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Il Giornale Rassegna Stampa
27.07.2005 Quell'omissione delle vittime israeliane è un errore
il commento di Antonio Socci

Testata: Il Giornale
Data: 27 luglio 2005
Pagina: 1
Autore: Antonio Socci
Titolo: «L'errore vaticano»
IL GIORNALE di mercoledì 27 luglio 2005 pubblica in prima pagina un editoriale di Antonio Socci, intitolato "L'errore vaticano".

Il punto di vista di un cattolico sulla polemica tra Israele e Santa Sede, e sul significato dello Stato di Israele per la fede cristiana.

Ecco il testo:

Decisamente la Segreteria di
Stato vaticana ha sbagliato:
oltre a Egitto, Turchia, Irak
e Regno Unito doveva citare
anche Israele fra i Paesi colpiti
in questi giorni dal terrorismo.
Non solo perché l'attentato a
Netanya del 12 luglio ha ucciso
5 israeliani. Ma anche perché
Israele è di gran lunga il
Paese più devastato dal terrorismo:
25mila attentati dal
settembre del2000ad oggi.Una enormità.E- volentio nolenti
- gli ebrei e i cristiani sono accomunati, come bersagli, dall'ideologia
dell'odio islamista.
Non so se quella della Segreteria di Stato sia stata una distrazione
o se sia scattato un riflesso pavloviano della diplomazia che -
per non irritare gli arabi musulmani - tende a separare (sbagliando
enormemente) il terrorismo antiisraeliano da quello che colpisce
gli altri Paesi. In entrambi i casi è grave, anche perché la motivata
protesta del governo di Gerusalemme ha finito per lambire
l'incolpevole Benedetto XVI che non ha alcuna responsabilità in
quell'elenco incompleto.
Ratzinger è stato l'anima del riavvicinamento tra Chiesa ed
ebraismo negli anni di Giovanni Paolo II. Avendo visto con i suoi
occhi il demone del nazismo (fu investito personalmente dall'orrore
a 14 anni quando vide portar via un cuginetto, suo coetaneo,
dalle autorità del III Reich che lo ammazzarono perché handicappato),
ha meditato come nessun altro teologo cattolico sulla natura
satanica del nazismo e sul mistero di Israele vittima dello sterminio.
È lui che nel 2001 ha fatto pubblicare dalla Pontificia Commissione
biblica lo splendido documento Il popolo ebraico e le sue
Sacre Scritture nella Bibbia cristiana.
La Chiesa in questi decenni ha spalancato le braccia e il cuore al
popolo ebraico.Ha condannato ogni antisemitismo,ha fatto solenni
e drammatici «mea culpa» per le intolleranze
delpassato,haspazzatovia l'eresia dell'imputazione
di «deicidio», ha riconfermato teologicamente
la perenne elezione di Israele, ha attinto alla ricchissima
storia di Israele percomprendere le radici
del cristianesimo.Ma forse questo dialogo teologico
e umano fra cattolici ed ebrei è andato avanti
per suo conto, ignorando il fatto storico clamoroso
che è accaduto in questi decenni: la rinascita di
Israele come Stato. Di Israele si è occupata da sempre
la Segreteria di Stato vaticana che si occupa
dei rapporti con tutti gli Stati e l'ha fatto secondo le
normali leggi della politica e della diplomazia. È
comprensibile,perché Israele è comunque uno Stato come tutti
gli altri. Tuttavia la ricostituzione di Israele 2000 anni
dopo la distruzione di Gerusalemme,del Tempio e la diaspora è un
evento di enorme importanza teologica sia per i cristiani che per
gli ebrei e stupisce che una seria riflessione teologica non sia ancora
stata avviata. Curiosamente neanche gli stessi israeliani l'hanno
fatta perché il movimento sionista di Theodor Herzl nacque
laico e perché per anni l'ebraismo osservante ha contestato lo Stato
di Israele in nome delle sue convinzioni messianiche. Solo di
recente è cominciata una «legittimazione teologica». Dunque
ebrei e cristiani si trovano insieme di fronte a uno straordinario
mistero tuttora da chiarire.C'è da chiedersi se la nostra generazione
non ha assistito all'avverarsi di una vera (millenaria) profezia.
Vi sono infatti innumerevoli passi nei libri dei profeti biblici che
sembrano descrivere per filo e per segno ciò che è accaduto sotto i
nostri occhi dal 1948, anno di nascita dello Stato di Israele.
È noto che per cristiani ed ebrei (perfino per gli islamici) i profeti
