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Il Manifesto Rassegna Stampa
28.07.2005 Dopo i "coloni", gli "ascari"
si allunga la lista di proscrizione di Ali Rashid

Testata: Il Manifesto
Data: 28 luglio 2005
Pagina: 1
Autore: Ali Rashid
Titolo: «Tra nord e sud»
Sulla prima pagina del MANIFESTO di giovedì 28 luglio 2005 pubblica un articolo di Ali Rashid, "Tra nord e sud".
Rashid descrive i rapporti tra l'occidente e il mondo islamico nei termini ideologici del terzomondismo e dell'anticolonialismo.
In quest'ottica, la risposta all'aggressione del terrorismo jihadista è una "barabarie" speculare ed equivalente a quella di Bin Laden.
Il "Corriere della Sera" è in prima fila in una "campagna d'odio" (contro chi? Contro chi giustifica gli attenttai contro i civili israeliani)
Arabi e musulmani che si schierano con la libertà occidentale che il terrorismo odia sono "gente che rinnega la sua cultura, si vergogna del suo colore e della propria appartenenza, e si distingue per la virulenza di suoi attacchi".

Un esempio lampante di intimidazione contro chiunque, nelle comunità arabe e musulmane, dissenta dall totalitarismo rivoluzionario evocato da Rashid all'inizio del suo articolo.
Un totalitarismo, quello dei Nasser, degli Assad, dei Saddam Hussein, degli Arafat, che con la sua cultura dell'odio e i suoi sogni di rivalsa sull'occidente ha preparato la strada al jiahadismo fondamentalista da cui Rashid, debolmente prende le distanze.
Sempre con l'attenzione a mantenersi "equidistante" tra Bin Laden e Bush.

Ecco il testo:

Non è stato mai facile o lineare il rapporto tra l'occidente colonialista e postcolonialista con un vasto mondo visto come terra di conquista o zona di interesse vitali, serbatoio di materie prime, mano d'opera a poco costo, avamposto per un dominio militare ed economico. Una visione che si era consolidata ancora di più durante la guerra fredda, esportando lì le guerre «reali» tra est e ovest. La metà del secolo scorso, ha visto il mondo Arabo, l'Africa, l'America del sud, pullulare di movimenti rivoluzionari che avevano l'ambizioni di cambiare il mondo nel solco della giustizia e della convivenza pacifica tra i popoli; era una stagione entusiasmante che fu sconfitta per un difetto di autonomia e per la spietata repressione ingaggiata di regimi dittatoriale, nella loro maggioranza amici dell'occidente.

L'occidente democratico, anche dopo le grande conquiste sul piano della democrazia e dei diritti politici e sociali per i propri cittadini, continuava a rapportarsi con il non occidente, come nel passato, in termine di rapporto economici e di dominio. Per molti anni i regimi dittatoriali e i movimenti reazionari di matrici religiosa islamica erano i suoi interlocutori privilegiati. Il fondamentalismo islamico militare è più figlio della devastazione culturale prodotta dalle mire neocolonialiste di ieri e delle mire egemoniche e di rinnovato dominio americane di oggi, che come una naturale evoluzione dell'Islam. E se dovesse continuare l'ascesa dei neo conservatori in America e dei suoi corrispettivi europei rischiamo di trovarci di fronte a un'Americastan e un'Europastan che detengono la maggiore parte degli armi di distruzione di massa.

Oggi ci dicono che la guerra è contro l'Occidente in quanto tale e contro il suo modello di vita, anche se Bin Laden ha fatto la sua fortuna con questo Occidente e grazie al suo modello e delle sue politiche.

Dal Corriere della sera ci rammentano ogni giorno che l'occidente è in guerra e deve comportarsi di conseguenza, dando così sfogo al peggio che anima un certo occidente in declino; l'altra faccia della barbarie che esprime Bin Laden. E' in corso una campagna di disinformazione e di incitamento all'odio che mette a repentaglio le radici dello stato di diritto e la parte nobile della cultura occidentale, una campagna che ferisce e crea inaspettati nemici, che vede sfilare intellettuali di prestigio, uomini di governo, partiti politici. In questa campagna non mancano alcuni punti di colore, dove si ricorre ai vecchi trucchi di fare sfilare gli ascari e le truppe cammellate, gente che rinnega la sua cultura, si vergogna del suo colore e della propria appartenenza, e si distingue per la virulenza di suoi attacchi. Questi mi ricordano alcuni ragazzi africani che ho visto un anno fa sfilare alla testa di una manifestazione razzista che chiedeva l'espulsioni degli exracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno. In questa guerra tra barbarie, le civiltà, tutte le civiltà, si trovano scacciate: la stragrande maggioranza dei popoli, delle donne e degli uomini di occidente e di oriente che hanno rifiutato e rifiutano la guerra e il terrorismo, sono chiamati oggi in prima persona a trovare le forme organizzative per fare pesare la loro volontà su una politica ufficiale che dimostra ogni giorno la sua incapacità intrinseca a svolgere il suo compito naturale, a dare rappresentanza al desiderio genuino di pace che anima la gente, tutta la gente. E' una «banalità» che diventa sempre più difficile spiegare.

Il governo statunitense dà segni quotidiani del fallimento della sua guerra. Ha intimato ai suoi alleati di fare in fretta a scrivere la nuova costituzione con la partecipazione di chi è stato bollato, a torto o ragione, di terrorismo fino oggi, e temo che questo dialogo si avarrà, un domani, della partecipare anche qualche rappresentate di Bin Laden. Se un giorno (come ci viene puntalmente promesso) l'esercito Usa lascerà Baghdad, vederemo insieme quanta democrazia e libertà hanno portato i liberatori e i detentori della civiltà occidentale.
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