A Venezia conferenza di arabi liberali per le riforme democratiche in Medio Oriente
Testata: Il Foglio Data: 26 luglio 2005 Pagina: 1 Autore: Anna Barducci Mahjar Titolo: «Gli arabi liberali sfidano gli estremisti con la democrazia»
IL FOGLI di martedì 26 luglio 2005 pubblica a pagina 1 dell'inserto l'articolo di Anna Barducci Mahjar che riportiamo sotto Venezia. In medio oriente soffia da qualche anno un vento di cambiamento. L’organizzazione "Non c’è pace senza giustizia" ha patrocinato una conferenza, dal 21 al 23 luglio a Venezia, sul pluralismo politico e il processo elettorale nell’area mediorientale, con la presenza e il coordinamento di Emma Bonino, che si batte da tempo per dare voce alla nuova élite intellettuale nella regione, che chiede vere riforme democratiche. I partecipanti alla conferenza erano arabi liberali, attivisti, giornalisti, politici, professori universitari da tutto il medio oriente "allargato" che, secondo la definizione statunitense, parte dal Marocco e va fino all’Afghanistan e al Pakistan. La vecchia élite araba era impegnata in lotte nazionaliste, marxiste (per gli interessi del blocco sovietico) e a volte "islamiste": cioè in battaglie contro un nemico esterno. Queste ideologie hanno fallito, hanno portato alla catastrofe e alla divisione del mondo arabo, generando conflitti interni (a differenza di quello che sognava il panarabismo). Il vuoto del nazionalismo nasserista è stato poi riempito dalle organizzazioni integraliste islamiche che hanno condotto la società arabo-musulmana a un ulteriore disastro e al deterioramento delle relazioni con i paesi dell’occidente. Oggi una nuova élite intellettuale sta cominciando a colmare quel vuoto, focalizzandosi sulle riforme interne del mondo arabo. I partecipanti della conferenza hanno steso un documento finale per dare slancio alle riforme sul pluralismo politico con alcune raccomandazioni che saranno esposte in autunno a Rabat, nella conferenza internazionale finanziata dal Democracy assistance dialogue (Dad), nata durante il vertice del G8 americano del 2004 a Sea Island. Il dibattito sulla democrazia in medio oriente non è semplice. La Tunisia, per esempio, che grazie all’ex presidente Habib Bourghiba ha dato diritti alla donna che non hanno eguali nel medio oriente, ha un governo che sulla carta permette il pluralismo, ma nei fatti è dispotico e tortura e imprigiona chiunque critichi il regime di Zine al Abidine Ben Ali. La tessera elettorale arriva qualche giorno dopo le elezioni a coloro che non sono ben visti dal potere e alle ultime consultazioni politiche, in un’aula universitaria di trenta persone, soltanto due avevano potuto votare, e una era figlia di un generale. "Ci sono due tipi di dittatori – dice al Foglio un partecipante alla conferenza di Venezia – quelli come Basher el Assad, facili da individuare, e quelli dalla doppia faccia come Ben Ali e Mubarak". Saad Eddin Ibrahim era accompagnato a Venezia dalla sua inseparabile moglie americana, Barbara: "Qualsiasi cosa lei mi dica di fare, la faccio". Alle prossime elezioni in Egitto non si presenterà: Ibrahim dice che saranno una farsa. Cammina male e zoppica, probabilmente a causa delle percosse ricevute mentre era in prigione. Gli altri partecipanti lo guardano commossi, lo chiamano "l’eroe della democrazia in Egitto". Nei corridoi del monastero dove si è tenuta la conferenza alcuni partecipanti ricordano il video preparato da Ibrahim assieme allo scrittore egiziano, Ali Salem, in cui la nuova generazione araba si prende per mano e coraggiosamente va a votare. "Non crediamo che la nostra battaglia sia stata vana, perché in questi ultimi tre anni altre voci si sono aggiunte alle nostre – dice Ibrahim – E adesso esiste un’opposizione che dice basta con il regime di Mubarak". Poi chiede "come sta Lafif Lakhdar, è a Parigi?". Lakhdar è uno dei precursori del liberalismo arabo moderno, è stato licenziato dal quotidiano al Hayat per le sue idee ed è stato minacciato di morte dagli scritti del fondamentalista tunisino Rashed Ghannouchi. Tutto d’un tratto, dalla domanda di Ibrahim, ci si rende conto che se qualche anno fa i liberali arabi non avevano contatti fra di loro, adesso si leggono e si conoscono a vicenda. "Una cosa è certa: avremo contro i dittatori" "In occidente molti credono che i liberali arabi non esistano, che nella regione non ci sia un dibattito interno, ma noi siamo qui. Se non vogliono vederci è un altro discorso – dice al Foglio Hussein Sinjari, presidente dell’Iraq Institute for Democracy – I liberali sono una crescente, battagliera e coraggiosa minoranza che va aiutata a diventare una maggioranza. Molti in occidente non capiscono quanto sia importante dare forza alle nostre voci. Noi ci occupiamo di temi riguardanti tutta la sfera umana e chiediamo riforme, per questo siamo il target degli estremisti e dei dittatori. Io ho combattuto contro Saddam e adesso voglio liberarmi dai fondamentalisti che controllano il mio paese e che dai loro pulpiti incitano al terrorismo". Basta accendere la televisione su un canale mediorientale per rendersi conto che esiste un dibattito, portato avanti dalla nuova élite intellettuale. Il canale al Arabiya ha un programma settimanale dove sono invitati ospiti liberali che esprimono le proprie idee. L’emittente del Qatar, al Jazeera, la più seguita nel mondo arabo, è stata la prima a iniziare questo tipo di talk show. In questo caso, però, l’invitato liberale è attaccato e contrastato dal presentatore e da un altro ospite estremista con un’opinione divergente da quella del liberale. L’emittente Dubai tv si è specializzata sulle riforme sociali con il programma della presentatrice Lina Sawan che deride apertamente la poligamia e critica quelle tradizioni di origine tribale del mondo arabo che vanno contro i diritti della donna. Le idee riformatrici hanno già ottenuto piccoli ma significativi progressi in Libano e "in Kuwait col voto alle donne", come ricorda Rola Dashti che si candiderà alle prossime elezioni del paese. A Rabat sarà presentato il documento del summit di Venezia che prevede la promozione del pluralismo politico, il libero accesso ai mass media, la partecipazione delle donne, il monitoraggio delle elezioni: riforme democratiche. "Una cosa è certa: avremo contro tutti i governi autoritari", dice Shahida Nighat Jamil, ex ministro pachistano. Nel breve termine, però, è necessario che siano creati mezzi alternativi e legittimi per superare le restrizioni sulla libertà di stampa: creare siti internet e organizzare un network liberale per poter scambiare le proprie opinioni e garantirsi l’appoggio durante i momenti di oppressione politica. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.