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La Stampa Rassegna Stampa
25.06.2005 Rula e Aisha, tutte e due contro Israele
ma per fortuna litigano tra loro

Testata: La Stampa
Data: 25 giugno 2005
Pagina: 6
Autore: Luigi Grassia
Titolo: «C'è quella giornalista, non vengo io»
Sono tutte e due schierate contro Israele, Aisha Gheddafi, figlia del dittatore libico, è di quelle che Israele, per il solo fatto di esistere, la manda in bestia. L'altra, Rula Jebreal, svolge la sua attività di propaganda alla 7 e scrivendo libri per Rizzoli.
Dovrebbero essere amicone, invece - siano rese grazie al mondo arabo che non ne imbrocca mai una - sono nemiche. La sceneggiata, più comica che tragica, ci mostra la Gheddafi che rifiuta anche solo di incontrare una persona che ha il passaporto israeliano. La Jebreal, palestinese israeliana, crediamo ben contenta di avere il passaporto di un paese che le ha dato tutto quello che dà agli altri suoi concittadini, è costretta a interrompere la sua notevole attività di propaganda contro Israele, trovandosi fra le mani la patata bollente lanciatale dalla figlia del dittatore. E pensare che dovrebbero essere unite dall'odio verso l' "entità sionista" ! La Jebreal, come si legge nella cronaca della STAMPA che pubblichiamo, gioca a fare la finta ingenua. Si stupisce delle parole della Gheddafi e si chiede "se questo è l'atteggiamento delle giovani generazioni arabe di fronte a una manifestazione letteraria, quale sarà quello nei confronti dello Stato d'Israele ? " Cara Rula, sarà quello che hai sempre assunto tu. Al tuo candido stupore non crede nessuno.

Ecco l'articolo di Luigi Grassia:

Luigi Grassia
inviato a RAGUSA
Il dialogo euromediterraneo è di importanza vitale per il futuro ma si fa un po’ difficile se i protagonisti (o anche le protagoniste) non accettano nemmeno di entrare nella stessa stanza e sedersi allo stesso tavolo. Ieri due donne di spicco, Aisha Gheddafi (figlia del Colonnello libico) e la giornalista televisiva Rula Jebreal della rete La7 sono state protagoniste di un episodio con lacrime e accuse reciproche e pure con contorni da incidente diplomatico. Dovevano partecipare a Ragusa del dibattito inaugurale del convegno «Sabir», previsto come tavola rotonda femminile sul tema «Dialogo euromediterraneo e processo di riforme: l’importanza del ruolo della donna nei media e nella comunicazione». E invece non sono neanche arrivate, perché la Gheddafi scopre all’ultimo istante che la Jebral è sì palestinese ma con passaporto israeliano, e questo la fa infuriare fino a decidere di disertare l’incontro. Non posso sedermi nella stessa stanza con una persona che ha quel passaporto, dice Aisha, perché lo vieta la legge libica. E informa che non salirà sull’aereo per la Sicilia.
Informata dell’anatema, Rula Jebreal telefona all’ambasciata libica di Roma per capire quale sia il problema, facendo presente che «un milione e trecentomila palestinesi hanno il passaporto israeliano. Per noi è l’unico passaporto possibile e l’unica opportunità di viaggiare all’estero con un documento». Ma a suo dire non solo l’ambasciata non accetta la spiegazione, ma anzi la persona all’altro capo del filo le esprime «indignazione» perché una persona di nazionalità libica è stata esposta al rischio di quel contatto sgradito. A questo punto pare che Rula sia scoppiata in lacrime di rabbia.
Come che sia, la giornalista al dibattito di Ragusa non c’era. La sua spiegazione: «Non sono venuta solo per un disguido organizzativo. Mi avrebbe fatto piacere esserci, a maggior ragione dopo questo episodio, ma un intoppo nella prenotazione del volo mi ha fatto perdere l’appuntamento». E a commento aggiunge: «Se questo è l’atteggiamento delle giovani generazioni arabe di fronte a una manifestazione letteraria, quale sarà quello nei confronti dello Stato d’Israele?».
Peccato davvero mancare al primo dibattito del Sabir. Il record di interesse fra le intervenute e fra il pubblico si è registrato per l’intervento della giornalista algerina Necera Benali. «L’Occidente ha gravemente sottovalutato la minaccia teocratica e la barbara violenza fondamentalista che la sosteneva in Algeria e che è sfociata in una guerra civile con 180 mila morti - ha detto la Benali -. Tutto quel che ha fatto l’Occidente è stato condannarci perché ci difendevamo. Ha chiuso le ambasciate e ha tagliato i collegamenti aerei. Solo l’Italia ha fatto eccezione e di questo le saremo per sempre grati». Insiste la giornalista: «Abbiamo vinto soprattutto grazie alla resistenza delle donne. Le donne algerine hanno rifiutato di cedere al terrore. Hanno continuato a mandare i bambini a scuola anche nei giorni peggiori, quando temevano di non vederli più tornare a casa. Adesso ci viene da ridere quando sentiamo qualcuno in Occidente discettare sulla specificità culturale. Ma quale specificità culturale, i diritti umani sono gli stessi a Nord e a Sud del Mediterraneo e non c’è specificità culturale che li possa menomare».
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