di Israele sono stati ispirati da Dio e hanno predetto gli eventi futuri.
Sono innumerevoli e importanti innanzitutto le profezie messianiche
che da sempre la Chiesa vede compiersi in Gesù. Ma ve ne
sono molte altre riguardanti Israele. Ne ha fatto una breve rassegna
Marco Quarantini nel pamphlet "Israele tra profezia e storia".
Isaia annuncia: «Avverrà in quel giorno che il Signore rimetterà
mano una seconda volta a riconquistare
il rimanente del suo popolo
che sarà scampato dagli Assiri e dall'Egitto, da Patros, da Cush,
da Elam, da Shinear, da Hamat e dalle isole del mare (i Paesi di
Occidente,ndr)...Riunirà i profughi di Israele e raccoglierà i dispersi
di Giuda dai quattro angoli della terra» (11, 11-12).
Così vari suoi passi e altri profeti (Michea, Ezechiele, Geremia,
Amos Zaccaria, Baruch, Osea). Si ha un bel dire che potrebbero
riferirsi a un precedente esilio. L'evento descritto - dove Dio riconduce
i figli di Israele «da Oriente e da Occidente» - coincide fin nei
dettagli con la fine dei duemila anni di diaspora.E con la rinascita
di Israele: «Renderò il deserto una laguna e la terra arida una
fonte. Donerò al deserto i cedri, le acacie, imirti e l'ulivo... perché
la gente veda e sappia e consideri e comprendano tutti che la mano
del Signore ha fatto ciò» (Isaia 41, 18-20). Un altro profeta dice:
«Quella terra devastata, che agli occhi di ogni viandante appariva
un deserto, sarà ricoltivata».
C'è perfino la descrizione di tutte le umiliazioni subite negli anni
della diaspora(«non ti farò più udire gli insulti delle nazioni e non ti
farò più soffrire lo scherno dei popoli», Ez. 36, 13-15) e forse della
tragedia immane della shoah («Ha trovato grazia nel deserto un
popolo di scampati alla spada, Israele si avvia a una quieta dimora
», Ger. 31, 2-5). C'è un passo di Osea che proclama: «Per lunghi
anni staranno i figli di Israele senza Re e senza un capo, senza
sacrificio e senza altare, senza efod e senza terafim. Poi tornerannoi
figli di Israele e cercheranno il Signore loro Dio
eDavid loro Re e trepidi correranno al Signore e ai
suoibenialla fine deigiorni»(3,4).Zaccaria addirittura
annuncia ciò che si avvererà nel 1966: «Li
ricondurrò ad abitare dentro Gerusalemme»(8,7).
Certo alcune di queste profezie vengono interpretate spiritualmente dai cristiani,
ma proprio nel documento
sopra citato, voluto da Ratzinger, dove si
ammoniscono i cristiani a non impadronirsi della
Bibbia ebraica rendendola estranea all'ebraismo,
si proclama: «I cristiani possono e devono ammettere
che la lettura ebraica della Bibbia è una lettura
possibile, che si trova in continuità con le Sacre
Scritture ebraiche... ed è analoga alla lettura cristiana
che si è sviluppata parallelamente ad essa».
Oltretutto c'è una profezia di Gesù stesso che piangerà per la
sorte di Gerusalemme e che predicendo la distruzione del Tempio
(avvenuta40annidopo,nel70d.C.adoperadeiromanichedeportarono
ferocemente gli ebrei) disse: «Non rimarrà pietra su pietra...
vi sarà una grande calamità nel paese e odio contro questo
popolo. Periranno di spada e saranno condotti prigionieri tra tutte
le nazioni eGerusalemmesarà calpestata dai pagani, finché i tempi
dei pagani siano compiuti» (Lc 21, 6-24).
È dunque la nostra generazione che ha visto finire «il tempo dei
pagani» come predetto da Gesù? Il 13 ottobre del 1966 sull'Osservatore
Romano uscì un articolo, intitolato «Storia in atto», dove si
leggeva:«Si ha un bel dire che il senso(delle profezie, ndr) è trasposto
sul piano spirituale. Ora Israele è ritornato nella sua terra...
Credo che noi cristiani non ci siamo ancora resi minimamente
conto dell'importanza sconvolgente di questo avvenimento».
Poi l'autore citava una profezia di Ezechiele («Io visiterò le mie
pecorelle... e le trarrò di mezzo ai popoli e le radunerò dalle varie
regioni e le condurrò nella loro terra e le pascerò sui monti di
Israele») e commentava pieno di meraviglia: «Questa pagina si è
messa in movimento! Bisogna rendersene conto".
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