Come Israele resterà ebraica e democratica gli obiettivi demografici del disimpegno
Testata: Il Venerdì di Repubblica Data: 22 luglio 2005 Pagina: 46 Autore: Attilio Giordano Titolo: «E Israele fa i conti con un'altra bomba. Demografica»
Pubblichaimo da VENERDI' DI REPUBBLICA del 22 luglio 2005 l'articolo di Attilio Giordano "E Israele fa i conti con un'altra bomba. Demografica", sostanzialemnte corretto,a parte gli acritici richiami finali alle tesi di un esponente dell'estrema sinistra israeliana Michel Warshawski . Rimandiamo la nostro commento del 21 luglio 2005 "La demografia e le ragioni del disimpegno da Gaza".
Ecco il testo: Il sogno del grande Israele che ha attraversato generazioni di patrioti si infrangerà definitivamente il 17 agosto. E non contro ostacoli sconosciuti, come la necessità della pace, la minaccia degli attentati, le pressioni internazionali. A queste cose, si direbbe, gli ebrei israeliani sembrano sempre più indifferenti, quasi chiusi dentro un destino personale. Sarà contro una disciplina universitaria, la demografia, che quel sogno si infrangerà. Quando, tra meno di un mese, un milione e trecentomila arabi saranno lasciati a un governo palestinese,e alle loro rese dei conti, tramonterà per sempre l’idea di uno Stato che doveva andare dal Giordano al Mar mediterraneo senza soluzione di continuità. La decisione di Ariel Sharon- iniziare la smobilitazione degli ebrei dalle zone dello Stato definite a partire dalla Guerra dei sei giorni –è scaturita proprio dall’esigenza di difendersi da un nemico contro il quale le armi non servono: il tasso di natalità. I due registi occulti di questa svolta politica sono un geografo dell’Università di Hiafa, Arnon Sofer, eun demografo di quella di Gerusalemme, Sergio Della Pergola. I loro studi hanno convinto Sharon dell’emergenza demografica. "Tesi che si riassumono in uno slogan" dice lo studioso italo-israeliano, seduto nella terrazza della sua bella casa, da dove vede il palazzo del Governo. "Abbiamo a che fare con tre variabili: democrazia, ebraicità, grandezza. La demografia ci dice che solo due di queste variabili possono esistere nell’Israele dei prossimi anni. Potrà essere uno Stato democratico ed ebraico, ma allora dovrà essere piccolo. Potrà essere democratico e grande, ma allora non sarà più ebraico. Infine, potrà essere ebraico e grande, ma lora non sarà più democratico". Dietro il "disimpegno" del 17 agosto si scorge questo movente sussurrato, da tutti conosciuto ma poco pubblicizzato. Movente difficile, contraddittorio, attaccabile da più parti, ma ineludibile. I due studiosi sono stati ricevuti sempre più frequentemente nel palazzo del governo israeliano. Sofer, soprannominato il "conta arabi", e Della Pergola hanno svolto una funzione di consulenza solo scientifica ("noi forniamo i risultati dei nostri studi, la politica poi decide") ma in una materia talmente incandescente e viva da risultare difficilmente neutrale. "I tassi di natalità in Israele", sintetizza Della Pergola, " sono mediamente più alti di quelli dell’Occidente. Ma sono diversi se si divide la popolazione in ebrei e arabi. Gli ebrei hanno una media di 2, 6 figli, gli arabi di 4,5. Che cosa significa? Oggi il paese nella sua interezza –più di 10 milioni di abitanti –ha una popolazione ebraica pari al 53-54 % tenendo conto anche dei coniugi di ebrei che, tecnicamente, non sono tali, 300 mila perone. Gli rabi sono il 46-47 per cento. In cinque anni le due popolazioni saranno equivalenti, e da allora in poi inizierà l’era della maggioranza araba" Se Israele, avamposto democratico del Medio Oriente, si trovasse con una maggioranza araba, si dovrebbe immaginare anche un governo arabo. Salvo rinunciare, come molta destra ipotizza, ad alcuni capisaldi della democrazia. "Tra non molto", ha detto il geografo, Arnon Soffer, "Israele avrà bisogno di un dittatore". Ma c’è una terza soluzione per salvare democrazia ed ebraicità, quella demografica. "Si tratta di affidare agli arabi zone in cui sono largamente maggioritari" Spirga Della Pergola. Ogni "dolorosa concessione" – per usare le parole di Sharon –significa anni di vita in più per lo stato ebraico. Dunque se un tempo i confini in Medio Oriente furono disegnati "con la riga", oggi si tratterebbe di afre tutto il contrario. E, già nei piani, si scorge il significato dell’operazione: tracciati serpentini, curve improvvise, enclave, tutto allo scopo di ottenere il risultato demografico. Il progetto rappresenta una svolta davvero storica: gli arabi avrebbero non solo Gaza, non solo la West Bank (Samaria a nord e Giudea a Sud), non