Sbagliato aprire le porte agli islamisti "moderati" l'errore del governo egiziano
Testata: La Stampa Data: 25 luglio 2005 Pagina: 3 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «"Perdente la strategia di Mubarak"»
LA STAMPA di domenica 24 luglio 2005 pubblica a pagina 3 un articolo di Maurizio Molinari intitolato "Perdente la strategia di Mubarak", sulle brigate Abdullah Azzam e sulla scelta del governo egiziano dia prire le porte agli islamisti "moderati". Una guerra su tre fronti per instaurare il «Khilafah», il regno di Allah sulla Terra. E' questa la summa della dottrina di Abdullah Azzam, il palestinese di Jenin ideologo del Jihad internazionale e mentore di Osama bin Laden di cui portano il nome le Brigate che hanno rivendicato la strage di Sharm el Sheik. I tre fronti di lotta, a cui Azzam dedicò centinaia di sermoni molti dei quali pronunciati negli Usa per raccogliere fondi per l'Afghanistan negli Anni Ottanta, descrivono altrettanti metodi per consentire al Jihad di imporre la legge islamica all'umanità e corrispondono agli attuali teatri di azione dei gruppi jihadisti: il più immediato è all'interno dei Paesi musulmani per rovesciare governanti corrotti e blasfemi; il secondo è in quelle zone del mondo dove importanti minoranze musulmane sono circondate da altre culture, come nel caso di Balcani, Caucaso, Kashmir ed Europa Occidentale; l'ultimo è lo scontro frontale con la modernizzazione rappresentata in primo luogo dagli Usa. La strage di Sharm el-Sheik come quella di Taba dell'ottobre 2004, rivendicata anch'essa dalle Brigate Abdullah Azzam, vengono ricondotte dagli analisti di intelligence occidentali, al primo dei tre fronti di guerra. Non a caso dopo Taba, l'allora leader di «Al Qaeda nella Penisola Arabica» Abu al-Abbbas al-Aedhi firmò su Internet il documento «Da Riad al Sinai» nel quale tracciava un parallelo fra il Jihad in Egitto ed Arabia Saudita, i due Paesi arabi le cui leadership vengono considerate dai fondamentalisti come le più compromesse con «i crociati ed i sionisti». Sebbene il governo egiziano abbia dichiarato più volte vittoria contro il Jihad islamico negli Anni Novanta le ripetute azioni della Brigate Azzam - che rivendicarono anche due attacchi contro turisti stranieri al Cairo lo scorso aprile - pongono secondo Sherifa Zuhur, docente all'Istituto di studi strategici dell'Accademia militare dell'esercito americano, un interrogativo: «Dobbiamo chiederci se il Jihad sia entrato in una nuova fase in Egitto in ragione del fatto che il governo ha aperto le porte dell'amministrazione agli islamici moderati consentendo forse agli estremisti di avere più margini di manovra per sfuggire a indagini e censura». Ovvero, ad uscire perdente potrebbe essere la strategia del presidente Hosni Mubarak che alternando repressione ed aperture ha consentito al fondamentalismo di sopravvivere cambiando pelle. Per comprendere la forza del richiamo jihadista di Abdullah Azzam sui militanti l'esperto di anti-terrorismo Steve Emerson usa l'espressione «L'uomo prima di Osama bin Laden». Nato nel 1941 nel villaggio di Seelet Al-Hartiyeh, vicino a Jenin in Cisgiordania, studente di agricoltura a Tulkarem e laureato in legge islamica prima a Damasco e poi al Cairo, Azzam dedicò i primi anni a coltivare il Jihad palestinese contro Israele ma poi emigrò in Arabia Saudita dove maturò la convinzione che solo dandosi un'organizzazione militare internazionale la nazione islamica avrebbe potuto imporsi sui nemici. «Bastano il Jihad ed il fucile - soleva ripetere negli anni in cui insegnava all'Università di Gedda - non servono negoziati, conferenze e dialoghi». Nel 1979 fu uno dei primi arabi ad unirsi alla guerriglia afghana contro l'Armata Rossa e si insediò in Pakistan, insegnando a Islamabad e quindi fondando a Peshawar il «Bait-ul-Ansar», il primo ufficio che forniva aiuti finanziari e militari ai mojahhedin. Con questa veste andò in prima linea in Afghanistan, come negli Usa e nei Paesi arabi a cercare fondi, proclamando l'«eroismo della gente ordinaria» capace di battersi per la «Khilafah». Un pentito ha raccontato che nella moschea di viale Jenner a Milano veniva trasmessa una videocassetta in cui Azzam diceva: «Vorrei avere la notizia che l’Italia è stata affondata in un bagno di sangue». In Afghanistan Azzam incontrò Bin Laden - che definiva «l'unico davvero al nostro fianco» - ma i rapporti fra i due restano circondati da un alone di mistero al punto da attribuire alla regia di Osama l'attentato che uccise Azzam nel 1989. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.