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La Stampa Rassegna Stampa
21.07.2005 L'acordo tra Anp e Hamas non ferma gli scontri interpalestinesi
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 21 luglio 2005
Pagina: 10
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Arriva la Rice, Abu Mazen imbastisce la tregua con Hamas»
LA STAMPA di giovedì 21 luglio 2005 pubblica a pagina 10 l'articolo di Fiamma Nrenstein "Arriva la Rice, Abu Mazen imbastisce la tregua con Hamas".

Ecco il testo:

Israele e i Territori bruciano per le contese interne e esterne. La strada dei palestinesi verso lo sgombero da Gaza è segnata dal durissimo scontro fra l’Autorità palestinese e Hamas, con morti e feriti. Tuttavia Abu Mazen ha raggiunto di nuovo, dopo giorni di fuoco, una tregua con i suoi grandi oppositori, appunto le organizzazioni integraliste islamiche che si oppongono a ogni compromesso con Israele e seguitano a colpirlo con centinaia di missili Kassam e con attacchi terroristi come a Netanya.
Oggi arriva Condoleezza Rice per evitare il naufragio del piano di sgombero israeliano dalla Striscia e da parte della Samaria sullo scoglio della violenza incontrollata. Dunque Abu Mazen vuole avere le mani pulite con gli Usa che vogliono che sia dato uno stop alle organizzazioni terroristiche; ma vuole soprattutto garantirsi che Gaza sgomberata sarà anche sua e non solo di Hamas che è la forza numericamente maggiore. Ma anche Hamas vuole garantirsi una grande fetta delle case, delle fattorie, delle fabbriche, dei beni immobili che in definitiva gestirà il governo quando gli israeliani usciranno. E soprattutto vuole l’egemonia politica. Dunque la notizia della tregua è già fitta di contraddizioni, gli scontri seguiti all’accordo durante la giornata hanno portato ad almeno altri sei feriti che si aggiungono alla lista di almeno trenta dei giorni scorsi, e agli almeno tre morti.
Ed è certo segno di grande sicurezza di sé da parte di Hamas aver colpito, subito dopo la hudna, la tregua, a colpi di kalaschnikov proprio la casa del capo della polizia Rashid Abu Shbak e quella di un altro alto esponente dell’Autorità, Abdallah Efranji. Solo martedì era stato dichiarato lo stato di allerta nel centro, ma la periferia di Gaza rimaneva sotto il controllo di Hamas. Tredici uomini erano stati feriti in scambi a fuoco, uno era in fin di vita con una pallottola in testa; a Beith Lahia si vede lo scheletro bruciato di una jeep della polizia palestinese, altre se ne possono vedere sempre nel Nord di Gaza. Quasi tutti i feriti sono membri delle forze di sicurezza. Hamas si lamenta che Fatah abbia dato alle fiamme moschee e centri culturali islamici e abbia ammainato tutte le sue bandiere dai centri di potere. Ma Hamas ha rapito due uomini del Fatah e sparato senza pietà. Un editto intanto ha fermato i giornalisti palestinesi dal riportare i fatti e l’Autorità ha spiegato che le informazioni sugli scontri «danneggiano la causa palestinese». «Ma adesso che la pace fra le parti è firmata - dice il ministro Sofian Abu Zaide - si affermerà, perché l’ordine conviene a tutte le parti in causa».
In realtà non conviene a nessuno e il perché è evidente: Hamas con l’uso della forza vuole dimostrare di essere padrona di Gaza così da capitalizzare tutto il merito di aver cacciato via gli israeliani quando il 15 agosto se ne andranno. I missili Kassam sono funzionali a questo scopo. Abu Mazen ha l’interesse opposto: essere lui il padrone della Striscia, il vincitore e il beneficiario principale dell’uscita di Sharon. Anch’egli vuole però presentarla al pubblico palestinese come una vittoria palestinese e non come una scelta unilaterale di Sharon dopo una guerra in cui il terrorismo ha subito enormi perdite e si è quasi fermato.
Il giornalista palestinese Khaled Abu Toameh, esperto del Jerusalem Post, spiega che fra i suoi non c’è affatto una guerra civile, ma scontri sporadici di potere: «Si parla tanto della debolezza di Abu Mazen: in realtà dispone di 60 mila uomini di cui almeno la metà bene armati. Potrebbe, se volesse, ingaggiare uno scontro con molte probabilità di vittoria. Ma in lui non c’è la determinazione strategica contro la componente islamica e terrorista. Vuole invece integrarli. Infatti la gente qui altrimenti lo accuserebbe di essere un servo degli israeliani e degli americani». Di fatto il momento dello sgombero paradossalmente non aiuterà Abu Mazen: al momento dell’uscita da Gaza Hamas, se Khaled ha ragione, sarà tutto là, schierato e forte, con i suoi uomini mascherati e i suoi missili Kassam, a rivendicare la gloria dei suoi shahid, e a trattare Abu Mazen da Gauleiter degli israeliani perché vuole tornare alla trattativa. «Inoltre - dice triste Khaled - la rivendicazione di una vittoria senza trattativa convincerà la gente che la linea della Road Map è un inutile cedimento».
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