Scotland Yard non spara a chi "porta il cappotto in estate", ma a chi non si ferma all'alt per evitare il ripetersi di tragedie come quella del brasiliano morto a Londra, la confusione non serve
Testata: La Repubblica Data: 25 luglio 2005 Pagina: 1 Autore: Adriano Sofri Titolo: «Quando si spara ai sospetti»
LA REPUBBLICA di domenica 24 luglio 2005 pubblica in prima pagina un editoriale di Adriano Sofri sulla tragica morte di Jean Charles de Menezes, ucciso dalla polizia britannica per un tentativo di fuga che lo ha fatto scambiare per un attentatore suicida.
Sofri muove dall'assunto, falso, che la causa dell'errore sia stato il cappotto indossato da De Menezes: è stata invece la sua fuga, dettata dal panico, a indurre in errore gli agenti britannici.
E' importante chiarire questo punto per valutare l'impatto sulla sicurezza collettiva di regole come quelle adottate dalla polizia inglese (sparare per uccidere per fermare un attentatore suicida): in presenza di regole note e certe, come scrive Piero Ostellino sul CORRIERE DELLA SERA di lunedì 25 luglio, i cittadini sono in grado di comportarsi in modo da non correre inutili rischi.
Che le regole siano note e certe è quanto è necessario perché i cittadini innocenti non abbiano nulla da temere e tragedie come quella di Londra non si ripetano né lì né altrove. La confusione e le facili condanne delle forze di sicurezza invece, non servono.
Ecco il testo dell'articolo: La sequenza feroce culminata nella strage di Sharm el Sheik induce a mettere da parte digressioni come l´interrogativo sull´uomo inseguito e ammazzato venerdì alla stazione di Stockwell. Tuttavia lasciate che le dedichi qualche pensiero. Non era uno degli attentatori, ha detto ieri la polizia inglese, e non era neanche «collegato». Sembrava portare un involucro, ma era una svista: non aveva niente addosso, né esplosivo né armi. Ma c´è qualcosa nella sua figura anonima che mi turba in modo peculiare. È, per giunta, qualcosa che coincide con ciò che ha suscitato il sospetto negli inseguitori, a cominciare dalla stranezza del pesante cappotto che l´uomo, «dall´aspetto asiatico», indossava in una piena estate. Appena ho sentito la notizia, mi sono detto che certo un pastrano a fine di luglio non può che dare nell´occhio: e tuttavia l´ultima cosa che un attentatore si propone è di dare nell´occhio. Succede piuttosto che dei bravi barboni vadano in giro col cappotto in estate, e se non fossimo spaventati dal maledetto terrorismo, un uomo dalla faccia straniera e intabarrato a luglio ci farebbe pensare subito a un barbone. L´idea che, per la paura degli attentati kamikaze e il generoso desiderio di proteggere la gente, si ammazzi un barbone dentro una galleria della metropolitana, è tristissima. Le parole di un testimone oculare la rendono ancora più triste. L´uomo inseguito ha scavalcato le barriere elettroniche, si è messo a correre sulla piattaforma e poi lungo i binari, è saltato sul gradino del treno fermo, ha fatto ancora pochi passi. «Sembrava un coniglio in trappola, girava gli occhi da una parte e dall´altra, era spaventato. Gli hanno sparato quando era già a terra, inerte». Fra le cose care che la demenziale ferocia dei terroristi non deve farci dimenticare c´è la simpatia per i conigli in trappola, e per i barboni. Dei barboni dirò un´ultima cosa. E´ vero che niente è più importante, di fronte all´aggressione terrorista contro la nostra vita normale - cioè la vita - che restar fedeli al nostro modo di vita. Al nostro "stile di vita", come dice la Regina. Ma la vera sfida è più complicata: perché noi dobbiamo restar fedeli a quello che di più prezioso sta nel nostro modo di vita, e al tempo stesso impegnarci a cambiarlo in ciò che ha di più ingiusto, brutto, squilibrato e cieco. Senza convertire il nostro modo di vita non sapremo salvare la terra, e invece la sfida terrorista può indurci a rinunciare o a rinviare sine die, con la sua sanguinaria emergenza, la conversione che pure riconosciamo indispensabile e urgente. Ne abbiamo avuto una prova proprio il 7 luglio, quando le bombe hanno fatto passare in secondo piano l´agenda dei "grandi" sul clima e la fame. Un barbone col cappotto in piena estate è, con quel tanto di immetodica pazzia che segna le conversioni individuali quando la comunità intera si sente normale e rilutta alla conversione, un santo protettore, e bisognerebbe che lo sapessimo proteggere. Anche dal sospetto col quale ci spingono a guardare un coniglio in trappola, scambiandolo per un lupo cattivo. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.