solo ciò che si otterrebbe con il ritocco dei confini all’estremo nord del paese, dove esiste anche il cosiddetto "triangolo", a nord est di Tel Aviv, densamente popolato di arabi. Nessuno lo dice, ma si tratterebbe di raschiare davvero il barile di ogni scampolo di territorio a maggioranza arbo-israeliana, compreso il luogo tabù, Gerusalemme Est, dove gli "altri" sono 250 mila. E persino di velocizzare le conversioni dei coniugi di ebrei rese difficili da abbinato (oggi 3000l’anno). Sharon, con realismo sorprendete, ha abbandonato in breve tempo la sua ideologia ultraconservatrice in quanto a territorio. Di Gerusalemme Est non parla. Anzi nega. Ma certo, anche quella divisione è oggetto di studio. Il premier d’altronde, ha dichiarato i suoi intenti in pubblico: "Occorre preservare l’ebraicità dello Stato" ha detto davanti alla Knesset, il parlamento "la sua stessa esistenza è in gioco. Israele è l’unico Stato del popolo ebraico ed è suo diritto restare uno stato ebraico e democratico". E tuttavia, se i tassi di ntalità hanno questo scarto, ogni manovra sembrerebbe solo il rinvio di un destino inesorabile. "non è così" spiega Della Pergola. In realtà è largamente prevedibile che in capo a 50 anni la natalità degli arabi diverrà uguale alla nostra. E’ un processo normale di evoluzione storica." S i tratta di arrivvare a quell’appuntamento in ordine con in numeri. O se si preferisce, di "resistere" con una maggioranza ebraica fino ad allora. Il che si può ottenere solo liberandosi di tutti i territori a maggioranza araba. Concessioni, dice il demografo, più che dolorose, dolorosissime. Pensi a Hebron, di fatto città araba, ma luogo storico-religioso dell’ebraismo, dal quale arrivò re David". Da tempo, a Gerusaelemme, si vedono piccoli nastri colorati su molte auto. E sono i segni percettibili anche di questo dibattito demografico sottaciuto. Chi ha nastri arancioni è per l’integrità assoluta del territorio e difende la battaglia dei cosiddetti coloni. Chi ha il nastro bianco e blu 8 i colori del governo9 trova dolorose ma inevitabili le concessioni. Infine i verdi, tra i quali milita il figlio di Sharon Omri, criticano l’aspetto naturalistico della divisione, in una terra che il muro, grigio e circondato da filo spinato elettrificato, ha già moto violentato. Le obiezioni alla tesi demografica vengono anche dalla stessa comunità universitaria. Professori come Ehud Sprinzak, politicamente molto a destra, la contestano come un’astrazione intellettuale. "Mi rifiuto" protesta "di chiudermi in un bunker a causa dei numeri". Osserva Della Pergola: "C’è chi contesta la validità delle nostra proiezioni. C’è chi aspetta una nuova migrazione come quella dall’Unione sovietica che ci ha portato 800 mila persone, tra ebrei e famiglie. C’è chi, infine, non si cura della democrazia. Alle obiezioni rispondo serenamente: le proiezioni sono frutto di codici internazionali, le migrazioni future sono improbabili, dovendo arrivare da Stati Uniti (oltre 5 milioni e mezzo di Ebrai) ed europa occidentale (1 milione 200mila), luoghi dai quali, storicamente, non si emigra, perché si vive bene, e in relativa libertà. L aterza obiezione non può essere presa in considerazione da democratici, apparentemente moderati, come Arnon e Della Pergola. Persoene civili, laiche, dall’aria tranquilla. La loro posizione è oggi comune alla maggioranza del Paese, da Sharon alla sinistra moderata, persino ad alcuni gruppi religiosi pragmatici. E nella minoranza ostile ci sono tanto gli estremisti di destra, gli ambienti che considerano un eroe l’assassino di Rabin, quanto i radicali di sinistra. Ebrei e arabi, credono i più "sono come acqua e olio, non si possono mischiare". Dunque si al muro "di sicurezza". Ma gli studiosi –anche se non lo si dice apertamente –hannocontribuito stanno contribuendo a individuare confini funzionali ad ottenere prima di tutto il risultato demografico. Anche se ciò significa quelle incomprensibili curve o le enclave chiuse che racchiudono migliaia di arabi al di là del muro e dello Sttao futuro di Israele. Anche se con ciò sono calpestati i diritti di molti arabi, né terroristi, né colpevoli, separandoli dalla loro terra e spianando le loro case. Anche se, come dice ormai solo un esponente della sinistra radicale come Michel Warschawski, "Israele costruisce non solo prigioni per i palestinesi, ma anche un ghetto chiuso per sé". I demografi replicano algidi: con i numeri non si litiga, il resto sono parole. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de Il Venerdì di Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.