Il terrorismo vuole isolare l'Iraq dal mondo arabo la strategia dietro il rapimento dell'ambasciatore egiziano a Baghdad
Testata: Il Foglio Data: 05 luglio 2005 Pagina: 3 Autore: un giornalista Titolo: «Così i terroristi mirano a soffocare la neonata diplomazia araba»
IL FOGLIO di martedì 5 luglio 2005 pubblica un'analisi sul rapimento dell'ambasciatore egiziano in Iraq e sugli scopi che i terroristi perseguono con questo atto.
Ecco il testo: Roma. La guerriglia teme che i paesi arabi rompano l’isolamento diplomatico attorno all’Iraq e per questo motivo ha rapito Ihab al Sharif, l’ambasciatore egiziano che sarebbe stato nominato ufficialmente a giorni. L’ostaggio ha un peso politico significativo, essendo il primo diplomatico arabo in procinto di essere accreditato a Baghdad dalla caduta di Saddam Hussein. Il sequestro è avvenuto domenica scorsa, nella capitale irachena, a causa del fatto che Sharif girava senza scorta: l’unica guardia del corpo era il suo autista al volante della macchina blindata. A poca distanza dalla sua residenza, nel quartiere di Baghdad di al Giameea Ovest, l’ambasciatore è sceso per comprare il giornale, confidando nell’accento arabo e nella comune fede sunnita. Un’imprudenza che gli è costata la libertà: un gruppo di otto armati, che evidentemente lo seguiva, l’ha circondato. Lui ha gridato chiedendo aiuto ai negozianti, ma i rapitori lo hanno colpito alla testa con il calcio di una pistola. Portandolo via hanno detto che si trattava "di una spia americana". Ihab al Sharif, 51 anni, non è soltanto il primo ambasciatore a rompere l’isolamento diplomatico arabo imposto all’Iraq, ma anche un fine intellettuale che conosce bene medio oriente e islamismo radicale. Francofono d’impostazione, parla un po’ di italiano e prima di Baghdad ricopriva la carica di numero due dell’ambasciata egiziana in Israele. In pratica il più alto in grado, tenendo conto che l’ambasciatore non era stato più nominato dal 2000 per protesta contro i metodi israeliani anti intifada. Il precedente incarico lo rendeva una preda ancora più allettante agli occhi dei suoi sequestratori. "Quello di Ihab al Sharif è un rapimento ‘mirato’, dietro al quale c’è un chiaro avvertimento politico rivolto dalla guerriglia irachena all’intero mondo arabo e alle sue leadership: nessuno deve stabilire rapporti diplomatici significativi con il governo ‘fantoccio’ di Baghdad", ha dichiarato all’Unità Nabil el Fattah, direttore del Centro studi strategici di al Ahram, in Egitto. Il ministro degli Esteri iracheno, Hoshyar Zebari, aveva lodato l’Egitto "per essersi mostrato leader regionale con la sua decisione di riportare presto a Baghdad il primo ambasciatore arabo del nuovo Iraq". Poco tempo prima il premier, Ibrahim al Jaafari, aveva fatto notare come fosse assurdo che, a fronte della piena rappresentanza a Baghdad dei paesi europei, quelli arabi latitassero. Ci sono oltre 50 ambasciatori non arabi in Iraq. L’italiano, Gianludovico De Martino, ha assunto le funzioni fin dal primo luglio del 2004, dopo il passaggio dei poteri dagli americani agli iracheni. Dopo la rottura del fronte dell’isolamento da parte dell’Egitto sembra che pure la Giordania volesse inviare un ambasciatore. Proprio il giorno dopo il sequestro di al Sharif è trapelata la notizia che anche l’Arabia Saudita sarebbe pronta a ristabilire piene relazioni diplomatiche. Per il momento, però, sono aperte a Baghdad soltanto le ambasciate di Algeria, Giordania, Kuwait, Emirati Arabi e Arabia Saudita, guidate da un incaricato d’affari. Si prevede l’apertura di uno sportello diplomatico da parte di Siria e Yemen, ma sono ancora molti i paesi arabi e musulmani che mancano all’appello. Fra i grandi paesi non arabi spicca l’assenza dell’ambasciatore cinese. Pechino, contraria all’intervento anglo-americano in Iraq, si fa rappresentare a Baghdad da un incaricato d’affari. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.