Intolleranza antiisraeliana a Milano una cronaca e l'appello al dialogo di Davide Romano
Testata: La Repubblica Data: 13 giugno 2005 Pagina: 1 Autore: Non spegnete le prove di dialogo - Urla e insulti in San Babila contro il gazebo degli ebrei Titolo: «Davide Romano - Alessia Galione»
La REPUBBLICA di domenica 12 giugno pubblica l'articolo di Davide Romano "Non spegnete le prove di dialogo", che riportiamo:
Dopo le contestazioni volte a togliere il diritto di parola ai rappresentanti di Israele avvenute a Firenze, Pisa e Torino, ora è il turno di Milano. Nei casi precedenti erano state le università le vittime di queste azioni di intolleranza. Questa volta è accaduto nel centro della nostra città. Sono avvenimenti da non sottovalutare. Un tentativo di zittire un popolo non è mai segno di democrazia. In questo momento politico, poi, è come se, vedendo due persone che stanno per stringersi la mano dopo una rissa, la folla le incitasse a riprendere la lotta. Dopo 4 anni di Intifada, israeliani e palestinesi ricominciano a parlarsi: se c´è una cosa che si può fare da qui è di aiutarli a continuare a farlo. Contestare chi propone il dialogo non aiuta la pace. Ma veniamo ai contestatori. Partiti per protestare contro McDonald´s, dopo aver visto le bandiere dell´Israelpoint hanno spostato la contestazione contro il "nemico sionista". Proprio questa dicitura rivela molte cose: in primo luogo, la mancata accettazione dell´esistenza dello stato di Israele. "Nemico sionista" o "entità sionista" sono termini usati da coloro che - come i terroristi di Hamas - dichiarano di voler cancellare Israele. Inviterei questi presunti antifascisti a studiare la storia. Quando Hitler andò al potere, l´emigrazione ebraica verso la "Terra di Sion" raggiunse le 400mila unità. Dal 1938 gli inglesi non permisero più agli ebrei di andare in Palestina: di lì a qualche anno iniziò il genocidio. Se Israele fosse già esistita non ci sarebbero state limitazioni alla migrazione e centinaia di migliaia di ebrei in più si sarebbero salvati. Anche negli ultimi decenni è stato Israele e non altri a dare rifugio a milioni di ebrei provenienti dai Paesi arabi, Africa, Urss, India. Anche per questo, chi si dice antifascista non può negare il valore dell´idea che ha portato alla nascita di Israele. Chi nega al solo popolo ebraico il diritto all´autodeterminazione non è antisionista, è antisemita, diceva Martin Luther King. È giusto criticare il governo israeliano quando sbaglia, ma se si arriva a contestare qualunque sua democratica espressione, è chiaro che c´è qualcosa di più critica politica. Ma come evitare che le critiche al governo israeliano si tramutino in odio? Una strada potrebbe essere quella del dialogo lanciata qualche settimana fa da queste stesse colonne, con la risposta positiva di Daniele Farina. Lo dico col cuore pieno di speranza: vorrei che l´incontro promesso al Leoncavallo, fosse più di un dibattito. Spero ne possano nascere collaborazioni e progetti concreti per la pace. È il tipo di aiuto che possiamo dare dall´Occidente. Certo, se alla promessa di Farina si aggiungesse il rispetto dell´impegno preso dall´onorevole Bertinotti per un convegno su Sionismo e Israele, sarebbe ancor meglio. Fassino che incontra sia Sharon che Abu Mazen è un esempio di coraggio politico al servizio della pace: aiutare chi dialoga e isolare gli estremisti è la strada maestra per la soluzione del conflitto. Di seguito la cronaca degli avvenimenti scritta da Alessia Gallo, "Urla e insulti in San Babila contro il gazebo degli ebrei". «Israele assassini. Vergognatevi. Palestina libera». Piazza San Babila, le tre del pomeriggio. La contestazione contro Israele va in scena qui, nel pieno centro della città, tra lo shopping e la gente a passeggio. Tra urla e tensione. Che questa volta però, dopo gli episodi di Pisa, Firenze e Torino e i rappresentanti dello stato di Israele contestati nelle università da giovani di estrema sinistra, non riescono a bloccare l´apertura del gazebo che, per tutta la settimana, rimarrà in piazza per far conoscere a tutti un po´ di più questa terra. Si chiama Israel Point. «Ed è anche per questo che l´abbiamo voluto: un luogo aperto alla città e al dialogo, dopo gli episodi di intolleranza delle università», spiega il presidente dell´associazione «Amici di Israele» Eyal Mizrahi. Pochi metri più in là, diviso da un cordone di poliziotti, c´è un gruppo di ragazzi che sta manifestando proprio contro quelle bandiere bianche e azzurre con la stella di David. «Appartengono a gruppi anarchici animalisti», dicono le forze dell´ordine. Prendono la parola Roberto Jarach, presidente della comunità ebraica, Livio Caputo, consigliere di Forza Italia e il capogruppo dei Ds Emanuele Fiano, che prova a parlare con i giovani. Inutile. «Non finché c´è quella bandiera», gli rispondono. Ancora urla e tensione. «Ero lì per il mio amore per la democrazia di Israele - spiega Fiano -. Quel gazebo rappresenta tutti gli israeliani, anche quelli che non sono d´accordo con la politica di Sharon o il muro. Per fortuna mi sembra che la posizione di questo ridotto gruppo sia assolutamente minoritaria». «Eppure quello che è accaduto - ribadisce il portavoce della comunità Yasha Reibman - dimostra che il dialogo è importante. Per questo un incontro al Leoncavallo rappresenterebbe un segnale in controtendenza molto forte. Speriamo di non dover aspettare troppo». Già, l´incontro al Leoncavallo. Reibman lo aveva proposto e Daniele Farina, esponente storico del centro sociale, aveva accettato. E ora conferma: «Non è caduto nel vuoto anzi, sta coinvolgendo sempre più persone. Stiamo provando a organizzarlo entro l´autunno. Non è facile, ma tentiamo di percorrere una sottile striscia di terreno comune». Un percorso non facile, ma che anche Jarach vede positivamente «come tutti i tentativi di confronto, anche al Leoncavallo. Quei ragazzi in piazza parlano per slogan, per ignoranza. È stato un episodio marginale, ma non abbassiamo l´attenzione». 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