo a una rinascenza islamica perché certamente dopo la Reconquista spagnola e dopo il colonialismo anglo-francese l'Islam è stato compresso. Ora dinanzi al vuoto dell'Europa si fa avanti». E l'Europa lascia fare. «Eh sì. Un po' perché ha economicamente bisogno di immigrati e un po' perché non ha la forza morale di opporsi ad una rinascenza fiera, anche se nell'Islam di oggi mancano i grandi matematici e geometri e anche i filosofi, tipo Avveroè e Avicenna, che l'hanno impreziosito». Una rinascita pericolosa? «In sé sarebbe solo una sfida culturale arricchente. Questo fenomeno ha una versione in forma di rivincita, che trova nel Corano giustificazioni ad organizzarsi in guerra santa, con le armi. E nei Paesi musulmani, inferiori in tecnologia, prende la forma di terrorismo. Storicamente è sempre andata così. I più deboli usano armi terroristiche ». E noi approntiamo il pacchetto Pisanu. «Sì. Siamo aperti e indifendibili ». Che fare allora? «Se non possiamo o vogliamo difenderci e siamo esplicitamente minacciati, si tratta con l'avversario. Se noi non vogliamo combattere Bin Laden come simbolo del terrorismo islamico con metodi militari e di polizia, e neanche giudiziari (come dimostra la sentenza di Milano), non si può fare altro che trattare». È un paradosso il suo? «E perché? Ci sono precedenti. Questa trattativa non può essere fatta dall'Europa, ma dai singoli Stati». Metta giù un preventivo. «L'Italia potrebbe autorizzare la permanenza pacifica e anzi la difesa dagli attacchi dei servizi segreti e di unità speciali estere di coloro che sono terroristi o fiancheggiatori del terrorismo. Il loro libero ingresso o uscita dal nostro Paese, con armi o senza. Il diritto di passaggio di armi ed esplosivo purché non destinati all'uso in Italia o ad obiettivi italiani. La facoltà di costituire depositi di armi e di materiale logistico di supporto, senza controllo se non volumetrico dell'autorità». Volumetrico e magari sanitario. Se gli mettiamo alle costole quelli delle Asl, stanno freschi. «Non scherzi, per favore. È una cosa seria. Procedo?». Proceda. «Ed in più la promessa che non permetteremo mai l'estradizione, ma anzi faremo scomparire verso Paesi amici e con identità false quelli che siano indicati come terroristi. Si potrebbe poi prevedere, per chi è colpevole di atti anche feroci di terrorismo in altri Paesi, l'asilo sicuro in Italia e la garanzia di non essere processato, e di qui poi fatto espatriare con l'aiuto dei servizi segreti». E se poi Osama ti frega? «I terroristi islamici sono gente terribilmente seria, nati da una fuorviante e fuorviata ma sincera ispirazione religiosa. Infatti è impensabile che un brigatista rosso, un fascista dei Nar, un membro della Raf tedesca o di Action Dirècte francese si faccia saltare in aria sacrificando la propria vita. Invece gli islamici sì. Non sono criminali in senso psicologico. Sono dotati di forte identità, e hanno un grande senso di lealtà. Se noi riuscissimo a essere credibili e a testimoniare concretamente la nostra disponibilità alle concessioni, io non dubito che, salvo qualche irregolare e qualche caso specialissimo, noi saremmo risparmiati dal terrorismo». Ha evocato il precedente. «Lo portò a termine Aldo Moro, dopo che alcuni terroristi palestinesi furono catturati dalle parti di Fiumicino con dei lanciarazzi. Furono liberati a seguito di un patto. Sia chiaro. Nulla è provato per tabulas. Ma ritengo ci fu proprio un accordo di tale natura con il terrorismo e con la guerriglia mediorientale. Una cosa è certa: questo patto per molti anni ha fruttato». Be', non proprio. Ci fu l'assalto a Fiumicino... «Ero io presidente della Repubblica, me lo ricordo bene. Le faccio notare un particolare. I terroristi a Fiumicino attaccarono obiettivi non italiani ma israeliani». Vediamo l'ipotesi guerra. «La guerra non si fa con i se e i ma. Ricordo una risposta che mi diede il comandante del 23° Reggimento Sas dell'esercito britannico. Gli domandai come essi intervenissero per intercettare i terroristi. Rispose che vi era un solo modo, l'uso della forza, cioè della guerra anche se non convenzionale. E continuò: "La guerra è guerra: vuol dire uccidere la gente e distruggere le cose". Se per apprezzabili motivi di ordine etico, umanitario religioso e perché no economico, noi non ce la sentiamo di combattere una guerra, allora di fronte a forze come quelle della rivincita islamica che hanno - loro sì - dichiarato guerra ai crociati e agli ebrei, non rimane che o arrendersi o trattare».
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