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Il Foglio Rassegna Stampa
06.07.2005 Verità trascurate sull'Iraq
e una considerazione sui rapporti tra alleati nella guerra al terrorismo

Testata: Il Foglio
Data: 06 luglio 2005
Pagina: 2
Autore: David Frum
Titolo: «Neorealismo»
IL FOGLIO pubblica a pagina 2 una colonna di David Frum sull'Iraq e sul rapimento di Hassan Mustafa Osama Nasr.

Ecco il testo:

I capicronisti americani hanno un detto: "Se c’è sangue, c’è notizia". Anche in Iraq, le immagini di violenza hanno preso il posto di quelle della ricostruzione e della trasformazione. Le immagini in questione non sono false. Sono tuttavia ingannevoli. Mentre svariate voci in seno al Congresso e in Europa mettono in discussione la missione di coalizione in Iraq, è giunto il momento di richiamare alla mente qualche altra verità. Le statistiche economiche più recenti diffuse dal ministero delle Finanze iracheno mostrano che l’economia del paese sta crescendo a un ritmo annuale del 17 per cento. La disoccupazione si è addirittura dimezzata, da circa il 60 per cento nel 2003 a meno del 30 per cento attuale. Il reddito pro capite sta registrando un incremento da meno di 700 dollari al momento della liberazione ai 1200 dollari previsti per il 2007. Circa 4,3 milioni di bambini iracheni sono attualmente
iscritti a scuola. La retribuzione degli insegnanti è salita di oltre il 600 per cento rispetto ai livelli precedenti il conflitto. Sono sorti mezzi di comunicazione indipendenti: circa 23 canali televisivi commerciali, 80 stazioni
radio e 170 quotidiani e riviste. L’ambiente in Iraq sta diventando più vivibile, mano a mano che gli ingegneri americani fanno saltare le dighe che hanno prosciugato e avvelenato le paludi dell’Iraq meridionale e consentono pertanto alla popolazione dei Ma’dan di fare ritorno alle antiche dimore. Per la prima volta, l’opinione pubblica irachena viene sottoposta a sondaggi secondo
criteri scientifici. Maggioranze consistenti affermano ora che l’Iraq si sta muovendo nella "giusta direzione", e che, da qui a un anno, si attendono un miglioramento della loro vita rispetto ad oggi. E c’è qualcos’altro da aggiungere, un’affermazione presumibilmente troppo schietta per trovare spazio nei discorsi di presidenti e diplomatici: la stragrande maggioranza delle
vittime della guerra del terrore perpetrata dai ribelli non è rappresentata da soldati americani o della coalizione, bensì da iracheni e da musulmani. Il numero delle vittime a oggi ammonta a svariate migliaia, compresi i bombardamenti del luogo più sacro dell’Islam sciita nella festività più solenne dello sciismo. Queste atrocità, terribili ed estremamente visibili, perpetrate da musulmani ai danni di altri musulmani, hanno ispirato un’ondata di autocritica tra gli intellettuali e gli scrittori musulmani: "…La diffusione delle parole [islamiche] della saggezza e della predicazione positiva si è tramutata nella propaganda delle uccisioni, dei rapimenti e delle auto-bombe", ha lamentato un columnist del quotidiano ufficiale saudita Al-Jazirah in reazione a una fatwa emessa da 26 membri del clero saudita in cui si lanciava un appello a favore del jihad in Iraq; "Essi [i predicatori] hanno persino trasformato il suicidio da un gesto proibito [dall’Islam] in un atto che, secondo le loro leggi religiose, rappresenta un mezzo per avvicinarsi ad Allah…". (Per le citazioni ringraziamo Memri.org). Un columnist di un altro quotidiano ufficiale saudita, Okaz, ha ribadito: "… Invece di aggiungere benzina al fuoco che già infiamma l’Iraq, questi 26 membri del clero avrebbero
dovuto chiarire la posizione della Shari’a rispetto a un Jihad fatta di decapitazioni, del rapimento di [persone] innocenti, dell’esplosione di ordigni nascosti all’interno di automobili, e di bombe collocate sui bordi delle strade che colpiscono i pedoni – bambini, donne e anziani… ciò che sta accadendo oggi in Iraq è una pazzia che si nutre giornalmente delle vite di iracheni innocenti e che placa la sete con il sangue proibito che scorre inesorabile lungo le strade dell’Iraq". Anche gli intellettuali musulmani che risiedono in occidente – molti dei quali, per anni, hanno dato poco peso alle frange estremiste presenti all’interno della loro comunità – hanno iniziato a far sentire la propria voce. Ahmad Abu Motar, un palestinese che vive in Norvegia, ha inviato un articolo al sito riformista arabo, www.elaph.com nell’aprile 2005,
in cui accusava gli imam europei di aver condonato l’estremismo e il terrorismo: "Nessuna delle autorità legali religiose arabe o musulmane ha reagito, né ha messo in dubbio la loro legittimità in qualità di rappresentanti dell’Islam. Al contrario, vi sono fatwa emesse da ulema che sostengono queste azioni…". Anche i governi europei – compresi molti che si erano opposti alla guerra in Iraq – sono stati catapultati in un nuovo, brutale realismo a causa della notizia secondo cui alcuni dei loro concittadini sarebbero stati còlti a condurre la guerra del terrore in Iraq. Le cooperazione in materia di sicurezza
tra gli Stati Uniti e i governi europei non è mai stata così stretta. Il caso di Hassan Mustafa Osama Nasr è un esempio evidente di tale cooperazione. Il religioso estremista che aveva ottenuto con l’inganno lo status di rifugiato politico in Italia era già sotto inchiesta da parte delle autorità italiane
quando è stato catturato dalla Cia. Il governo Berlusconi nega di essere stato informato in anticipo dei piani della Cia. E questo corrisponde indubbiamente a verità. Fonti americane riferiscono ai giornalisti di aver agito con il beneplacito degli italiani. Anche ciò corrisponde indubbiamente a verità. Come
conciliare queste due storie apparentemente in contraddizione tra loro? C’è un
vecchio detto in politica, spesso attribuito a Huey Long, l’esuberante governatore della Louisiana ai tempi della depressione: "Non scrivere ciò che puoi dire. Non dire ciò che puoi esprimere con un cenno del capo. Non esprimere con un cenno del capo ciò che puoi dire con una strizzatina d’occhi. E non
dire con una strizzatina d’occhi ciò che il tuo interlocutore sa già".
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