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La Stampa Rassegna Stampa
18.07.2005 Razzi qassam, la nuova strategia del terrore
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: La Stampa
Data: 18 luglio 2005
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Kassam, la guerra che ritorna dal cielo»
LA STAMPA di lunedì 18 luglio 2005 pubblica a pagina 6 l'articolo di Fiamma Nirenstein "Kassam, la guerra che ritorna dal cielo", che riportiamo:
Sei feriti israeliani a Nevet Dkalim, due gravi e due bambini. Le truppe israeliane sostano nel solleone con i carri armati intorno a Gaza in attesa dell’ordine di entrare. Un terrorista che cercava di infiltrasi a Netzarim ucciso; mascherati e armati a decine di migliaia i palestinesi seguono i funerali dei terroristi di Hamas, in parte uccisi dagli israeliani, in parte dai palestinesi di Abu Mazen; i bambini a Gaza città si arrampicano sui veicoli della polizia palestinese danneggiati e si infilano fra le rovine dove si combatte fra palestinesi come in scene tratte da immagini irachene; fa mostra di sé una macchina ridotta a una lamiera nerastra con cinque persone dentro, perché il missile israeliano che puniva la morte di una ragazza nel Negev ha peraltro fatto saltare per aria una quantita di esplosivo che Hamas che trasportava da una parte all’altra; e di notte ragazze piangenti e giovani infuriati urlano ai soldati che in una catena di facce rattristate bloccano il Gush Katif a Gaza, che sono traditori, che un ebreo non deve esiliare un altro ebreo…
E’ un groviglio di scontri interni alle due parti, di traumi, di armi, e Condoleezza Rice torna di corsa in Medio Oriente, in settimana, a vedere se può arrestare il disastro che incombe sullo sgombero, mentre gli emissari egiziani, che di fatto vogliono evitare le armi di Abu Mazen puntate contro Hamas e cercano però di sventare il disegno di Hamas anti Abu Mazen perché incoraggerebbe ogni sbandamento integralista islamico, sbattono la testa contro un muro di sbarramento di Kassam, la bestia che può fermare il ritiro da Gaza.
«Kassam» sembra una parola magica, e in realtà purtroppo lo è. Perché la loro pioggia continua (durante questa Intifada ne sono stati lanciati circa settemila, e in questa ultima settimana almeno 200), di questi missili malfatti e elementari che gli Hezbollah introducono, oppure i palestinesi comprano dai contrabbandieri provenienti dall’Egitto, o producono da soli. Queste bombe esplosive che piovono da Gaza sugli insediamenti nella Striscia, su Sderot fuori la Linea Verde e sul Negev facendo morti e feriti e seminando terrore, sono una vera arma strategica che sostituisce gli attentati ora che è più difficile farli. Fanno dire ai nemici di Sharon: «Quando Gaza sarà lasciata ai palestinesi, avranno la libertà di mettere lanciamissili ovunque, e la gittata arriverà fino alle grandi città israeliane». I Kassam mettono Abu Mazen in seria difficoltà perché lo sbeffeggiano suggerendo al cittadino palestinese che Hamas è più forte, se ne infischia delle tregue, continua a combattere Israele e gli americani (Hamas è una formazione integralista islamica) contro la debolezza del presidente dell’Autorità Palestinese. Cercano consensi suggerendo che Israele se ne deve andare sotto il fuoco e che Hamas è l’organizzazione farà scappare gli ebrei. Oggi il portavoce Sami Abu Zuhari ha proprio annunciato che la fuga del nemico avverrà per merito dei magici Kassam.
Il messaggio di Hamas però è misto, è anche una richiesta di attenzione da parte del capo, Abu Mazen, che si occupa troppo di parlare con gli israeliani e gli americani, e ignora i suoi. Di fatto, mancano pochi giorni allo sgombero, i contatti fra governo dell’Autonomia e Israele sono intensi, e il generale Yussuf a Gaza ha fatto ammainare dagli edifici pubblici tutte le bandiere verdi di Hamas e ha messo a sventolare quella dell’Autonomia palestinese. Il ministro Khadoura Fares ci assicura che «Abu Mazen non vuole colpire duro perché sono nostri fratelli, ma se decide, può». Le jeep del Fatah rincorrono gli uomini di Hamas. Forse Hamas vuole tenere duro per ottenere un accordo di potere, dice per esempio il famoso esperto di cose arabe Ehud Yaari, in attesa di essere ancora più forte e armato, non vuole essere tagliato fuori come gli accadde con Arafat al tempo dei primi accordi di Oslo.
Ieri alla riunione di gabinetto convocata da Sharon, il primo ministro mentre rassicurava il pubblico che la reazione agli attentati (come quello di Netanya della Jihad Islamica) e ai Kassam ormai visti come un’arma strategica, saranno decise, totali, pure concordava con il capo di Stato Maggiore Dan Haluz: «Diamo ancora un po’ di tempo a Abu Mazen». Se Hamas non esagera, se la visita di Condoleezza dà forza a Abu Mazen, però nessuno ormai si illude, fra gli israeliani, che con Gaza in mano ai palestinesi verrà la pace.
Il sindaco di Sderot, Eli Moyal racconta com’è la vita con i Kassam: i bambini (ne sono morti due) mandati da parenti e amici in altre città, le gare sportive rinviate, le vie vuote, il senso di morte sulle strade, sui negozi, sul mercato, ovunque: può cadere dal cielo senza preavviso. Ieri è stato un continuo anche in tutta la striscia: «Quelli che pensano che il terrorismo finirà dopo lo sgombero, ricevono adesso la risposta» dice Lior Kalfa, capo del consiglio di Neveh Dkalim dove ieri alle due e venti sono state ferite due donne. Dopo mezz’ora è stata colpita una casa e cinque minuti dopo due bambini sono stato feriti da schegge causate da un’esplosione. Proprio là dove ci vorrebbe la calma necessaria a trovare un accordo con la popolazione per lo sgombero, di fatto l’esercito passa per le strade con gli altoparlanti pregando tutti di restare di restare chiusi in quelle case da cui sta per andarsene a forza.
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