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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.07.2005 Un soldato e due reporter israeliani hanno salvato il palestinese Hilal dal linciaggio
ma la maggior parte dei media italiani non ha fatto caso alla notizia

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 luglio 2005
Pagina: 16
Autore: Alessandra Coppola
Titolo: «Il soldato senza nome che ha salvato Hilal»
Il CORRIERE DELLA SERA di sabato 2 luglio 2005 pubblica un articolo di Alessandra Coppola sugli israeliani (due giornalisti e un soldato) che hanno salvato il palestinese Hilal dal linciaggio ad opera di estremisti del partito Kach a Khan Yunis.

Ecco il testo:

Gliel'ha detto il medico, quando all'ospedale di Khan Younis, Gaza, ha cominciato a riprendere conoscenza: « A soccorrerti è stato un israeliano » . Più di uno per la verità.
Nella storia del palestinese Hilal che stava per essere linciato, di personaggi positivi ce ne sono almeno tre: il soldato che gli ha fatto scudo con il proprio corpo e i due giornalisti che sono andati a tirarlo via dalla pioggia di sassi. Uno di loro adesso dice: « Non ho voluto salvare solo lui, ma anche l'onore del popolo ebraico » .
La scena si è svolta mercoledì intorno all'una, sulla spiaggia dell'insediamento di Gush Katif a Gaza, durante lo scontro tra i ragazzini dell'estrema destra anti ritiro e la comunità araba Mawassi. E le immagini di Hilal colpito a sangue dietro al militare, poi sostenuto dai reporter, infine adagiato sulla jeep dei palestinesi, le braccia aperte a croce, hanno fatto il giro del Paese, raffigurazione dello scenario peggiore possibile quando, a metà del mese prossimo, il piano di evacuazione voluto dal premier Sharon prenderà il via davvero. « Agosto è adesso » , titolava ieri il settimanale di Haaretz . Sullo sfondo, la foto del ragazzo svenuto.
Uno choc per tutto Israele, che ha avuto effetto anche sugli ultimi sondaggi: secondo Yedioth Ahronoth i sostenitori del disengagement avrebbero raggiunto la cifra record del 62 per cento. E soprattutto, la maggioranza degli intervistati ( 54 per cento) ritiene illegittime le proteste dei coloni anti ritiro. Del soldato « eroe » l'esercito preferisce non diffondere neanche il nome.
L'episodio, allora, a freddo, due giorni dopo, lo racconta al Corriere un altro dei protagonisti: l'inviato di Yedioth Ahronoth , Itzik Saban.
Quarantuno anni e due figli, Itzik fa il giornalista dagli inizi degli anni Novanta, e quasi tutta la seconda Intifada se l'è fatta aGaza. Di cose brutte ne ha viste parecchie. Un anno fa una pallottola palestinese gli è entrata nella gamba. La settimana scorsa è stato tra i contusi negli scontri tra i coloni e l'esercito durante la demolizione di undici case abbandonate sulla spiaggia di Gush Katif. Ma quello che è successo mercoledì per lui è « un episodio barbaro » , tra i più violenti a cui abbia mai assistito.
« Vedo il ragazzo a terra, non capisco ancora che è palestinese. Il soldato in piedi davanti a lui cerca di proteggerlo e urla che i suoi compagni vengano ad aiutarlo » . Il ferito prova ad alzarsi, ma non ce la fa, ricade a terra.
« Si fanno avanti cinque ragazzi » , sono del gruppo di « hooligans » , come li ha definiti Sharon, i coloni estremisti arrivati a Gush Katif a cercare lo scontro. « Sono armati di mattoni e pietre molto grandi, cominciano a infierire con violenza sulla testa e sul corpo del palestinese ferito » .
« Una visione orrenda — continua Itzik — . Penso a che cosa proverei se si trattasse di uno che conosco: quei ragazzi vogliono ammazzarlo. Se rimango fermo, mi dico, sarò testimone di un omicidio » . Itzik allora esce dal suo nascondiglio, e con il collega Nir Hasson di Haaretz trascina via il ferito: « Palestinese o no, è un essere umano » . Lo porta verso il gruppo di Mawassi, che lo guardano con diffidenza. Non hanno ben capito che cosa sia successo. Itzik ha quasi paura che possano pensare sia stato lui, ha paura che non si capiscano. Mediano i militari. Il corpo del ragazzo viene caricato sul sedile posteriore di un'auto e portato all'ospedale.
Da lì adesso Hilal, fuori pericolo, manda il suo messaggio a chi l'ha salvato: « Lo ringrazio mille volte » .
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