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Il Manifesto Rassegna Stampa
10.06.2005 Un'interpretazione ideologica della sentenza sul ritiro da Gaza
sul quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 10 giugno 2005
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «"Gaza e Cisgiordania non sono Israele"»
IL MANIFESTO di venerdì 10 giugno 2005 pubblica a pagina 8 un articolo di Michele Giorgio sulla sentenza della Corte suprema israeliana sul disimpegno da Gaza.
Contrariamente a quanto scrive Giorgio la sentenza non sancisce che Cisgiordania e Gaza sono territori "occupati" e non "contesi", ma si richiama semplicemente al fatto non sono parte dello Stato di Israele, che infatti non li ha mai annessi.
Inoltre non nega che i coloni abbiano diritti di proprietà sulle loro case, afferma semplicemente che tali diritti sono bilanciati dalle esigenze di sicurezza di Israele.

Esigenze di sicurezza che giustificano senz'altro le confische di terre palestinesi necessarie per costruire la barriera di sicurezza. Confische che contemplano risarcimenti e non configurano affatto, come invece sostiene Giorgio, un problema di vita o di morte. Un problema di vita o di morte è invece la costruzione della barriera difensiva, che salva vite umane dal terrorismo.

Terrorismo che per Giorgio è naturalmente, secondo la propaganda di Hamas e Jihad islamica da lui acriticamente riportata, una risposta alle azioni israeliane.

Ecco l'articolo:

La Corte Suprema israeliana ha rimosso ieri l' ultimo ostacolo al piano di evacuazione delle 21 colonie ebraiche di Gaza e di altre quattro della Cisgiordania. I giudici hanno respinto i 12 ricorsi presentati dai coloni degli insediamenti che saranno sgomberati. Più di tutto hanno ricordato che Cisgiordania e Gaza non fanno parte del territorio di Israele e non sono perciò sotto la sua giurisdizione. E' un punto di grande importanza. La Corte Suprema ha detto che quelli palestinesi sono territori occupati (da ben 38 anni!) e non «contesi» come qualcuno, non solo in Israele, aveva cominciato a definirli allo scopo di ridimensionare le rivendicazioni palestinesi e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu 242 e 338. I coloni, hanno spiegato i giudici, hanno potuto stabilirsi a Gaza e in Cisgiordania col permesso delle autorità d'occupazione che, pertanto, hanno il potere di imporre il loro rientro in Israele. Il piano di sgombero delle colonie non viola i diritti umani dei coloni che, a questo punto, non potranno far altro che accettare i (cospicui) risarcimenti previsti dalla legge, anche se gruppi di irriducibili, assieme agli estremisti giunti dagli insediamenti della zona di Hebron, stanno organizzando la «resistenza ad oltranza». «I giudici - ha dichiarato la colona Nadia Matar, leader del movimento di estrema destra «Donne in verde» - stanno cercando di attuare la politica di Hamas di espulsione degli ebrei». A Gaza ieri c'era Abu Mazen. Il presidente palestinese si era precipitato giovedì sera nella Striscia per persuadere le opposizioni ad interrompere le ritorsioni armate agli attacchi lanciati da Israele in questi giorni, l'ultimo all'alba di ieri, quando reparti corazzati si sono spinti fin dentro Zaitun, un sobborgo di Gaza city, provocando scene di panico tra la popolazione civile. Da parte loro le fazioni palestinesi hanno ribadito la propria «determinazione a proseguire nella resistenza in risposta a tutte le aggressioni israeliane» ma anche l'intenzione di rispettare il cessate il fuoco deciso lo scorso marzo al Cairo. E' possibile che sulla posizione, più morbida, dei gruppi armati abbia inciso anche la protesta di molti abitanti di Beit Hanun, nel nord di Gaza, che si sono espressi contro il lancio di altri razzi Qassam.

Ieri decine di persone hanno impedito ad Hamas di aprire il fuoco e chiesto l'intervento delle forze di sicurezza palestinesi. Durante i colloqui Abu Mazen ha spiegato che senza calma sul terreno, Israele potrebbe congelare il piano di ritiro da Gaza. Ha dato inoltre il suo assenso alla formazione di una «commissione nazionale di alto livello» per consultazioni tra palestinesi sulla evacuazione della colonie ebraiche. Abu Mazen e le fazioni armate hanno invece raggiunto un accordo sulla nuova legge elettorale in vista delle legislative che si dovrebbero tenere a fine anno. Khaled al Batch, della Jihad Islamica, ha riferito che l'intesa sulla nuova legge prevede l'elezione della metà dei deputati con il sistema proporzionale e l'altra metà con il maggioritario. Abu Mazen, per presunte ragioni tecniche, qualche giorno fa aveva annunciato il rinvio delle legislative, previste per il 17 luglio, suscitando le proteste di Hamas e di altri partiti.

Intanto prosegue la lotta degli abitanti dei villaggi palestinesi contro la confisca delle loro terre intorno alla mega-colonia ebraica di Ariel (Nablus). E' una battaglia per la sopravvivenza visto che le ruspe israeliane stanno distruggendo la fonte di reddito per centinaia di famiglie e migliaia di persone.

Dopo i villaggi di Bilin e Marda, ieri la protesta si è concentrata a Salfit, che a causa del muro perderà circa 700 ettari di terra coltivata. Centinaia di palestinesi, in gran parte contadini, hanno tentato di raggiungere le loro terre occupate assieme ad una quindicina di giovani di vari paesi (tra cui tre italiani di Operazione Colomba e del presidio dell'Assopace a Nablus) e a una decina di israeliani di «Anarchici contro il muro». I soldati hanno reagito sparando candelotti lacrimogeni e proiettili di gomma e malmenando i dimostranti. Alla fine tre «internazionali» sono stati arrestati e tre palestinesi feriti. «Ho visto due anziani che dicevano ai soldati: ci avete portato via Haifa e S.Giovanni d'Acri nel `48, ora non potete toglierci tutto, lasciateci almeno queste terre. Ma le loro parole sono cadute nel vuoto», ha raccontato Riccardo, uno dei volontari italiani.
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